Di Andrea Umbrello
Russia, Ucraina e Salvini: mentre la gente muore sotto le bombe, il leader della lega inaugura con Berlusconi un nuovo locale di Briatore.
Sembra diventata ormai una costante: per Matteo Salvini ogni circostanza di grande portata si trasforma in un’occasione per esprimere mediocrità, inadeguatezza e sciacallaggio.
La sera del 24 febbraio, il leader della Lega, decide di portare un mazzo di tulipani bianchi all’ambasciata Ucraina in Italia in segno di solidarietà. Tutto ovviamente a favore di telecamera. Passo risoluto, un controllo alla targa posta all’ingresso della struttura istituzionale perché non si sa mai, quando si parla di destra italiana è un niente e si finisce a Predappio, espressione addolorata e immancabile segno della croce. Sono mancati solo i consueti selfie, ma una volta adagiati i fiori, dopo un paio di secondi va via. Non so, forse è corso a scaricare la propria amarezza su un campo da padel, o forse ad aspettarlo c’erano un paio di “negroni sbagliati” in qualche salotto milanese.
Non prendetemi per uno scellerato, sono dotato certamente di buona fantasia, ma le mie ipotesi trovano fondamento grazie alle immagini che Selvaggia Lucarelli ha contribuito a diffondere attraverso i suoi social network. I video immortalano penosamente Matteo Salvini e Silvio Berlusconi festeggiare con cameratismo l’apertura di un nuovo locare di Flavio Briatore a Milano. Entrambi sorridono e incitano un pizzaiolo che fa svolazzare sulle loro teste una pizza. Tutto questo succede mentre a poco meno di 3 ore di aereo, sulle teste di altre persone a svolazzare sono pesanti bombe che segnano il confine tra la vita e la morte, tra la speranza e la sofferenza. I poveri a imbracciare armi per una guerra che non hanno mai deciso di combattere, i ricchi a festeggiare con goliardia tra champagne e urla di contentezza.
È sconvolgente il modo in cui si possa decidere di intristirsi a comando, senza alcuna empatia, davanti ad un palazzo che rappresenta un paese martoriato dalla furia di folli attori che giocano alla guerra con pedine fatte di carne e sangue e, 24 ore dopo, esplodere nel godimento di una serata fatta di indecenza e volgarità.
Visualizza questo post su Instagram
In poche ma interminabili ore trascorse dall’inizio del conflitto tra Ucraina e Russia, Matteo Salvini si trova già a buon punto nella collezione di gaffe che comunicano pienamente come si possa considerare la sua politica una vera vergogna per la tutela della democrazia.
Leggi anche >> Gli influencer e la guerra: esprimere un’opinione non è sempre obbligatorio
Un esempio? Si stima che, su una popolazione di 44 milioni, circa 5 milioni di ucraini lasceranno il Paese riversandosi verso la Polonia o l’Ungheria di Viktor Orbán, intenzionati, come sembra, ad offrire ospitalità a differenza di quanto accade con altri poveri disperati che fuggono da altri Paesi come Iraq e Siria e che, ai confini, si ritrovano schiacciati tra il peso dei bombardamenti che piovono dal cielo e l’innalzamento di mura che impediscono la ricerca di una vita migliore. Immancabilmente anche il nostro leader della Lega è dello stesso avviso che, intervenendo al Senato ha rimarcato:
«mentre spesso si parla di guerre finte, questi profughi sono veri e scappano da guerre vere».
Ecco, in una breve frase emerge in tutta la sua pericolosità il meschino tentativo di catalogare i drammi in disgrazie di serie A e altri di serie B. Come se gli 11 soldati uccisi nella notte tra il 20 e il 21 gennaio dallo Stato Islamico nella provincia di Dyala, in Iraq, non avessero avuto una famiglia dalla quale tornare. Come se le forze di Israele non continuassero ad essere accusate di aver perpetrato raid aerei contro obiettivi in Siria, l’ultimo nella notte tra il 23 e il 24 febbraio, con un bilancio che comprende almeno 6 morti e circa 20 feriti.
Ma forse sto divagando nel tentativo di dare voce a chi, quando si tratta di affermare che certe distinzioni nascono da pregiudizi verso colori, culture e religioni diverse, diventano mute e ambigue cercando di nascondersi dietro un giudizio che dovrebbe essere tra i più severi e inflessibili.
Intano, il conflitto ai confini tra Ucraina e Russia per alcuni continua, per altri è già finito. A pizza e fichi.