La principessa afghana e il giardino delle giovani ribelli di Tiziana Ferrario (Chiarelettere 2021) ci trasporta in un luogo sospeso e incantato, dove entrare in punta di piedi per ascoltare le storie di tante donne coraggiose. Accolti dalla principessa Homaira e dai sapori e dagli odori del suo giardino ci vengono narrati i tradimenti, le violenze, ma anche la forza e la libertà di queste figlie di un paese lacerato dalla guerra.
Tiziana Ferrario conosce bene l’Afghanistan, che ha raccontato tante volte e che ha percorso come inviata durante le diverse crisi che perseguitano il paese da decenni. Si percepisce dalle pagine del suo libro un forte legame con la terra ai piedi dell’Hindukush e soprattutto con la sua popolazione, perché si ama un paese quando si conosce e si ama la sua gente. E quando le storie che si raccontano non restano solo un bel servizio su un giornale importante, ma rimangono dentro e a volte non fanno dormire. Questa volta la giornalista ha scelto la forma del romanzo e si intuisce che, più che una scelta stilistica, è probabilmente una scelta emotiva.
Homaira, la principessa afghana
Il centro della narrazione è la figura realmente esistita della principessa Homaira Wali, nipote prediletta dell’ultimo re afghano Zahir Shah, che Ferrario ha conosciuto personalmente e con cui era legata da un rapporto d’amicizia. Grazie a Homaira entriamo in una dimensione incantata, quasi sospesa tra sogno e realtà, dove a poco a poco facciamo la conoscenza della principessa e delle donne afghane ospiti del suo meraviglioso giardino. Intuiamo la sacralità dell’ospitalità nella cultura afghana dall’accoglienza che Homaira riserva a ognuna di loro. Tra il tepore delle tante tazze di chai, ricette speciali, profumi e suoni melodiosi, le donne cominciano a raccontare le proprie storie.
A questo mosaico si intrecciano i ricordi della principessa e la nostalgia per la sua terra che non ha mai smesso di amare. Homaira ha conosciuto i tanti volti dell’Aghanistan: la sua natura e la sua storia, il paese ammirato dai viaggiatori lungo la via della seta, i tentativi di modernizzazione. Ma anche le pagine più nere della guerra e del terrore. Con la sua famiglia è stata costretta a prendere la via dell’esilio e, seppure da lontano, ha continuato a lottare e a lavorare per far tornare la pace nel suo paese.
Storie di donne libere
Dopo gli eventi di agosto quella pace per cui Homaira e tanti altri si sono battuti sembra oggi un miraggio lontano. Dopo vent’anni, l’Afghanistan è nuovamente sprofondato nell’incubo della violenza dei talebani. Le donne che con grande fatica hanno potuto guadagnarsi un posto nella società sono ora costrette a tornare a nascondersi. La principessa afghana e il giardino delle giovani ribelli è un omaggio a tante di queste donne coraggiose.
Maestre, giornaliste, studentesse, giudici, musiciste, presentatrici, poliziotte. Le protagoniste di queste storie hanno preso strade diverse, ma ognuna di loro si è trovata a sfidare ingiustizie e stereotipi tragicamente persistenti. Molte di loro hanno pagato duramente la ricerca della libertà e sono state colpite dalla vendetta cieca di un fanatismo che nulla ha a che fare con la religione che pretende di difendere.
Lapidate, picchiate, stuprate, vendute e uccise, la violenza è sempre stata la compagna di vita indesiderata delle afghane. La cruda verità è che quando sono solo gli uomini a comandare le donne possono soltanto soccombere, ovunque.
Alcune di loro non hanno neppure fatto in tempo a sognare una vita diversa. Il loro destino è stato spazzato via insieme ai loro banchi di scuola, che sono sempre temuti dai dominatori violenti. Come ricorda Ferrario, prima del ritorno dei talebani 3,5 milioni di bambini e bambine hanno avuto accesso all’istruzione. Nelle università c’erano trecentomila studenti, un terzo dei quali ragazze. Ma altri tre milioni e mezzo di bambini (di cui il 60% femmine) non hanno mai frequentato la scuola.
I diritti delle donne in pericolo
Oggi l’istruzione delle afghane è ancora una volta minacciata dall’oscurantismo talebano. Insieme alla possibilità di studiare anche le conquiste e i progressi degli ultimi anni sono in pericolo. La possibilità di esercitare un mestiere, di apparire sui media e sui social, di giudicare gli uomini in tribunale. Le storie raccontate ne La principessa afghana testimoniano che le donne afghane non cederanno così facilmente. Le abbiamo viste scendere in piazza subito dopo il ritorno dei talebani, mostrando un coraggio e una tenacia che forse non sarebbero stati possibili vent’anni prima.
Con il suo libro, Tiziana Ferrario lancia un appello a non dimenticare il destino delle donne afghane, a continuare a far risuonare le loro storie per aiutarle a riprendersi la libertà per cui hanno combattuto. Che queste parole «servano a capire meglio l’Afghanistan, affinché non prevalga l’indifferenza e il paese non sia di nuovo abbandonato al suo destino. Quanto accade laggiù, in quell’isolamento apparente, in realtà riguarda tutti noi, come la storia è tornata a ricordarci periodicamente».
Giulia Della Michelina