Amy Winehouse è stata, senza dubbio, una delle icone del nichilismo e della maledizione del nuovo millennio. Talento immenso, voce onirica, vita drammatica e dannata. Chiacchierata dalla stampa, oggetto di gossip per aumentare le vendite, giudicata da quei media che, bramosi ed ansiosi di un suo ennesimo sbaglio, altro non facevano che spiare ogni sua singola mossa, affamati dell’ennesimo scoop.
Come quello scovato il 21 gennaio 2008 da giornale The Sun, che pubblica online un video in cui la cantante fuma crack e ammette di avere preso «sei valium per calmarsi». Più copie vendute, tutti felici e contenti.
La vita di Amy, il perchè della sua mestizia, della malinconia ed del senso di autodistruzione, in pochi se lo sono domandato, in pochi hanno cercato di approfondire i motivi del suo malessere, in pochi l’hanno conosciuta veramente. Fenomeno da baraccone, una che era già destinata a morire giovane.
Forse Pete Doherty, un altro che con la dannazione ed i tormenti è un fuoriclasse, l’ha conosciuti i demoni di Amy. Paparazzati più volte insieme, il natio di Hexham, morta la Winehouse, ha rilasciato un singolo dal titolo “Flags of the Old Regime”, uno struggente e malinconico ricordo dedicato alla ragazza di Londra.
Un altro che, sicuramente, ha osservato ciò che realmente Amy Winehouse custodiva e celava dentro quegli occhi immensi, è stato Blake Fielder-Civil, suo marito.
E, poco tempo fa, per la “Chinaski Edizioni”, è uscito il libro “Amy e Blake. Una storia d’amore e la sua finee raccontate da vicino”, scritto da Georgette Civil, madre di Blake Fielder-Civil, quello che è stato, per un tratto, compagno di vita della cantante londinese.
Pochi, sicuramente, possono dire di conoscere Amy come l’ha conosciuta Georgette. Molti, invece, quelli che sulla figura della Winehouse, quando era in vita, hanno speculato un po’ troppo, contribuendo forse a creare il mito dell’artista dannata.
“Amy e Blake è la storia di due ragazzi tormentati che si innamorano follemente, è il resoconto commovente di una madre disperata che vede il proprio primogenito e la sua celebre moglie lanciarsi in un folle viaggio verso l’autodistruzione, ma è anche un’analisi lucida e obbiettiva che non fa sconti a nessuno, nemmeno al suo stesso figlio Blake” si legge nella presentazione del libro, imperdibile per quelli che amano andare oltre l’apparenza, quelli che vorrebbero capire i motivi della dannazione di una ragazza che è diventata, troppo presto, leggenda.
Matteo Ferazzoli
“Amy e Blake”, il libro scritto da Georgette Civil non è affatto la storia d’amore tra Amy e Blake, non è altro che la storia malata, ossessiva è distruttiva tra una madre e suo figlio. Sto leggendo questo libro col disprezzo nel cuore, sentimento che non mi appartiene quando i miei occhi leggono “Amy Winehouse”. Non c’è nulla di oggettivo, nulla di sensato, e non c’è nulla su Amy. Tantomeno su questa “dannata storia d’amore”. Storia di distruzione, droga, mortificazione. Credo fermamente che Mrs. Civil abbia sfruttato Amy per parlare, straparlare e difendere l’indifendibile. Il titolo di questo libro non è corretto, non corrisponde al suo contenuto. Stiamo vivendo giorno per giorno con un tossicodipendente in carcere, poi in riabilitazione, poi aiutato dalla devota madre a comprarsi le droghe, e poi ancora in carcere. Amy la si nomina ogni due o tre capitoli, giusto per dare il contentino a chi ce l’ha nell’anima e avrebbe voluto che Blake Civil non entrasse nella sua vita, nei suoi giri, nel suo cuore. Trovo altrettanto penosa la fotografia di Blake che “prega” sulla tomba della defunta moglie. Pagato “due soldi” -come lui stesso rilasciò in un’intervista- Ben vestito, pettinato, profumato probabilmente col dopobarba che la mamma gli procurava assieme alla droga nel periodo buio del ventiseienne. Perché, la luce quando mai c’è stata? Forse con la pubblicazione dell’ossessione morbosa di una madre-fidanzata che per rimediare, continua a sbagliare. Sbagliare, e perseverare. Trovo profondamente ingiusto tutto ciò. Georgette, le sue parole, i suoi racconti, il suo amore malato, la sua visione delle cose, la sua negazione, e suo figlio. Un amore “che consuma” non è la descrizione di questa storia, l’amore è una dipendenza positiva, euforica, anche estenuante, ma nutriente. Ciò che riempie 50 e svuota 1000 è droga. Droga, in senso lato. Blake, la droga di Amy. Amy, la droga di Blake.
Tutti hanno sbagliato in questa storia, in questa vita. E allora perché non raccontarlo? Perché non allargare l’orizzonte? Non ci importa di quante volte Blake abbia messo il dopobarba, ci importa -o ci sarebbe importato- di quante volte Amy gliel’abbia baciato, annusato e pianto sopra. O di quante volte non l’abbia fatto perché maledetta nel suo vortice di eroina. Ma spiegateceli le sensazioni, apriteci ai loro vortici, fateci percepire com’erano belli i loro occhi un minuto prima, e vuoti un minuto dopo. Menzionate ogni minimo personaggio che ha avuto a che fare con la nostra Amy. Perché qui è stato solamente sfruttato il suo nome, che ancora risuona nei nostri cuori (che a Georgette piaccia o meno), per difendere Blake e raccontare delle disavventure di questo povero piccolo angelo.
Non è giusto.
Ma infondo, guardando il DVD che uscì a dicembre sulla vita di Amy Winehouse, capiamo quante cose non fossero giuste.
Amy rest in peace, as you will always rest in our heart.