“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all’esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume. Così anche voi apparite giusti all’esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d’ipocrisia e d’iniquità.”
Vangelo secondo Matteo, 23;27-28
In questi giorni, sta suscitando molte discussioni l’intervento della segreteria di Stato vaticana che “auspica che la parte italiana possa tenere in debita considerazione le argomentazioni e trovare così una diversa modulazione del testo continuando a garantire il rispetto dei Patti lateranensi“.
Il testo di cui la lettera parla è quello del disegno di legge targato Alessandro Zan, contro l’omotransfobia e le argomentazioni sono quelle consegnate dal cardinale Paul Richard Gallagher il 17 giugno all’ambasciatore italiano presso la Santa Sede. In breve, la Santa Sede segnala che “alcuni contenuti della proposta legislativa avrebbero l’effetto di incidere negativamente sulle libertà assicurate alla Chiesa e ai suoi fedeli”: a creare particolare apprensione nella CEI è quella (presunta) mancata esenzione dalle attività previste a scuola nelle Giornate nazionali contro l’omofobia, la lesbofobia e la transfobia.
La furbizia della politica italiana
Al di là della fragilità degli argomenti portati avanti dalla Chiesa, bisogna considerare che è soprattutto la reazione della politica italiana a lasciare perplessi: in più di centocinquant’anni di esistenza, lo Stato ha sempre dimostrato grande ossequio e sensibilità rispetto alle pressioni esercitate dai vertici del cattolicesimo. Sgombriamo però il campo da un’idea scivolosa: se l’Italia oggi non si sbriga ad approvare le leggi relative ai diritti civili, al fine vita e a tutto ciò che può non coincidere con i dogmi cattolici, la colpa non è del Vaticano, ma è della politica, che temporeggia e usa come scudo di carta l’ingerenza della Santa Sede.
Argomentazioni fondate?
Se in passato questo atteggiamento poteva essere compreso perché la parola del Papa (o di chi per lui) avrebbe potuto spostare una mole ingente di voti, oggi bisogna fare i conti con un Paese in cui l’80% della popolazione non si riconosce in alcuna fede e in cui un terzo degli italiani afferma di non credere nell’esistenza di Dio. Uno Stato laico, in cui solamente il 22% degli abitanti partecipano settimanalmente alla messa settimanale, mentre il 43% professano un cattolicesimo culturale, di derivazione familiare, ma senza un vero e proprio coinvolgimento personale.
Un Paese in cui le leggi, piano piano, vengono sgretolate (almeno formalmente) nel loro impianto fatto di tabù, superstizioni e discriminazioni, per creare una società più equa e fatta di pari opportunità. Non è la prima volta che la Santa Sede, comunque, si pronuncia su quanto accade nel territorio italiano, senza limitarsi a pareri e opinioni, ma cercando di forzare la mano con il grimaldello dei Patti Lateranensi. Vediamo insieme i precedenti.
1. Il non expedit
La disposizione della Santa Sede con cui si dichiarò inaccettabile che i cattolici del neonato Regno d’Italia partecipassero alle elezioni è del 1868. Si estendeva a tutta la vita politica nazionale, anche se erano consentite eccezioni alle elezioni amministrative. Nel 1919, Papa Benedetto XV revoca ufficialmente il “non expedit”.
2. L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole
L’ora di religione è stata introdotta dal tanto citato Concordato e prevede che in tutte le scuole italiane venga insegnata la religione cattolica, con un approccio sia storico che etico: un’ora e mezza nelle scuole dell’infanzia, due ore alla primaria, un’ora nelle medie e superiori. Si tratta di lezioni facoltative, la cui scelta può essere sempre rivista durante il percorso scolastico. Per chi non se ne avvale, sono previste attività alternative, come ad esempio supporto allo studio in altre materie. Trattandosi di una società diversa dagli anni Venti, forse sarebbe opportuno rivedere questa norma non nell’ottica dello stralcio completo, ma almeno nella sua formulazione come ora di “religioni”, in cui gli studenti abbiano occasione di approfondire tematiche legate alla spiritualità, non solo di matrice cattolica.
3. L’aborto
Che la Chiesa sia tuttora contraria all’aborto non è una novità per nessuno: a creare però qualche problema alla legge sull’interruzione di gravidanza stessa è però la stasi completa del sistema politico di fronte alle continue ingerenze del Vaticano che è libero di esprimere la propria opinione. Il vero problema, in Italia, è infatti dato dall’obiezione di coscienza: il 69% dei ginecologi italiani si rifiuta di praticare le interruzioni volontarie di gravidanza, secondo una Relazione del ministro della Salute sull’attuazione della legge 194/1978, aggiornata al 2018. In alcune zone, la percentuale arriva oltre l’80%, con il picco del 92,3% in Molise. Anche in questo caso, come per l’insegnamento della religione, ciò che al nostro Paese sembra mancare è il pluralismo effettivo. Mancano di fatto medici che non ostacolino questo percorso.
4. L’eutanasia
Come riportato nell’intervista realizzata qualche settimana fa sulle nostre pagine a Marco Cappato, anche in questo caso un dogma della Chiesa diventa scudo di carta per la politica italiana, che non ha il coraggio di prendere in mano la situazione e affrontare un dibattito che vada oltre la dottrina e che rappresenti una soluzione per chi soffre davvero. È del settembre 2020 la lettera Samaritanus bonus della Congregazione vaticana per la Dottrina della fede. In questo caso il Vaticano ha stilettato”coloro che approvano leggi sull’eutanasia e il suicidio assistito” perché “si rendono complici del grave peccato che altri eseguiranno”. E ancora: “Costoro sono altresì colpevoli di scandalo perché tali leggi contribuiscono a deformare la coscienza, anche dei fedeli”.
5. Il divorzio
Quando la legge sul divorzio venne approvata, il pontefice era Papa Paolo VI, che si appuntò tra i suoi quaderni di “Far sapere all’ambasciatore d’Italia che la promulgazione della legge sul divorzio produrrà vivissimo dispiacere al Papa: per l’offesa alla norma morale, per l’infrazione alla legge civile italiana, per la mancata fedeltà al Concordato e il turbamento dei rapporti fra l’Italia e la Santa Sede, per il danno morale e sociale, facilmente progressivo, risultante a carico dell’istituto familiare, dei figli specialmente, per la posizione di contrasto che clero e cattolici sono obbligati a prendere sopra così grave e permanente questione, nei riguardi del Paese”. La legge passò nel 1970 e il referendum abrogativo del 1974 confermò che no, il divorzio non andava cancellato.
6. La fecondazione assistita
Nel 2005, il cardinale Camillo Ruini, allora presidente della CEI, si profuse in sforzi per il fallimento dei referendum abrogativi della legge 40 sulla fecondazione medicalmente assistita e la ricerca scientifica sulle cellule staminali. Invitò esplicitamente i cattolici a non andare alle urne, in modo che il quorum non fosse raggiunto. Poi, raggiunta la sua personale vittoria, disse di essere rimasto molto colpito dalla “maturità del popolo italiano”.
7. Le adozioni per i single
Nel 2011 i tempi in Italia sembravano maturi perché il Parlamento aprisse alle adozioni di minori da parte dei single. La sentenza 3572 della Cassazione esprimeva un parere favorevole sulla materia, invitando il legislatore a intervenire. Subito però si erano alzati gli scudi del Vaticano: il presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia Ennio Antonelli aveva detto che “in linea generale, la priorità è il bene del bambino, che esige un padre e una madre, questa dovrebbe essere la normalità.”
8. I diritti civili per gli omosessuali e le coppie di fatto
Di nuovo il cardinal Ruini si batté fortemente contro il riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali e delle coppie di fatto. Per il porporato, le leggi in materia di uguaglianza avrebbero compromesso “gravemente il valore e le funzioni della famiglia legittima fondata sul matrimonio”. Grande apprensione, dunque, è stata manifestata dalla Chiesa per la legge Cirinnà del 2016, che, con alcuni limiti, parla di unioni civili e non di matrimonio, ma rappresenta un grande passo avanti per l’ordinamento italiano.
9. La liberalizzazione delle droghe leggere
«Il fenomeno dipendenze, per decenni segnalato come emergenza, ormai si presenta quale pandemia dai risvolti molteplici e mutanti, contraddistinto da aspetti talvolta drammatici. In particolare, tale fenomeno si è fortemente diffuso negli ultimi anni soprattutto fra i giovani, per cui non possiamo non esprimere profondo dolore e grande preoccupazione»: questa l’opinione del segretario di Stato Parolin in merito alla liberalizzazione delle droghe leggere e alle discussioni politiche italiane in merito, mettendo nello stesso calderone tutto, dalla cannabis all’ectsasy.
10. Il ddl Zan
Le critiche mosse dalla segreteria di Stato al disegno di legge contro l’omotrasfobia sono, come abbiamo detto, argomentazioni fragili. Innanzitutto perché la giornata contro l’omotransfobia nelle scuole non è obbligatoria. Le varie attività potranno svolgersi o meno, nel rispetto del principio dell’autonomia scolastica che il nostro ordinamento prevede a favore delle scuole private. In secondo luogo, poi, a libertà d’espressione non viene meno, perché si puniscono istigazioni e atti discriminatori e violenti. Non si tratta del reato di “propaganda di idee” previsto dalla legge Mancino. Tra l’altro, è significativo considerare che il 604bis della Legge Mancino sia applicato alle discriminazioni per razza e religione. Il fatto che il ddl Zan voglia estenderlo all’orientamento sessuale, evidentemente, fa imbufalire il Vaticano.
Elisa Ghidini