E’ stato annullato per l’ennesima volta il Pride di Tbilisi, a seguito di atti di vandalismo portati avanti dall’estrema destra. Su internet si può persino trovare il video.
Ancora una volta i membri della comunità LGBTQI+ georgiana dovranno attendere per avere il sostegno delle autorità nella loro battaglia per i diritti. Ancora una volta il loro Pride non vedrà la luce. In un contesto di violenza che ricorda i peggiori film post apocalittici il 2013 non è mai sembrato così vicino.
Gli avvenimenti del 2013 e l’intervento ecclesiastico
Il 2013 non è naturalmente una data casuale. Sebbene negli ultimi anni nel resto del mondo si siano fatti passi avanti sul tema in Georgia la situazione sembra congelata a quegli anni. Risale infatti proprio al 2013 il primo tentativo di organizzare un Pride da parte della comunità georgiana. Per darvi un’idea indicativa in Italia nel 2013 il Presidente del Consiglio era Enrico Letta, mentre Barack Obama era appena stato rieletto.
Il 17 maggio 2013, a Tbilisi, un piccolo gruppo di circa cinquanta attivisti queer si ritrovano per manifestare, nella giornata Internazionale contro l’Omofobia. Il loro unico intento è quello di rivendicare i diritti di una comunità che, per quanto la Chiesa ortodossa voglia negare, esiste in Georgia, come nel resto del mondo. Quel giorno gli attivisti si ritroveranno a fronteggiare un’orda di centinaia di persone che vogliono il loro sangue.
La notizia più aberrante, anche se non sconvolgente, è che la contromanifestazione era guidata da capi religiosi, che incitavano le folle contro il piccolo gruppo di dimostranti. Nella più classica delle scene di caccia alla strega si potevano leggere cartelli che recitavano frasi come “Non abbiamo bisogno di Sodoma e Gomorra qui”. La polizia fu costretta ad evacuare il piccolo gruppo di attivisti, vista l’escalation di violenza dei contromanifestanti.
Da quel giorno, in un gesto che appartiene soltanto ai bambini e ai mafiosi, la Chiesa Ortodossa ha istituito il 17 maggio la Giornata della Purezza della Famiglia. Proprio nel giorno in cui nel resto del mondo si celebra la non violenza quindi in Georgia ha luogo una manifestazione del tutto inutile e stupida, che punta a ledere, nel buon nome di un Dio non tanto misericordioso, i diritti di migliaia di persone.
L’influenza della Chiesa ortodossa
Verrebbe da chiedersi, ma questo è un tema tanto inflazionato quanto ovvio, quanto Dio sarebbe d’accordo con i gesti dei suoi ministri. Personalmente, essendo cresciuto con un’educazione cristiana, mi aspetto che l’onnipotente, nel caso esistesse, mandi a breve una piaga su tutti i sacerdoti che cercano di fare ideologia personale sulle spalle della Chiesa.
Ciò che più preoccupa è il peso che la Chiesa ha nella politica della Georgia. I Governi sono da sempre attenti a soddisfare le richieste, e le sparate ideologiche, della componente ecclesiastica. D’altronde ben il 74% della popolazione non voterebbe un partito con idee contrarie a quelle della Chiesa.
Una tale presa di posizione da parte dell’organizzazione ortodossa influisce quindi molto sul potere di azione dei politicanti georgiani. Nonostante le pressioni dell’UE infatti, che come sempre lancia condanne di facciata fregandosene, nella maggior parte dei casi, dei temi trattati, la situazione in Georgia non è ancora cambiata.
I tentativi di organizzazione del Pride
Già nel 2019 si era tentato per l’ennesima volta di organizzare un pride a Tbilisi. Seppure l’evento aveva avuto risonanza mondiale era stato poi ostacolato dalle proteste dei gruppi ultraortodossi prima, e dalle violenze legate al parlamentare russo poi. L’evento era riuscito a svolgersi in forma molto più ristretta a luglio, davanti al Ministero degli Interni.
Tale clima ha portato diverse associazioni attive nella rivendicazione dei diritti LGBTQI+ a rifiutare di partecipare a manifestazioni pubbliche. Secondo loro tali eventi metterebbero a repentaglio l’incolumità degli appartenenti a tale comunità. Nel 2020 naturalmente non si era potuto organizzare nessun evento a causa della pandemia di Covid-19.
Arriviamo infine all’anno corrente, quando le associazioni organizzatrici avevano previsto la marcia per lunedì 5 luglio. Come già accennato la marcia è stata annullata a causa di violenze e vandalismi esplosi presso la sede di alcune associazioni. Già il 16 giugno Levan Vasadze, leader politico estremista vicino alla Chiesa ortodossa, aveva chiesto al Governo di cancellare l’evento, minacciando la formazione di una “legione”.
Dal Governo centrale erano arrivati incitamenti ad annullare l’evento, a causa del “contesto” in cui si sarebbe svolto. Sebbene gli eventi privati organizzati nel corso della settimana precedente si fossero svolti pacificamente il premier Irakli Gharibashvili nella giornata di lunedì mattina si era apertamente schierato contro la marcia. Aveva chiesto l’annullamento del Pride, per evitare una “guerra civile”.
Le parole del capo di Stato hanno scatenato le violenze che sono fragorosamente esplose nel pomeriggio dello stesso giorno. Il computo sono 58 feriti, di cui 53 giornalisti, e un arresto per tentato omicidio. Un turista polacco è stato infatti accoltellato poiché indossava un orecchino, chiaro e appurato segno di omosessualità.
Marzioni Thomas