Venerdì Human Right Watch ha esortato il Libano a estendere oltre al quattro dicembre la scadenza per l’iscrizione alle scuole pubbliche dei rifugiati dalla Siria in età scolare.
L’associazione ha anche denunciato le normative in vigore in Libano che indirettamente bloccano l’accesso a scuola a migliaia di rifugiati siriani fuggiti dal conflitto. Allo stato attuale, per poter frequentare le scuole in Libano ogni bambino deve avere una serie di documenti ufficiali, fra i quali attestati di residenza o che certifichino il raggiungimento degli obiettivi scolastici predisposti per ciascun ciclo di studi. Ad esempio, per poter accedere alle scuole secondarie è necessario fornire prova di aver concluso con successo il percorso di studi elementare.
Tuttavia, come è facile immaginare, i rifugiati siriani vengono da una situazione di conflitto e perciò è difficile che abbiano con sé i documenti richiesti. Molte famiglie testimoniano che nella foga di fuggire da violenze, guerra e persecuzioni manca il tempo e la lucidità di raccogliere documenti e attestati vari. Oltre al fatto che, in molti casi, gli attacchi aerei, i bombardamenti e i combattimenti non hanno risparmiato i civili e hanno distrutto città e villaggi, abitazioni e averi. Fra questi anche documenti d’identità, diplomi, certificati di nascita e residenza.
Secondo uno studio delle Nazioni Unite, solo poco più del 30% dei bambini siriani nati in Libano da genitori rifugiati ha un certificato di nascita ufficiale. Inoltre, meno del 16% dei rifugiati siriani è provvisto di residenza legale in Libano. A questa situazione concorre il fatto che per ottenere la residenza il governo libanese richiede il pagamento di una tassa annuale di 200 dollari, troppo onerosa per molti siriani.
L’iscrizione a scuola dei bambini rifugiati siriani non è automatica. Al contrario, ogni anno, le ONG e i gruppi che forniscono sostegno umanitario devono attendere le linee guida emesse dal ministero dell’istruzione che indicano le procedure da seguire per iscrivere i minori alle scuole pubbliche libanesi. Tuttavia, quest’anno il documento è stato rilasciato solamente il 29 novembre. Le famiglie siriane e le associazioni umanitarie si sono ritrovate con poco meno di una settimana per compilare pratiche e raccogliere i certificati richiesti.
Oltre a ciò, i rifugiati siriani in età scolare, per potersi registrare a scuola, devono attendere la pubblicazione dell’elenco delle strutture disponibili ad accoglierli. Infatti, i cittadini libanese hanno la priorità per quanto riguarda l’iscrizione nelle scuole pubbliche. Agli altri è consentito l’accesso solamente in caso siano rimasti dei posti disponibili. Anche in questo caso però il governo di Beirut ha dimostrato scarso interesse per la situazione delle migliaia di bambini siriani che vivono in Libano e l’elenco delle scuole accessibili è stato diffuso il 30 novembre. Cinque giorni per fare tutto.
La situazione è peggiorata a causa del collasso dell’economia libanese. Gli spazi nelle scuole disponibili per i rifugiati si sono ulteriormente ridotti da quando un numero sempre maggiore di studenti libanesi – circa 54.000 durante l’anno scolastico 2020.2021 – si sono trasferiti da scuole private a pubbliche per contenere le spese.
Per ultimo, circa 40.000 minori siriani hanno frequentato in Libano corsi di alfabetizzazione e seguito programmi d’istruzione forniti da associazioni e organizzazioni umanitarie. Questi corsi non sono formalmente riconosciuti dal Ministero dell’Istruzione ma la maggior parte degli enti che li erogano si impegnano a seguire le linee guida ministeriali. Tuttavia, ora non è chiaro se gli studenti che hanno seguito tali corsi potranno avere accesso alle scuole statali.
Infatti, il ministero ha richiesto per coloro che non abbiano frequentato per più di due anni consecutivi una delle scuole pubbliche di completare un “programma di apprendimento accelerato” (ALP). La pandemia da Covid-19 – e la chiusura delle scuole che ne è conseguita – ha accresciuto le fila di coloro che necessiterebbero di frequentare un ALP. Ciononostante, diversi operatoti umanitari denunciano il governo di aver de facto interrotto tali programmi.
Il risultato di tutto ciò è che, di 660.000 rifugiati siriani in età scolare che vivono su territorio libanese circa 200.000 non sono mai andati a scuola – il 30%. Il 60% non ha invece potuto ricevere un’istruzione pubblica negli ultimi due anni.
Secondo i dati raccolti dall’UNHCR – l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di rifugiati – il Libano è il secondo paese ad aver accolto il numero più elevato di rifugiati in proporzione alla popolazione. Secondo solo all’Isola di Aruba. Considerando questo dato insieme al fatto che il conflitto siriano perdura da più di dieci anni, stupisce constatare l’arretratezza delle politiche per i rifugiati in vigore in Libano. In particolare, quelle relative all’istruzione sembrano le politiche di un paese alle prime armi con la gestione del fenomeno migratorio. Oppure, di un paese che si è trovato a far fronte a un numero di arrivi inaspettato e improvviso. Non è questo il caso.
Essendo il Libano uno dei primi paesi per accoglienza di rifugiati dalla Siria, ci si aspetterebbe che Beirut mettesse in atto un pacchetto di politiche per garantire a tutti almeno i diritti inalienabili – come quelli allo studio, alla salute e a una vita dignitosa. Per definizione i diritti inalienabili sono quelli che devono essere riconosciuti a ciascuno per il solo fatto di appartenere al genere umano, indipendentemente dalla provenienza o da qualsivoglia altro status personale. Ecco perché il governo libanese dovrebbe garantire l’accesso all’istruzione ai rifugiati siriani senza richiedere loro la presentazione di un documento d’identità o della residenza.
Per fare un paragone, in Italia i rifugiati sono equiparati in tutto e per tutto ai cittadini italiani e quindi godono degli stessi diritti di cui gode chi può vantare nazionalità italiana. Quando lo stato italiano accorda lo status di rifugiato a un individuo sta indirettamente riconoscendo che lo stato di provenienza della persona non è in grado di garantirgli un adeguato livello di sicurezza. Per questo decide di farsene carico e per questo si prende la responsabilità di assicurare alla persona i diritti fondamentali, proprio perché lo stato di origine non lo fa più.
È vero che il Libano non ha aderito alla Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati, ma se Beirut vuole evitare una generazione perduta deve colmare i vuoti normativi e rivedere le disposizioni in materia scolastica. Per ora il Libano sta limitando l’accesso a un diritto che dovrebbe essere universalmente garantito. Il governo libanese ha da sempre mantenuto un atteggiamento di riluttanza là dove si tratta di integrazione degli stranieri, ma nel momento in cui Beirut decide di riconoscere a qualcuno lo status di rifugiato non può poi prendersene cura solamente a metà.
Benedetta Oberti