Quale cosa migliore si può fare in una località di mare, se non parlare ancora dei danni degli ecoincentivi? Sicuramente, per il sottoscritto, è molto meglio del sole e del caldo, specie se si scrive in compagnia del fruscio del climatizzatore. Indi per cui sotto con l’amarcord di altre vetture decimate dalle strade, oltre che dal naturale sfiancamento, anche per quello delle gonadi dei vari proprietari, allettati dalle varie campagne di ecoincentivi statali.
Quanto era frequente trovare per strada una Volkswagen Golf prima serie? Assai, molto assai. Ancora oggi il modello è un best seller, ma la serie attuale, nome a parte, nulla ha a che fare con la capostipite, nata nel 1974. La leggenda narra che i vertici della casa di Wolfsburg, quando decisero di fare sul serio per sostituire il Maggiolino (dopo parecchi esperimenti infruttuosi, frutto della testardaggine di mantenerne la base meccanica) presero una Fiat 128, la smontarono tutta, ne copiarono fedelmente la base tecnica, fecero disegnare a Giorgetto Giugiaro una moderna carrozzeria due volumi, e così nacque la Golf. Inizialmente l’accoglienza fu nella media. La vera chiave di svolta arrivò nel 1976, quando vennero lanciate, le versioni Gti e Diesel, che fecero il pieno di ordini dalle due categorie che maggiormente erano interessate dalle auto robuste, economiche e veloci: i giovani ed i commessi viaggiatori. Il modello spopolò, e divenne un classico delle strade, fino, appunto, alla moria generata dai primi ecoincentivi statali del 1997, che le decimarono. Oggi incontrarne una, specie diesel, è una vera impresa. Resistono solo le cabriolet, ancora discretamente diffuse e le Gti, oggetto di culto.
Altro giro, altra vittima illustre, dei tempi più recenti, una vittima che lascia basiti, perchè davvero fino a pochi anni fa era una presenza così comune che fa davvero strano definirla rara: la Fiat Uno. Come tutte le auto vendute in grande quantità, dopo qualche anno è divenuta la vettura più rottamata (sorte che adesso sta toccando la Punto) a partire proprio dagli ecoincentivi del 1997 e la velocità di sparizione dalle strade ha raggiunto un picco drammatico: sta diventando difficile trovarne anche un esemplare a targhe bianche (con quelle nere oramai è una mosca bianca). Reggono ancora le ultime seconda serie, ma negli ultimi anni i demolitori ne hanno inghiottite davvero tante. Spesso troppo sfinite dopo tanti anni di lavoro frequentemente come unica auto in famiglia dal 1983, anno di entrata in produzione del modello che ha rivoluzionato il concetto di utilitaria, rendendola una vettura universale: spaziosa, discretamente rifinita e dotata, con collaudatissimi motori per tutti i gusti, tutte le tasche e tutte le esigenze d’uso. La ruggine era diventata un problema minimo e la meccanica era infaticabile e dai consumi irrisori: in questo caso gli incentivi statali hanno la maggior parte della colpa per la quasi totale sparizione della Uno dalle strade.
Una delle rivali per eccellenza della Uno era la Peugeot 205. Lanciata anch’essa nel 1983, è stato il modello che ha fatto spopolare il marchio in Italia, fino ad allora noto, apprezzato (soprattutto da chi faceva tanta strada, essendo una pioniera del motore diesel, assieme alla Mercedes), ma che non aveva mai fatto grandi numeri. Con la 205 le cose cambiarono di netto, grazie alla linea fresca, sbarazzina, opera della Pininfarina, che ha collaborato con la casa per quasi 40 anni, fin dai tempi della 403 (la collaborazione è cessata una decina di anni fa e si vede…), alla gamma, come in quasi tutti i casi che abbiamo analizzato, assai completa ed ai prezzi abbordabili. Le versioni Gti e Rallye erano le “bare” per antonomasia, con motori potentissimi e tenuta di strada di un autobus di linea su una pista di pattinaggio. Sono tutte scomparse, come da copione, espatriate verso il Nordafrica, dove le Peugeot, assieme alle Mercedes (guarda il caso) sono assai apprezzate.
Una (relativamente) recente vittima degli ecoincentivi è un modello che proprio recentemente, sotto altre forme, è stato rilanciato in grande stile ed è tornato in vetta alle classifiche di vendita: la Fiat Tipo. L’originale fu lanciata nel 1988 per sostituire la Ritmo, e fin da subito divenne quasi un fenomeno di massa: come al solito per la casa del Lingotto c’era una versione per ogni esigenza, dalla flemmatica 1.1 base alla sportivissima 2.0 16 valvole, costava e consumava poco, aveva un’abitabilità ed un bagagliaio da record grazie soprattutto al suo telaio, croce e delizia di tutta la produzione italiana a cavallo tra gli anni’80 ed i 90, visto che fu usato come base praticamente per tutte le berline medie del gruppo. Le finiture erano leggendarie al contrario, nel senso che erano davvero scadenti, ma alla gente poco importava, se la vettura era della maggiore casa italiana ed era economica. Altri tempi. Anche in questo caso dall’essere capillare è divenuta una mosca bianca, e in questo caso la ruggine poco c’entra, dato che è stata la prima Fiat interamente zincata.
Un’altro freschissimo caso di eradicazione quasi totale delle strade è rappresentato dalle Rover 200 e 400. La prima fu lanciata nel 1996, erede della 200 anglo-giapponese, derivata dalla Honda Concerto, bella come si può definire gradevole un water, ereditava dalla progenitrice solo il nome: aveva una bella linea tutta curve, ottimamente proporzionata, con finiture interne degne della migliore tradizione inglese e motori serie K, bialbero 16 valvole, assai prestanti. La 400, lanciata un anno prima nelle versioni due volumi e mezzo, spopolò quando debuttò nella versione tre volumi: era classica, elegante, con qualche reminiscenza di origine giapponese (ultimo frutto della collaborazione con la Honda, stavolta dalla Civic) ma assai ben celata dalle cromature. Entrambe nel giro di pochi anni si sono letteralmente estirpate dalle strade, e stavolta gli ecoincentivi c’entrano poco: i poco fa citati motori Serie k avevano un grosso difetto: erano potenti, specie i 1400, ma avevano un impianto di raffreddamento assai sottodimensionato. Risultato, quasi tutti periti per cottura della testata e/o fusione delle bronzine di banco. Da li a poco il marchio Rover fece la stessa fine.
C’è un caso, però, in cui la sparizione pressochè totale per gli ecoincentivi è una cosa positiva, perlomeno per il sottoscritto: le vetture coreane a cavallo tra i ’90 ed i 2000 stanno diventando davvero difficili da incrociare. Le varie Daewoo Matiz, Lanos, Nubira (che in versione station wagon divenne la concorrente più temibile della Fiat Marea), Hyundai Atos e Accent che conobbero una discreta popolarità proprio per colpa degli ecoincentivi, che le offriva a prezzi stracciati, oggi infestano le strade in misura sempre minore, disintegrate spesso dalla scarsa qualità che le contraddistingueva, sia costruttiva che in termini di affidabilità della meccanica. Considerando che, spesso, furono acquistate in cambio di sacrifici di vere auto, la notizia non può che definirsi lieta. Dopo tante lacrime, un pò di gioia.
Come scritto la settimana scorsa, ancora ce ne sono di casi degni di Chi l’ha visto. Chissà, in un futuro si tornerà sull’argomento. Per ora buon mare. Per voi.