In un periodo in cui gli equilibri mondiali sono particolarmente instabili, vicino a uno dei luoghi più inospitali della Terra c’è una piccola guerra fredda portata avanti da quasi cent’anni: quella tra Canada e Danimarca per l’isola Hans.
I due paesi si contendono il piccolo isolotto del Mar Artico da quando, negli anni ’20 del secolo scorso, entrambi iniziarono a rivendicare il dominio su quel lembo di terra. La cosa buffa? La disputa è stata portata avanti a colpi di bottiglie di superalcolici, tanto da essere poi soprannominata “guerra del whisky”. In realtà, sebbene l’interesse per l’isola Hans fosse prima limitato a una mera questione territoriale quasi di poco conto, negli ultimi anni il cambiamento climatico ha smosso la situazione, riportandola anche all’attenzione delle Nazioni Unite.
La storia della disputa sull’isola
Nonostante le rivendicazioni territoriali tra Canada e Groenlandia, sotto il dominio danese, fossero iniziate già nell’Ottocento e la Danimarca avesse già rivendicato la sua sovranità sull’isola Hans nel 1852, l’attenzione per questa piccola si è riaccesa negli anni ’20 del Novecento, quando i sistemi di mappatura furono migliorati e i viaggi in quelle acque divennero più sicuri.
Entrambi i paesi in realtà hanno tutto il diritto di sovranità sull’isola. Questo perché, secondo il diritto internazionale, tutti gli stati hanno la possibilità di rivendicare qualsiasi territorio entro le 12 miglia nautiche (circa 22 chilometri) dalle proprie coste. E qui viene il bello: l’isola Hans rientra nelle acque territoriali sia di Canada che di Groenlandia, perfettamente a metà del canale Kennedy.
La Corte permanente di giustizia internazionale della Società delle Nazioni nel 1933 assegnò l’isola al dominio danese, ma con lo scoppio della Seconda guerra mondiale la questione andò a perdersi. In seguito, la decisione della Corte venne meno con lo scioglimento della Società delle Nazioni nel 1946 e il Canada riaprì il dibattito.
L’isola Hans come guerra del whisky
Sebbene i due paesi nel 1973 abbiano negoziato le loro frontiere marine, l’isola Hans non è rientrata nelle rivendicazioni territoriali. La disputa quindi è stata portata avanti come una silenziosa guerra fredda, fino a quando negli anni ’80 è diventata quella che oggi è conosciuta come guerra del whisky.
Dal 1984, infatti, i militari di Canada e Groenlandia hanno preso la particolare abitudine di fare visita periodicamente all’isola, issando la propria bandiera nazionale e togliendo quella avversaria. Non solo: il nome “guerra del whisky” deriva dalla pratica dei due paesi di lasciare sull’isola anche una bottiglia di distillato.
Questo perché nel’84 l’allora Ministro danese degli affari groenlandesi, Tom Høyem, durante il suo primo viaggio verso l’isola Hans, lasciò su quella terra disabitata proprio una bottiglia di brandy danese. I canadesi, dall’altro lato, al successivo sbarco sull’isola cambiarono bandiera e vi lasciarono del whisky canadese.
Da quel momento, come ha poi dichiarato Peter Taksøe-Jensen, ambasciatore danese allora membro del Ministero degli affari esteri,
«quando i militari danesi vanno lì, ci lasciano una bottiglia di grappa; e quando le forze militari canadesi arrivano là, lasciano una bottiglia di Canadian Club e un cartello con scritto “Benvenuti in Canada”».
Ma perché l’isola Hans interessa così tanto?
Nel canale Kennedy, frontiera naturale tra i due paesi sovrani, l’isola Hans è la più piccola delle tre isole lì presenti. Si fa addirittura fatica a definirla isola, perché si tratta di un pezzo di terra di 1,3m3 completamente disabitato, quasi senza vegetazione e privo di fonti energetiche come gas e petrolio. Allora perché la sua rivendicazione è così discussa tra Canada e Groenlandia?
Al di là del puro orgoglio nazionale, l’isolotto è diventato emblematico per quanto riguarda gli interessi più generali delle due nazioni nell’Artico, per le rotte nautiche e per la contesa delle riserve energetiche della zona. E, se vogliamo dirla tutta, diventa anche simbolo delle dispute internazionali in atto e della loro gestione spesso paradossale.
Non è però questo il motivo che ha riacceso l’interesse per quel territorio. Il Mar Glaciale Artico è una delle zone che più sta soffrendo il riscaldamento globale, con i ghiacciai che si sciolgono e il livello delle acque in aumento. Da ciò derivano gli interessi politici ed economici delle diverse potenze mondiali, che vedono nel cambiamento climatico un’opportunità per scoprire nuovi giacimenti di idrocarburi, minerali e terre rare. Se prima quella zona in capo al mondo risultava troppo ostica e di difficile esplorazione, adesso grazie alle nuove rotte marittime, a conseguenza dello scioglimento dei ghiacci, la situazione è ben cambiata.
Qui si colloca l’isola Hans. Il canale Kennedy è sempre più accessibile alle navi e i giorni annuali di navigabilità di quelle acque sono in aumento. Il dominio su un punto così centrale del canale potrebbe rivelarsi particolarmente vantaggioso per le nuove rotte commerciali e lo sfruttamento delle risorse energetiche circostanti. Ecco dunque che al solo nazionalismo si vanno a sommare prospettive economiche di una certa rilevanza.
Sviluppi recenti e possibili risoluzioni
Dopo una visita improvvisa sull’isola Hans del Ministro della difesa canadese Bill Graham nel 2005 e la tensione che ne scaturì, Canada e Danimarca si sono decisi a intavolare una discussione per trovare una soluzione comune all’assurda guerra dei liquori. Sebbene nel 2012 si fosse arrivati alla conclusione di condividere la giurisdizione su isola e acque annesse, la situazione è ancora in stallo. Le divergenze tra i due paesi sono comunque piuttosto ridotte e di natura tecnica, e facendo entrambi parte della NATO i rischi di reali conflitti sono nulli.
Per risolvere la questione, negli ultimi anni un gruppo di ricercatori ha proposto di far diventare l’isola Hans non solo un “condominio”, con una convivenza pacifica ed equa delle due parti, ma piuttosto una riserva naturale protetta, così da poter mettere fine a questa guerra del whisky. Michael Byers, uno dei ricercatori impegnati nella questione, si è dichiarato ottimista e pensa che la proposta potrebbe essere esplorata dai governi di Canada e Danimarca.