Lo stallo elettorale che da mesi teneva banco nello Stato africano si è sciolto e si andrà alle elezioni. Accordo storico, viste le crescenti tensioni interne che il blocco aveva causato.
La Somalia avrà le sue elezioni. La notizia arriva dopo alcune settimane di trattative tra le parti politiche, che nel corso degli ultimi mesi avevano estremizzato le loro posizioni. Le trattative, e il conseguente accordo, non sarebbero state possibili senza il Primo Ministro Mohamed Hussein Roble.
Lo stallo
Avevamo già parlato delle tensioni che si erano scatenate in Somalia a causa dell’inefficienza del presidente uscente Farmajo nell’organizzare le elezioni politiche che avrebbero nominato il suo successore. Nonostante la promessa di elezioni a suffragio universale il presidente non è mai riuscito a mettere in campo una seria discussione con i propri avversari politici, scadendo spesso in accuse anche molto pesanti, di cui non ci è possibile verificare la veridicità.
I nodi principali riguardavano i luoghi in cui svolgere le elezioni, che Farmajo, contrariamente a quanto sottoscritto nell’accordo del 17 settembre, voleva far presidiare da poliziotti e militari considerati fedeli alla sua persona. L’opposizione aveva naturalmente visto il gesto come un tentativo di sabotare il processo elettorale.
Inoltre Farmajo era sembrato quasi paranoico riguardo un’intervento da parte del Governo del Kenya nelle elezioni somale. Questo a causa dei buoni rapporti che il Governo dello stato vicino intraprende con Puntland e Somaliland, due Stati federali particolarmente ostili al presidente.
Il 12 aprile inoltre Farmajo aveva, con l’appoggio della camera, esteso il suo mandato per altri due anni. Le tensioni si erano velocemente acuite e l’attenzione internazionale era cresciuta. Per alcuni giorni la democrazia in Somalia ha vacillato pesantemente. Successivamente, trovatosi con le spalle al muro, il presidente uscente aveva annullato l’estensione, incaricando il Primo Ministro di condurre il paese alle elezioni.
L’accordo
Nel corso della scorsa settimana, giovedì per la precisione, il Primo Ministro ha portato a termine il suo compito. Dopo alcune rimostranze da parte dei vari attori è riuscito a organizzare un incontro, che ha poi portato all’accordo elettorale. Alla riunione erano presenti i cinque leader degli Stati federali, il governatore del Banadir, il presidente uscente Farmajo e i partner internazionali. L’opposizione era rappresentata dall’ex presidente Sharif Sheik Ahmed e Hassan Sheik Mohamud.
L’accordo è una rivisitazione di quello del 17 settembre scorso, che è stato debitamente modificato per favorire l’incontro degli opposti interessi. In ogni caso non si riuscirà a far votare la totalità dei cittadini somali, e il sistema sarà basato sui clan, esattamente come nel precedente compromesso. Si cercherà tuttavia di far votare più rappresentanti rispetto ai 101 per Stato contemplati a settembre 2020.
Roble si è inoltre personalmente caricato della responsabilità di garantire almeno il 30% della rappresentanza femminile tra i votanti. I seggi elettorali saranno piazzati in zone considerate sicure, e saranno presidiati da truppe dell’AMISOM, la missione dell’Unione Africana in Somalia. Anche Puntland e Somaliland hanno sottoscritto l’accordo.
Le elezioni in Somaliland
Proprio nella giornata di oggi inoltre inizieranno le elezioni per eleggere il parlamento in Somaliland. lo Stato secessionista, che si è dichiarato autonomo nel 1991, è ancora in cerca di approvazione da parte della comunità internazionale. Le elezioni saranno comunque basate sul modello dei clan, ma la rappresentanza sarà comunque ampia. Voteranno infatti circa un terzo dei cittadini.
Nonostante le elezioni tanto libere comunque il Somaliland è molto lontano dall’essere uno Stato liberale. Diversi giornalisti ed esponenti politici favorevoli al governo di Mogadiscio hanno affrontato il carcere nel corso degli scorsi anni. Le tensioni tra lo Stato federale e il Governo centrale d’altronde non si sono mai del tutto distese. Nel contesto del meeting di giovedì tuttavia il presidente uscente Muse Bihi Abdi e il Primo Ministro Roble hanno firmato un patto in cui si impegnano a riconciliare gli Stati entro il 2022.
Marzioni Thomas