Di Chicoria
Da Alessandro Magno ad oggi, con Chicoria ripercorriamo la storia dell’Afghanistan per esprimere un punto fondamentale: il narcotraffico aumenterà.
Premetto che sono un accanito fumatore e prima dell’11 settembre 2001 la parola Afghanistan mi faceva pensare sempre a qualcosa di collegato al tribalismo e alle droghe.
Quando ero adolescente ho trovato lavoro nel settore della ristorazione in Olanda e mi sono trasferito lì per un periodo di tempo quindi ho frequentato abitualmente i coffee shop e posso asserire che in ogni locale del genere sul menù (ovvero la lista dei differenti tipi di hashish in vendita) non manca mai la voce “afghaan” o “afgani”.
Non è hashish importato direttamente dall’Afghanistan bensì, è un prodotto ottenuto da infiorescenze olandesi ma processato nella maniera afghana.
I tricomi, ossia la parte della pianta con più principio attivo, vengono raccolti manualmente e depositati su un piatto di metallo che è leggermente riscaldato, questa resina molto appiccicosa viene diluita con dell’acqua o del tè per dargli una consistenza simil-cremosa, il suo colore è nero a tratti marrone scuro.
Di questo famoso “Afghano” non era neanche la prima volta che ne sentivo parlare, perché già quando stavo in Italia, dai fumatori più anziani di me potevo ascoltare storie in cui il protagonista era questo fantomatico fumo e che come sfondo avevano gli anni delle contestazioni giovanili, delle lotte studentesche e di tutto il ’68 in generale.
Anni dopo ero a casa di un mio amico che mi fece vedere delle fotografie stampate quando era stato in Afghanistan.
In alcune foto c’era lui, in quello che potrei paragonare a un nostro mercato rionale, davanti una bancarella, che brandiva ogni tipo di arma da fuoco con un ragazzo afghano che gliele porgeva sorridente. Tutt’intorno nel mercato, nessuno sembrava battere ciglio o essere minimamente infastidito dalla presenza di armi. Perché per questo popolo, la guerra è normalità, sono in guerra da secoli.
La guerra ci sta da secoli in tutto il mondo certo, ma lì non si è mai fermata un giorno negli ultimi decenni. Sicuramente la Guerra Fredda non ha aiutato a migliorare la situazione, armando i vari signori della guerra, ha contribuito a destabilizzare il territorio. Ma stiamo parlando certamente di un popolo che la guerra la conosce bene e ci convive quotidianamente da secoli.
A detta del mio amico, l’armaiolo è una professione redditizia in quel paese. Poiché è normale che le persone si armino, e quelli che se lo possono permettere girano tutti armati.
Qualche anno dopo l’entrata nel paese da parte delle forze americane, un mio amico documentarista, appena tornato dall’Afghanistan mi mostrò delle foto e dei video di questo paese.
La maggior parte delle strade non erano asfaltate e ai lati di queste, cresceva una pianta che ho riconosciuto immediatamente: cannabis. Nessuno se ne cura e a nessuno da fastidio. Le piante di cannabis crescono spontanee, selvagge, infestanti e pioniere esattamente come madre natura le ha concepite.
Un pò ricordano l’essere umano in effetti. Impara, si adatta e resiste, come quel popolo.
Ho fatto questo tipo di paragone per cercar di far capire a chi mi legge com’è questo tipo di società e in che maniera, da occidentale, è arrivata a me.
Considerando il territorio geografico in questione e la sua storia millenaria, anche per farvi capire ciò di cui voglio parlare, cercherò di fare un piccolo riassunto… circa 4.000 anni di storia in poche righe ma solo per tentare di spiegare meglio quello che questo popolo ha vissuto. Una storia fatta di continue guerre e rappresaglie dall’alba dei tempi, sopra la cui terra è stata lasciata l’impronta da personaggi leggendari fin dai tempi più remoti, i cui nomi leggiamo oggi sui libri di storia e facilmente dimentichiamo quando la scuola diventa un vago ricordo. Ma la storia resta.
Alessandro Magno, uno su tutti, già intorno al 330 a.C. non fu neanche il primo ad invaderla perché già 300 anni prima, all’incirca, il regno persiano inglobò a sé la Terra degli Arii, che era il primo nome storico dell’Afghanistan. Seguono altri 1.000 anni di guerra, in cui diverse tribù hanno cercato di imporre con la forza il loro credo religioso.
La terra degli Arii è però anche la culla di Zarathustra, profeta illuminato ripreso nei secoli e che anche Nietzsche nomina in un suo celebre libro “Così parlò Zarathustra” tanto caro ai radical chic.
A parte gli scherzi, questo per dire che la prima religione che si sviluppa in questa terra è lo zoroastrismo di Zarathustra, i mussulmani arrivano molto tempo dopo, nel 700 d.C., e fondando il califfato, la maggior parte della regione si converte all’Islam.
500 anni dopo è la volta di Gengis Khan che per un secolo buono, lui e i suoi discendenti, occupa e saccheggia questa terra. Gli sussegue Tamerlano con la sua prole che porteranno a un futuro più florido per quanto riguarda le arti, la letteratura e allargheranno i confini dell’impero fino l’India. Da qui la nascita dell’impero del Moghul. Non mi dilungo ancora, nell’arco di 2 secoli successivi e fino ad arrivare poi alla storia moderna i conflitti non sono mai cessati portando al potere una parte o l’altra. Si susseguono a questo potere i safavidi persiani, poi altre tribù afgane. Il generale Nadir Sha è colui che depone l’imperatore Safavida, caccia le tribù afgane e mette d’accordo sunniti e sciiti… (…una specie d’avvocato Giuseppe Conte afghano che in concreto se sforzava de fà un governo)… ma Nadir Sha morì assassinato nel 1747… e con la sua morte arriviamo all’età moderna. Si è capito che il comune denominatore in queste poche righe di storia che ho riassunto sono state le parole: guerra, conquista, saccheggio, genocidi in nome della supremazia, del potere e della sopravvivenza.
In realtà le storie di guerra sono tutt’altro che finite, si entra solo nell’età moderna, come ho scritto in precedenza. Dopo altri 100 anni di guerre per successioni al potere fra dinastie interne come quella Duranni e colpi di stato, si arriva ai primi dell’800 e il paese viene interessato da due conflitti con l’impero britannico. Verso la fine del secolo le lotte si concludono con la vittoria degli inglesi che proclamano e impongono un emiro che tende a ridurre i poteri dei capi tribali e avvia una campagna di “modernizzazione” del paese.
Con i discendenti di questo emiro scoppia l’ennesima guerra fratricida per il potere che termina con l’ascesa al trono di Amanullah Khan nel 1919 che proclamando ‘guerra santa’ agli inglesi, ottiene l’indipendenza dal loro regno. 10 anni dopo politiche intese a togliere dall’isolamento il paese, Khan è costretto ad abdicare e gli succede Nadir Sha, meno modernizzatore e riformista viene assassinato da uno studente a Kabul 4 anni dopo. Mohammed Zahir Sha, suo figlio 19enne è colui che gli succede, regna per 40 anni in un Afghanistan florido e non è pervaso da lotte sanguinose. Non si schiera durante la seconda guerra mondiale, non lo fa neanche per il blocco sovietico o americano. Il suo regno finisce mentre lui è in Italia a Roma il 17 luglio del 1973: suo cugino organizza un golpe senza spargimenti di sangue e gli succede.
Nel ’79 sono nato io e la mia infanzia è stata infarcita di film come Delta Force o Rambo, con i vari soldati americani che vengono salvati dal Chuck Norris o lo Stallone di turno, per cui sono cresciuto un po’ con la visione che questi con turbanti, il kalashnikov, baffi e barbone incolte siano i cattivi. Non si capisce mai che questo popolo è oppresso da millenni senza mai avere la possibilità di svilupparsi, neanche nell’ultimo secolo, a livello culturale e sociale, con un’occupazione straniera a fare continuamente da sfondo.
Stavolta sono i russi durante la Guerra Fredda e come controparte, gli Americani aiutano i guerriglieri mujahidin, ma lo fanno solo per impedire ai russi il controllo su quel territorio.
Ho letto un articolo in cui veniva dichiarato che il 70% della popolazione afghana soffre di disturbo post traumatico dovuto a evento bellico o violento. Chi ne fa le spese più di tutti sono sicuramente i bambini.
Durante la prima ondata di covid prima che entrassimo il lockdown, sono riuscito ad andare a vedere una mostra a Roma. Era un evento molto grande e oltre alla presentazione del libro per cui ero andato, c’erano in esposizione moltissimi tappeti afghani. Più di un centinaio di tappeti di ogni misura. Su tutti, il tema principalmente affrontato era la guerra, in ogni sua forma. Armi, simboli politici e militari, ogni sorta di veicolo militare, scene di battaglie, un’incredibile ricercatezza e dovizia di particolari: i blocchi rappresentati erano due essenzialmente quello americano e quello russo.
La cosa che mi ha stupito più di tutto è che i tappeti erano stati realizzati da bambini. Ho provato del vero sconcerto a pensare a un bambino che deve essere così pratico di armi per poter disegnare/intarsiare ogni suo minimo particolare, e il pensiero che mi ha spaventato è che un bambino non può avere la guerra come unico soggetto nel cervello da tramutare in disegno…
Il resto è storia odierna. Nel 2001 dopo le Torri gemelle, gli americani entrano in Afghanistan per fermare il regime talebano e dare la caccia a Osama Bin Laden. Ci riescono con una guerra lampo ma lo sceicco riesce a scappare. Lo troveranno e uccideranno solo successivamente.
Negli ultimi 20 anni gli americani insieme agli alleati cercano di allentare le tensioni politiche e creare una democrazia finanziando anche azioni tese a estinguere il proliferare delle coltivazioni del papavero da oppio, ma con scarsissimi risultati.
La nascita di questo tipo di coltivazione in questi luoghi è cosa millenaria e il suo uso si perde negli albori dei tempi, considerando che nella Persia, l’odierno Iran, sono state rinvenute prove dello sfruttamento terriero in tal senso fin dal 3000 a.C. Possiamo dire che la coltura dell’oppio è proprio patrimonio umano ed è da sempre stata sfruttata in primis per scopi terapeutici e poi per quelli ricreativi. Anche nell’antica Roma veniva utilizzato ampiamente e il suo uso non si è mai arrestato diventando abuso fino i giorni nostri.
All’inizio del secolo scorso l’industria farmaceutica Bayer sintetizza dall’oppio l’eroina, farmaco miracoloso poiché si pensava avesse più potere della codeina e portasse meno dipendenza e assuefazione della morfina, ideale per combattere, malattie diffuse all’epoca come la tubercolosi nei primi del ‘900. Con la libera vendita nelle farmacie, la popolazione mondiale iniziò a comprare questo prodotto per qualsiasi tipo di patologia e si diffonde per la prima volta in tutto il pianeta la tossicodipendenza di eroina scoprendo purtroppo gli spiacevoli effetti collaterali di dipendenza forte che creava. Quindi nel 1925 con la firma a Ginevra della convenzione internazionale dell’oppio la maggior parte delle nazioni al mondo dichiara la vendita di eroina illegale.
Mi rendo conto che probabilmente sono stato eccessivamente prolisso sulla storia perché questo dovrebbe essere un articolo che parla di narcotraffico, ma senza soffermarsi sul passato diventa difficile capire come e perché questo commercio si espanda e fiorisca con facilità in tempi di guerra. Perché è una delle risorse principali che finanzia i vari signori della guerra.
Gli eroinomani e l’uso di eroina non sono mai cessati di esistere, anzi, è aumentato ed è tutt’ora fiorente nel mondo odierno.
Ci sono stati dei momenti di calo nel mercato occidentale, ma sono legati essenzialmente a due fattori di cui il principale è la destabilizzazione del territorio afghano, mai arrestata nell’ultimo secolo, che è uno dei principali produttori di oppio e trasformazione in eroina. Poi, senza dubbio, c’è un fattore legato alle mode generazionali che cambiano ma si ripropongono fra i giovani occidentali.
Per esempio, quando io ero un teenager, diciamo dai 13 anni in poi, l’età della mia introduzione alle droghe, erano i primi anni 90’. Già nel ’92/’93 ero spesso per strada e la figura del tossico era rappresentata da persone adulte totalmente allo sbando, mentre i giovani erano più consumatori di altro tipo di sostanze come le droghe sintetiche e la cocaina. Erano anche gli anni dell’esordio d’oro dei rave-party illegali e Roma era in totale fermento per questo nuovo movimento che con se ha portato anche l’utilizzo, da parte dei giovani, di tante altre droghe oltre all’eroina, con i “vecchi” tossici che erano malvisti con poche possibilità di partecipare ai rave.
Già verso il 2000, posso dire per esperienza personale vissuta a Roma, ma che certamente interessava tutta la penisola italiana, girava tantissima ketamina e Crack.
La prima è un anestetico ampiamente usato in veterinaria, sostanza sedativa e dissociativa che provoca poca dipendenza ma una velocissima assuefazione. Ho visto ragazze appena maggiorenni iniziare con una spolverata insignificante e appena dopo due mesi, tirare su col naso strisce grandi quanto l’indice di un fabbro per ottenere lo stesso effetto.
Il Crack è tutto un altro discorso, è la parte più pura della cocaina e si ottiene attraverso un processo chimico di lavaggio facilmente realizzabile in ogni posto, che la rende fumabile anziché da sniffare ma che porta una grandissima dipendenza.
Il loro abuso alla lunga ha portato una nuova ondata di tossici di eroina che per spegnere e placare gli effetti delle altre droghe hanno ricominciato con l’abuso di oppiacei, specialmente tra i giovani. Se la ketamina è un sedativo e l’altro un eccitante ansio-maniacale, entrambi hanno fatto da ponte a una vecchia conoscenza che non perde mai il suo fascino: l’eroina. Più calda e piacevole per l’abusatore di ketamina e che dona la pace,quella che cerca un fumatore di crack impazzito all’alba di una notte di bagordi.
Guarda caso intorno al 2003/2004 la produzione di oppio in Afghanistan tocca gli apici, e chiaramente, questa sostanza viene spedita e consumata a livello globale.
E Sempre per fare esempi pratici, perché io sono così, per spiegare un concetto penso non ci sia niente di meglio di confrontarsi con la realtà e le sue varie sfaccettature, proprio in quegli anni lì, due miei amici si sono sposati, lei italiana e lui kenyota. Sono stati in viaggio di nozze in Kenya e dai racconti che mi hanno riportato:
“l’eroina era ovunque e non costava niente, tagliata con qualsiasi sostanza, per cui, la si trovava di qualsiasi colore”.
Sempre qualche tempo dopo, Pablo Trincia, in un buon servizio delle Iene, ci spiegava che una nuova droga, il nyope, era ormai diffusissima anche tra i giovani africani. Parliamo sempre di eroina, solo, piena di taglio e di qualità nettamente inferiore.
A Roma, grossomodo nello stesso periodo, diventa sempre più evidente un altro fenomeno: quello degli “sputapalline”. Ragazzi africani che occultano dosi di eroina in bocca, così se fermati per un controllo inghiottono la droga, non vengono trovati in possesso di sostanza e possono recuperarla in un secondo momento. Perennemente in giro per la città, previo appuntamento telefonico vengono contattati e consegnano la dose desiderata. Oggi, questo fenomeno è più che mai inarrestabile nelle città italiane.
Prima lo spaccio d’eroina era relegato in luoghi tristemente famosi ormai da decenni e sempre in periferia. Era il cliente che doveva andare. Oggi è cambiato il modus operandi, sono loro che vengono per offrire lo spaccio.
Chiaramente questi non sono cani sciolti, c’è un organizzazione criminale autoctona africana dietro, ma l’eroina è pur sempre afghana, e per arrivare, segue le sue tratte gestite dalle varie organizzazioni criminali.
Nel 2008 vengo arrestato. Tra le tante cose che mi trovano, ci sono anche 10 grammi di eroina. E sapete perché li avevo? Nella mia vita non mi è mai capitato di andare a chiedere a qualcuno se voleva comprare droga, è sempre stato il contrario. Come si dice: la richiesta fa il mercato.
Per cui, se prima sporadicamente qualcuno mi poteva chiedere di trovargli dell’eroina, successivamente, questa tendenza è iniziata a diventare sempre più frequente. Il consumo era salito. Poi con l’arrivo in Italia della legge Fini-Giovanardi che equiparava le droghe, mi sono ritrovato con una richiesta sempre più assidua, con un tipo di legge che mi avrebbe punito sempre alla stessa maniera per qualsiasi tipo di droga commercializzassi. È così che ho deciso io stesso di investire in eroina, comprandone di più, pagandola di meno e guadagnandoci di più, senza doverla andare a comprare da un terzo soggetto. Lo so, oggi so che non è una cosa bella e ho pagato per i miei errori, ma ero un ragazzino e quella richiesta assordante unita a quella legge che anziché ostacolare, ha promosso lo spaccio è stato facile fare il salto, per me come per molti altri. La mia modesta opinione in merito è che la legge in questione sia stata un fallimento legislativo, oberando il lavoro di tribunali e riempiendo le carceri, non a caso è stata poi condannata dall’Europa perché anticostituzionale. Forse sto andando fuori tema ma sono tante le concause che hanno fatto dilagare l’eroina e sicuramente non è con il proibizionismo che si vince la guerra al narcotraffico.
Ma torniamo al narcotraffico,
Dal 2010 in poi la produzione di oppio in Afghanistan, a dispetto dei soldi stanziati dagli americani per ridurre la sua coltura, non ha fatto altro che aumentare. Nel 2018 era aumentata quasi del doppio. Il suo raccolto è un attività che da lavoro a una buona parte della popolazione. A maggio i contadini afghani e i braccianti migrano verso le campagne proprio per questo lavoro. La maggior parte delle volte oltretutto sottopagati e sfruttati come primo anello della catena.
Basta seguire la rotta di scambi. Per fare arrivare la sostanza fino alle piazze sotto casa nostra il suo valore aumenta ogni volta, ma lascia una scia di vittime in Pakistan, Iran, Turchia e infine Albania. Sono tutti paesi in cui questa sostanza passa per arrivare in Europa e in ognuno di essi miete tantissime vittime sempre più giovani.
Oltretutto il problema dell’uso di oppiacei è diffusissimo in ogni strato della popolazione anche in Afghanistan, considerando che una palla di oppio costa 20 centesimi di dollaro e una dose di eroina tra i 2-3 dollari, potete capire quanto sia diffusa la tossicodipendenza in questo paese. Nel 2018 erano 2,5 milioni i consumatori e questo, unito alla mancanza di cultura e continui squilibri politici, impedisce a questo popolo vessato di progredire.
Concludendo, se analizzassimo lo scorso ventennio in Italia, scopriremmo che l’utilizzo di questa sostanza è aumentato perché è aumentata la produzione in Afghanistan a causa della situazione instabile che è perdurata. Negli anni precedenti avevamo vissuto un periodo di calo dovuto sia a momenti di cambiamento generazionale ma anche grazie a periodi brevi di parziale stabilità dei paesi produttori, che nel corso della storia hanno avuto effimeri momenti di pace e poi lunghe fasi di instabilità che hanno coinciso con i periodi di ondate di droga che ha invaso l’occidente.
La questione anche in Italia, oggi, è sotto gli occhi di tutti: le piazze di spaccio a Rogoredo a Milano, quelle a San Benedetto del Tronto e a Pescara, le stazioni chiuse per spaccio in Brianza, Tor bella Monaca a Roma, Scampia e Secondigliano a Napoli, il Parco Verde a Caivano; ci sono in ogni posto d’Italia. “Dio c’è” scrivevano i tossici sui muri negli anni ’80 per indicare che la sostanza in quel posto si trovava… e sempre negli stessi anni l’Afghanistan viveva un periodo travagliato (ricordate la storia di prima..? ) E oggi come stiamo? “Dio C’è ….e continua ad esserci” direi, anche peggio di prima. Ci sono luoghi ben determinati che fanno da punti di smercio di questa sostanza, e in più, adesso ti fanno anche la consegna a domicilio. Questo sistema non è altro che la punta dell”iceberg, l’anello finale di un commercio che parte in Afghanistan (fra i maggiori produttori), fa un lungo tragitto (Pakistan, Africa, ecc..) pieno di morti e arriva in tutto il mondo occidentale.
Ora che c’è questa nuova situazione in Afghanistan, con il nuovo governo Talebano che si afferma, è facilmente prevedibile un nuovo aumento della produzione di oppio. Innanzitutto perché la coltura del papavero da oppio resta una delle fonti di sostentamento primario per gli agricoltori afghani, inoltre, il narcotraffico e il contrabbando in generale sono tra le basi portanti dell’economia sommersa del paese, dei Talebani stessi, nonché dell’Isis e di altre fazioni terroristiche che ne usano i proventi per autofinanziarsi.