Il carcere dovrebbe essere un luogo di rieducazione, e non di punizione.
Spesso, però, i detenuti si trovano in condizioni degradanti che non possono essere tollerate
Le condizioni delle carceri in Italia
Il rapporto sulle condizioni delle carceri in Italia, pubblicato dall’associazione Antigone, mostra dei dati allarmanti.
Uno dei problemi maggiormente evidenziati è quello del sovraffollamento, che supera il 113%.
Infatti, nonostante i posti totali siano 47mila, i detenuti risultano oltre 53mila.
Le regioni più colpite sono: Lombardia, con 7.838 detenuti al fronte di una capienza 6.129; e Puglia, con 3.760 detenuti per 2.907 posti.
Ciò causa carenza di personale, condizioni igieniche precarie e assistenza sanitaria insufficiente.
Anche le strutture delle carceri spesso mancano dei più basilari servizi, rendendo la vita insopportabile.
Tra le 67 carceri visitate dall’associazione, il 42% era provvisto di schermature alle finestre che non permettono il passaggio di aria e luce solare.
Il 36% non possiede la doccia, il 31% è risultato persino sprovvisto di acqua calda.
Un altro dato allarmante è quello del tasso di suicidi.
Nel 2020, 61 detenuti che si sono tolti la vita. Nel 2021 sono scesi a 54.
Tuttavia, il dato ha ripreso ad accelerare nel 2022.
Il 24 gennaio sono stati rilevati otto casi di suicidio, uno ogni tre giorni.
Questo dato è legato anche alla pandemia di Covid-19, che ha aggravato le condizioni fisiche e mentali già precarie dei detenuti.
Infatti, se la situazione è terribile per i cittadini liberi, lo è ancora di più nelle carceri dove vengono tolti spazi e libertà già compromessi.
Società e carceri in Italia
Mauro Palma, Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, ha denunciato la situazione critica in Italia.
C’è necessità di ritrovare un dialogo produttivo attorno al tema della pena detentiva, che sappia rispondere alla particolare difficoltà oggi vissuta negli istituti
Un’altra questione sollevata da Antigone è proprio il dialogo con la società, fondamentale per il recupero del detenuto.
Nel dicembre 2021 la Commissione Ruotolo, istituita per innovare il sistema penitenziario, ha richiamato all’attenzione la questione.
La pena deve tendere a ricostruire quel legame sociale che si è interrotto.
Per farlo, è necessario attivare un processo di autodeterminazione che possa permettere al singolo di riappropriarsi della vita.Negli ultimi anni le commissioni hanno fatto molti tentativi, che poi si sono scontrati con l’opinione pubblica.
Si continua a considerare il carcere la soluzione a tutti i mali, ma tante volte è un generatore di problemi
A questo proposito si è espressa anche la dottoressa Stefania Carnevale, docente di Diritto Penale all’Università di Ferrara.
È senza dubbio un limite culturale che dipende da noi più che dalla politica. Purtroppo abbiamo caricato il carcere di tutte le nostre aspettative di sicurezza e redenzione, perché chiudere chi ha sbagliato in scatole separate crea l’illusione di una maggiore sicurezza collettiva.
Concentrarsi sul momento della contenzione porta a dimenticare il problema della fine, e del fine, della pena. Affidarsi esclusivamente al carcere, senza passaggi verso il reinserimento in società, comporta grandi controindicazioni per la sicurezza collettiva
Il carcere alla base della civiltà
“Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni“, diceva Dostoevskij.
La prigione non deve essere un luogo in cui gettare i criminali, ma uno in cui questi possano riprendere in mano le proprie vite.
Per questo è importante che i problemi e le difficoltà dei penitenziari in Italia diventino una priorità.
E, soprattutto, la popolazione deve imparare a riconoscere che i carcerati non sono scarti della società, ma persone che hanno sbagliato e che hanno il diritto di ricominciare.