Strategie comunicative, costante interazione con il pubblico e predisposizione al dialogo sono alcune delle competenze richieste agli scienziati. Twitter tra i preferiti.
Il rapido sviluppo dei nuovi canali di comunicazione ha cambiato il modo in cui le persone interagiscono tra loro, accedono e condividono le informazioni. Anche per questo motivo è difficile prescindere dai social network nell’ambito della ricerca e nella comunicazione scientifica. In questo senso, il contributo degli scienziati sui social può essere determinante, ma cosa ne pensa la comunità accademica a riguardo?
Sempre più lettori si informano online, cambiano le strategie comunicative
Secondo il rapporto Eurobarometer 2021, il 29% della popolazione europea approfondisce temi su scienza e tecnologia attraverso nuovi media digitali tra cui i social network. In questo contesto, i social media si propongono a scienziati e accademici come mezzo per sviluppare sia il proprio profilo professionale che le proprie attività di comunicazione pubblica. In effetti, la presenza degli scienziati sui social è in graduale aumento, anche se l’utilizzo di questi strumenti digitali è oggetto di grande dibattito all’interno delle comunità accademiche.
Per ottenere un impatto significativo, le piattaforme social richiedono coinvolgimento attivo e interazione continuativa con il pubblico, ma molti scienziati faticano ancora ad applicare strategie di dialogo volte alla comunicazione online.
Gli scienziati sui social utilizzano soprattutto Twitter e Facebook
Secondo un sondaggio condotto su oltre 500 ricercatori di tutto il mondo presso il Centre for Science Communication dell’Università di Otago e pubblicato sulla rivista PLoS ONE nel 2016, gli scienziati sui social prediligono piattaforme come Twitter e Facebook, usati rispettivamente dall’93% e dall’88% del campione interpellato.
Lo studio – un primo tentativo di mappare su grande scala abitudini e comportamenti degli scienziati sui social media – rileva che Twitter è preferito per attività di confronto e approfondimento scientifico riguardo argomenti di ricerca del proprio campo di competenza. Segue un utilizzo ai fini divulgativi scientifici e per la partecipazione “a distanza” a congressi.
Tra i vantaggi offerti dalla piattaforma, si riscontra la possibilità di comunicare su argomenti che nella prassi scientifica tradizionale non avevano un luogo definito: ad esempio scambi che non trovano spazio nelle pubblicazioni, confronti tra colleghi con visioni anche molto diverse che a volte portano addirittura a una sorta di review conclusiva dopo qualche mese di discussione.
Riguardo Facebook, invece, tre quarti degli intervistati dichiarano di seguire pagine che trattano argomenti scientifici e un terzo di esserne amministratore; la maggioranza però non ritiene questa piattaforma adatta alla comunicazione scientifica con il grande pubblico, e ne limita l’uso a scopi di carattere personale – tra cui la comunicazione su argomenti scientifici con amici e parenti.
Scienziati sui social: tra nuove competenze e codici etici nella comunicazione scientifica
Sebbene le piattaforme digitali offrano un ampio spazio di opportunità comunicative, gli scienziati sui social sono chiamati a sviluppare competenze sulle quali possono risultare impreparati: ad esempio, dover vestire un ruolo comunicativo che non appartiene alla propria cerchia di pertinenza.
Uno studio recente condotto presso la Vrije Universiteit di Amsterdam e pubblicato il maggio scorso sulla rivista Journal of Science Communication, esplora la differenza tra le aspettative e le esperienze di ventisei scienziati sui social media in diversi Paesi europei, scelti tra esperti di tre argomenti ritenuti oggetto di controversie: i cambiamenti climatici, la nutrizione e l’intelligenza artificiale.
I ricercatori intervistati dichiarano di essere spinti da forte motivazione personale e per questo scelgono di parlare di scienza su piattaforme online, ma nel contempo pensano che la loro disciplina scientifica sia travisata o fraintesa sui social media.
Da quanto emerge dallo studio, sembra che la risposta emotiva di molti membri del pubblico, generi frustrazione e alienazione, complici anche la mancata preparazione a una comunicazione di tipo dialogico, l’assenza di mediatori e la realtà ostile di molti ambienti digitali. Simili episodi contribuiscono a creare la percezione, condivisa da molti degli intervistati, che il dibattito scientifico approfondito dagli stessi scienziati sui social sia altamente superficiale.
Social media e comunicazione scientifica: una lenta transizione
Nonostante le crescenti pressioni verso un nuovo approccio alla comunicazione pubblica, la comunità scientifica si sta adattando gradualmente all’uso delle piattaforme online.
Di fatto un scenario che proietta sempre più scienziati sui social, interverrà in modo rilevante sugli equilibri interni alla comunità stessa, nella quale i ricercatori si trovano a dover negoziare, rivalutare e riformulare la propria identità accademica.
A rallentare ulteriormente questa transizione, è la forte convinzione che la presenza degli scienziati sui social sia considerato ancora da molti come una perdita di tempo.
In un altro studio pubblicato su Journal of Science Communication presso la University of Western Australia, si analizza il valore del tempo speso nella creazione di contenuti digitali come post su un blog o su altre piattaforme social.
Lo studio, ritrae uno scenario accademico variegato, in cui si ritrovano sia ricercatori entusiasti e molto attivi nel mondo online, sia scettici, che sostengono l’inutilità dello strumento e la necessità di condividere il sapere scientifico esclusivamente in ambienti accademici, all’interno dei quali tendono a svilupparsi pratiche di sostegno reciproco.
Data la natura dinamica dei social media, l’esitazione nei confronti di un nuovo strumento professionale è comprensibile, anche se sono evidenti i benefici di una comunicazione social efficace, sia all’interno della comunità scientifica che nel confronto col pubblico. Gli autori degli studi qui discussi sostengono la necessità di una riflessione collettiva, accompagnata da supporto istituzionale e occasioni di formazione professionale, affinché nel breve futuro si possa riscontrare un numero sempre crescente di scienziati sui social. Avvicinarsi a questi canali richiederà consapevolezza, esplorando le nuove opportunità offerte alla ricerca e stimolando proficuamente il rapporto tra scienza e società.
Fabio Lovati