Fare causa direttamente allo Stato per inadempienza climatica, come libere cittadine e cittadini, gruppi e associazioni preoccupati per l’insufficienza e l’inefficacia dei provvedimenti di azione e contrasto ai cambiamenti climatici e alla crisi ambientale messi in atto dai governi nazionali. È questa la così detta “inversione di processo“, proposta e messa in atto già con successo in diversi contesti europei da Ong e associazioni ambientaliste anche nei confronti di multinazionali, che prevede di citare in giudizio lo Stato chiedendo una radicale inversione di rotta ed una più seria assunzione di responsabilità in campo ambientale.
Questa mattina, 5 giungo 2021, proprio in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente, si è concretizzata la prima iniziativa italiana di questo tipo, promossa dalla ONLUS A Sud all’interno della campagna Giudizio Universale entro cui è promosso il contenzioso climatico. Si tratta della prima causa della storia italiana in cui è la stessa società civile a richiedere e promuovere un’azione legale nei confronti dello Stato, rappresentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. La causa avviata oggi presso il Tribunale Civile di Roma, il cui primo ricorrente è Onlus A Sud, è sostenuta da almeno altri 200 ricorrenti, tra cui 24 associazioni, 162 adulti e 17 minori, che verranno rappresentati dai genitori.
Onlus A Sud e la campagna Giudizio Universale
La Onlus A Sud è una delle tante associazioni ambientaliste indipendenti che si occupano di conflitti ambientali, lottando a fianco dei cittadini in difesa dei territori a rischio e progettando soluzioni e modelli alternativi per la gestione degli spazi urbani e non, all’insegna del rispetto e della tutela dell’ambiente. L’obiettivo centrale di A Sud è quello di costruire ponti di solidarietà tra Nord e Sud del mondo, promuovendo la consapevolezza nella popolazione dello stretto legame tra sfruttamento dell’uomo e dell’ambiente e crisi climatica in ogni parte del mondo.
La portavoce dell’associazione Marica De Pierri, autrice del libro La causa del secolo, ha dichiarato che l’azione legale di oggi “scrive la pagina italiana della storia del movimento globale per la giustizia climatica”. Secondo la Onlus A Sud, le tante mobilitazioni e dichiarazioni pubbliche degli ultimi decenni per il clima non sono state in grado di dare vita a significativi cambiamenti e azioni all’altezza delle sfide imposte dall’emergenza climatica, e la responsabilità di tale fallimento deve essere imputata anche agli Stati.
In questo senso, dunque, la via legale si presenta come uno strumento formidabile per fare pressione sullo Stato. Attraverso la Campagna Giudizio Universale viene portata avanti la lotta legale per ottenere una giustizia climatica, che prevede e richiede: equa protezione dagli impatti climatici tra individui, comunità e Stati; equa distribuzione delle responsabilità dell’emergenza climatica tra i Paesi in virtù del loro contributo storico alle emissioni ed eliminazione immediata delle cause dell’emergenza climatica.
Gli obiettivi della causa contro lo Stato
Gli scopi di questa azione legale sono di portare lo Stato italiano ad un’assunzione di responsabilità rispetto ai danni causati dalla crisi climatica, ad un riconoscimento di inadempienza nel perseguire gli obiettivi di riduzione delle emissioni di Co2 fissati dall’Accordo di Parigi, nonché ad un’ammissione di negligenza nella promozione e messa in atto di provvedimenti di contrasto dei cambiamenti climatici e della crisi ambientale. Tra gli effetti catastrofici dell’inadempienza dello Stato è vi è anche quello di violazione sistematica dei diritti umani: uno degli scopi primari, infatti, è anche il riconoscimento di un diritto umano ad un clima stabile e di un legame generale tra il rischio di violazione dei diritti umani e crisi climatica.
La richiesta specifica presentata dalla mobilitazione è quella di condannare lo Stato italiano a ridurre le emissioni del 92%, rispetto ai dati del 1990, entro il 2030. Secondo quanto riportato in un rapporto di Climate Analysis sui trend di riduzione delle emissioni condotto per conto della Onlus A Sud, seguendo l’attuale scenario delle politiche italiane, entro il 2030 sarebbe stimato un calo delle emissioni del 26% rispetto ai livelli del 1990, una percentuale bassissima e molto inferiore all’obiettivo fissato dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) di ridurre del 36% entro il 2030.
Il dato forse più impattante contenuto nel suddetto rapporto riguarda la grave inadeguatezza delle politiche e delle tecnologie italiane rispetto agli obiettivi di transizione ecologica: l’Italia, infatti, avrebbe il più alto tasso di consumo di gas pianificato per gli anni 2020 e presenterebbe un livello di ambizione tanto basso che se fosse seguito da altri paesi condurrebbe ad un incremento del riscaldamento globale ben oltre i 3 gradi entro la fine del secolo.