Come tutto ciò che riguarda la sessualità, anche il discorso sull’autoerotismo, è stato affrontato in passato (e anche oggi) come un tabù, come un tema da evitare, da non considerare importante o, peggio, da ricondurre a situazioni personali “particolari”. Da malattia debilitante a origine di disagi di ogni genere, da atto innaturale a “grave offesa al piano sagace di Dio” (Tommaso d’Aquino): insomma, anche l’autoerotismo se ne è sentite dire un bel po’.
Ringraziando chi, con sguardo libero e pensiero critico e lucido, ha studiato e definito la masturbazione, oggi possiamo affermare che questa consiste in una delle esperienze necessarie e tra le più importanti per la crescita della persona, in tutte le sue dimensioni. La sessualità è ciò che di più intimo e personale costituisce l’essere: gli studi affrontati nel campo della psicologia dimostrano come essa sia alla base della crescita e della formazione di personalità equilibrate, serene e capaci di interagire con il sè e con il mondo.
E l’autoerotismo si pone come una realtà indiscutibilmente essenziale per la conoscenza di se stessi, di se stesse, del proprio corpo, dei propri desideri e delle proprie inclinazioni: durante tale esperienza, la persona è concentrata su se stessa e sulla esplorazione di ciò che di più segreto ed intimo possiede. L’autoerotismo, che nulla ha a che fare con la perversione e con i disagi psichici, è il modo che, come nessun altro, permette alla persona di svelare a se stessa chi e cosa realmente desidera, attraverso un momento di piacere, come dire, autogestito.
C’è da chiarire anche il concetto di “ripiegamento su se stessi” (e su se stesse aggiungo, facendo notare come si tende sempre a limitare i riferimenti al sesso maschile, come se quello femminile fosse estraneo a tutto questo) che si è sempre attribuito alla masturbazione: concetto da smentire o meglio, da sostituire con il concetto di “cura di sé“, con quello di voglia di conoscersi, di svelarsi, di rivelarsi quale soggetto predisposto all’incontro, al dono consapevole di sé e all’accoglienza dell’altro, dell’altra.
L’autoerotismo è un gioco di mente, di corpo, di sensazioni, di brividi, di sorprese, di lenzuola gettate per terra perché non v’è nulla da nascondere a se stessi, a se stesse; un gioco di malizia e di scoperta, di stupore e di piacere, di stravaganza e di libertà. Oh, sì… la libertà di accedere a tutte le realtà possibili, senza dar conto a dottrine e a teorie che lo impediscono, la libertà di raggiungere chi si desidera, la libertà di pensare e sussurrare parole e situazioni che… bè, quando una cosa è segreta, lo è sul serio.
È un po’ come il biglietto gratuito per luoghi, per terre che la realtà rende inaccessibili: l’autoerotismo, accorcia le distanze e allarga le possibilità. Tenendo sempre conto delle proprie necessità e delle proprie voglie, che sono alla base di qualsiasi rapporto. Se non si conosce prima se stessi, se stesse, come si può pensare di conoscere l’altro, l’altra? Se non si riesce a creare una situazione, un momento di piacere per sé, come si può pensare di far godere altri, altre? Se non si è grado di sfiorare, di respirare, di vivere il piacere da sè, come lo si può far con l’altro, con l’altra, tra ansia da prestazione e paure varie?
L’autoerotismo è un angolo di spazio e una pausa dal tempo che chiunque ha dovuto e/o deve ritagliarsi.
E dico chiunque per indicare sia gli uomini, che hanno dovuto fare i conti con il timore e con il rischio di perdere la vista e sia con le donne, da sempre terrorizzate dal supplizio delle alte fiamme dell’inferno. E a tal proposito, tengo a precisare qualche punto:
1. Fatevene una ragione: lo fanno anche le donne. Anzi, aggiungo, è bene che lo facciano perché fa bene anche a loro;
2. Ammettendo, accettando la differenza che passa tra uomini e donne, occorre precisare che anche le donne hanno dei loro istinti sessuali, dei loro pensieri proibiti e dei loro desideri inconfessabili;
3. Se, quando le donne vedono un uomo attraente, scordatevelo che la prima domanda che si pongono è se si è laureato o se partecipa alla messa tutte le domeniche. Appreso quest’ultimo punto, i primi due risulteranno più facilmente comprensibili.
Detto questo, san Tommaso d’Aquino può tranquilizzarsi, insieme a tutti i pensatori e a tutte le pensatrici di teorie distorte, che hanno infangato e demonizzato l’autoerotismo, riconducendo la sua pratica e il piacere che se ne ricava, a forze malefiche o a squilibri psichici: l’autoerotismo ha a che fare con la meraviglia che la sintonia tra corpo e mente può creare. Come può, quindi, essere diabolico?
Il rispetto di se stessi, di se stesse, è il primo passo verso il rispetto di chi si incontra. La capacità di stare bene da sè, è il primo atto di un’opera del dono e dell’accoglienza rispettosi, che si vivrà con l’altro, con l’altra.
Insomma, tranquilli, traquille: volersi bene, non fa male.
Deborah Biasco