La notizia arriva da Coalizione Italia Libera da OGM, che con un comunicato stampa ha riportato la mozione passata in Parlamento che vuole spingere il governo ad aprire i campi italiani alle nuove tecnologie genetiche.
Da oltre vent’anni l’Italia ha scelto di non avere sul proprio suolo degli impianti agroalimentari che prevedano l’utilizzo di OGM, ossia organismi geneticamente modificati, seppur i dibattiti in merito siano molti. La situazione, però, sembra aver ricevuto uno scossone con le mozioni approvate in Parlamento per fronteggiare gli impatti della guerra in Ucraina sull’economia italiana.
Le richieste parlamentari
Risale all’11 maggio scorso l’approvazione da parte della Camera di alcune mozioni che chiedono al governo misure urgenti per far fronte alla crisi economica dovuta al conflitto tra Russia e Ucraina in corso da febbraio. La richiesta in particolare è di “adottare iniziative per sviluppare, promuovere e incentivare […] nuove tecnologie applicabili in agricoltura per il miglioramento genetico basate, ad esempio, su cisgenesi e genome editing, […] e, dunque, a promuovere iniziative normative che consentano il pieno sviluppo delle tecnologie di evoluzione assistita (TEA)”.
Secondo la direttiva UE 2001/18 e la sentenza della Corte di Giustizia europea del luglio 2018, tutti gli organismi ottenuti tramite le nuove tecniche di creazione varietale (NBT, NGT o TEA) sono considerati OGM e, pertanto, devono essere sottoposti a una valutazione preventiva del rischio, tracciabilità ed etichettatura.
Agricoltura in Italia, tra OGM e biologico
La richiesta della Camera arriva pochi giorni dopo le affermazioni dell’amministratore delegato della Syngenta, come denunciato da Coldiretti, secondo cui c’è bisogno di “fermare l’agricoltura biologica per aumentare le rese produttive e arginare la minaccia di una crisi alimentare globale, aggravata dalla guerra in Ucraina”.
L’agricoltura italiana, infatti, risulta essere tra le più sostenibili d’Europa e il nostro Paese è leader europeo nel numero di imprese biologiche, con 70mila produttori e oltre 2 milioni di ettari coltivati (il 17% della superficie agricola del nostro Paese). I prodotti biologici risultano essere acquistati da più della metà degli italiani, ossia dal 64% della nostra popolazione, con vendite e consumi che nell’ultimo decennio risultano essere raddoppiati.
Dall’altro lato, la lotta contro gli OGM risale all’inizio del millennio e il dibattito in merito è ancora molto acceso. In Italia, infatti, la coltivazione e produzione di prodotti OGM è sempre stata ostacolata, in particolare da alcuni ministri per le politiche agricole e forestali. Il nostro Paese risulta così essere sì importatore questi prodotti, ma solo per sopperire al fabbisogno del settore zootecnico (dunque per gli allevamenti) e di quello tessile. Le importazioni, dunque, non sono destinate ad essere vendute come cibo per la popolazione.
Le perplessità sull’uso degli OGM
In risposta alle richieste della Camera è subito intervenuta la Coalizione Italia Libera da OGM, formata, tra le altre, da associazioni come Greenpeace, WWF, ARI, Lipu e Legambiente. La Coalizione si è detta sfavorevole a queste proposte, evidenziando come esse andrebbero contro non solo alla legislazione italiana in vigore dal 2000, ma anche a quella europea citata prima. Secondo la loro analisi, ciò potrebbe portare a grandi danni economici per l’agricoltura italiana, soprattutto al settore biologico, “il tutto per garantire il vantaggio di poche imprese sementiere italiane e, soprattutto, delle multinazionali che dominano il mercato mondiale, già in possesso della quasi totalità dei brevetti necessari allo sviluppo dei nuovi OGM”.
A preoccupare gli ambientalisti è il passo indietro che settori come l’agroalimentare è l’energetico stanno facendo a causa della delicata situazione internazionale. Insieme alla riapertura verso il carbone, anche le conquiste nel campo della sostenibilità alimentare sembrano essere messe in discussione. La Coalizione invita il Parlamento a non dare seguito alle richieste presentate “per evitare di distruggere un’agricoltura priva di OGM” che ha garantito “prodotti di qualità superiore e maggiore tutela degli ecosistemi”.
“Al contrario di quanto proposto alla Camera, l’Italia dovrebbe altresì migliorare la posizione dei contadini di piccola scala nella filiera, proteggendo le produzioni tipiche e favorendo lo sviluppo dell’agroecologia: con questa scelta rischia invece di spingerli fuori mercato, sdoganando produzioni geneticamente modificate, caratterizzate dall’uniformità e che non avranno l’impatto miracoloso che da sempre – contro ogni evidenza – viene loro attribuito.”