di Francesca de Carolis
Fra i morti anonimi delle guerre, e i morti delle strade, e quelli delle case, e i pettegolezzi e le curiosità dell’estate… una notizia questa mattina mi è rimasta inchiodata nella testa. O forse era di ieri, ma scorrendo quei fogliettoni che sono i giornali on line, tutto sembra scivolare via come su un rullo e quasi quasi ogni cosa si perde se tutto sembra schiacciato su un’unica dimensione e in un unico tempo… Comunque, non se ne va, questa notizia, come se fosse roba da prima pagina. Ma più ci penso, più da prima pagina davvero mi sembra, perché come poche fotografa il mondo che abbiamo costruito.
La tremenda fine di quell’uomo morto dissanguato nel giardino di una scuola di Canicattì, per via di una profonda ferita al braccio che si era procurato rompendo il vetro che lo separava dalla macchinetta delle merendine. Dario Valerio Pedalino. 33 anni, disoccupato, “ladro di merendine”. O forse voleva rubare le monete contenute nel distributore di bibite e snack, ma cosa cambia… Rimane quel suo corpo rimasto nell’erba, dove l’uomo si era trascinato prima di perdere i sensi…
Ecco, immagine più feroce della nostra società, dove è così ben marcata la linea fra ricchi e poveri, non riesco a immaginare. O forse sì, un’altra me ne viene in mente, quella dell’altro giovane morto incastrato nel cassonetto dei vestiti usati, che stava cercando di prendere. Da Canicattì a Mestre… un sentiero che attraversa l’intero paese. Sentiero trafficatissimo. Da tanta, troppa gente: da coloro che vivono il disagio delle periferie, che è disagio economico e sociale, a quelli la cui vita non vale il prezzo di frutta e verdura che arriva sulle nostre tavole. In mezzo rifugiati, rom, i senza casa “sgomberati” dalle case occupate.
Provate voi a completare l’elenco. Siamo sempre il paese dove qualche anno fa un liceo del centro storico romano, nel rapporto di autovalutazione, vantava di non avere fra i suoi studenti stranieri, poveri o disabili…
Credo sia questa una delle facce peggiori del nostro razzismo. E aveva proprio ragione la nonna di Sancio Panza, lo scudiero di Don Chisciotte, quando diceva: “nel mondo non ci sono che due razze, quella di chi ha e quella di chi non ha”.
A proposito di chi non ha. Gli ultimi dati Istat li abbiamo letti, vale la pena di ricordarli: per quasi due milioni di famiglie si parla di povertà assoluta, destinata a crescere, data l’inflazione, se viene misurata sulla capacità delle famiglie di sostenere le spese essenziali per vivere. Che significa il minimo per cibarsi, pagare un affitto, curarsi, riscaldare la casa in inverno… Non avere, pensate, neanche il minimo per cibarsi, come il “ladro di merendine”, appunto… E da tempo il Banco alimentare lancia appelli: nei primi mesi di quest’anno sono già 50.000 in più gli assistiti dalle reti di associazioni caritative. Mentre sono in calo le donazioni di alimenti da parte dell’industria.
A proposito di donazioni, di carità…
C’è un pensiero, ci sono azioni, di cui penso si avrebbe tanto bisogno oggi. Pensieri e azioni certo scandalosi, come quelli di San Francesco. Ne avevo letto in un intervento di Chiara Frugoni, la storica specialista del Medioevo e di storia della Chiesa che pochi mesi fa ci ha lasciato. Parlava, Chiara Frugoni, di Francesco come una delle poche persone che nel Medioevo si siano fatte carico dei problemi del proprio tempo cercando di avere idee nuove, “profondamente convinto che l’elemosina non fosse altro che parziale restituzione dovuta ai poveri”.
Principio davvero scandaloso, che Francesco aveva messo nella sua regola, che la Chiesa poi non avrebbe mai approvato. E già, come accettare un principio talmente forte e rivoluzionario! Avrebbe sconvolto il mondo. La regola di quel “pazzo” che, Chiara Frugoni ha ben spiegato, non ha mai detto “sopporta perché acquisterai meriti in paradiso”, perché quello che sentiva davvero, Francesco, è “vera e propria responsabilità morale”. Roba da pazzi, roba che avrebbe davvero rivoltato il mondo! Che per carità… certi equilibri ce li siamo tenuti ben stretti.
Eppure, quel sogno di Francesco, convinto che la legge naturale prescrive agli uomini di avere l’uso delle cose necessarie alla loro conservazione, ma non li obbliga in alcun modo alla proprietà (solo l’uso è necessario alla vita degli uomini e, come tale, irrinunciabile), come ha spiegato , avrebbe da insegnarci molte cose, se volessimo provare a cambiarle, le cose. Se volessimo davvero scegliere un’inversione di rotta.
Cominciando dunque col restituire l’uso delle cose necessarie alla vita di cui noi troppi abbiamo espropriato, costringendoli a rubacchiare le nostre briciole. Anche al prezzo enorme della vita.
No, proprio non è possibile archiviare, come notizia di ieri, il pensiero di quel corpo dissanguato, a pochi metri da un distributore di merendine…