Sula tavola periodica è indicato con la lettere “H” e si trova in alto a sinistra, essendo il più leggero di tutti gli elementi. Allo stato gassoso è il componente principale delle stelle, che lo usano per le reazioni nucleari. Invece, sulla Terra è molto difficile trovarlo allo stato puro, perché a temperatura ambiente è un gas talmente leggero, da sfuggire alla gravità terrestre. Tuttavia, è abbondante in forma legata, ad esempio nell’acqua (H2O) e nei composti organici.
In un’atmosfera ricca di ossigeno, quale è la nostra, l’idrogeno nella sua forma gassosa (H2) brucia molto facilmente. Infatti, avendo il massimo contenuto di energia per unità di peso (~ tre volte superiore alla benzina), è considerato un ottimo combustibile. Inoltre, è poco inquinante poiché non produce piogge acide, non riduce l’ozono e non genera emissioni pericolose. Quindi, avendo un impatto sull’ambiente particolarmente basso, da anni si stanno valutando tutte le sue potenziali applicazioni come fonte di energia alternativa.
Il problema
L’idrogeno naturale (H2) si ottiene per estrazione dalle sostanze in cui è presente, consumando però molta energia. Per questo motivo, non è in realtà una fonte energetica primaria, ma un “vettore energetico”, ovvero una forma di energia che non si trova direttamente in natura. Purtroppo, sin dagli inizi la produzione di idrogeno ha incontrato numerose problematiche, perché richiede sia un consumo notevole di energia sia la disponibilità di combustibili fossili. A conferma di ciò, il rapporto dell’AIE afferma che, secondo i dati, questa metodologia è responsabile dell’emissione di circa 830 milioni di tonnellate di CO2 nell’aria ogni anno.
Tuttavia, le nuove tecnologie hanno reso disponibili dei sistemi alternativi di produzione, i quali ridurrebbero il problema. Ad esempio, l’uso di fonti rinnovabili e della tecnica di elettrolisi dell’acqua potrebbe essere una soluzione concreta, per raggiungere un impatto zero nella produzione del cosiddetto idrogeno verde. Nonostante i vantaggi ambientali, attualmente i costi sono molto elevati, motivo per cui la comunità scientifica è impegnata soprattutto nel rendere l’idrogeno verde più economico.
Come si produce l’idrogeno?
Ci sono molti modi e ciascuno presenta possibilità e limiti diversi. La produzione da fonti fossili è la più conosciuta nonché problematica per l’ambiente, motivo per cui si parla di “idrogeno grigio”. Tra le principali fonti ci sono:
- Petrolio. Si utilizza il vapore d’acqua alla temperatura di 800°C e un catalizzatore per velocizzare il procedimento (reforming), che libera idrogeno impuro, quindi da purificare, e CO2;
- Metano. Tramite un processo detto cracking, viene rotta la molecola di CH₄, da cui si ottiene idrogeno impuro e carbone;
- Carbone. Con il processo di gassificazione esso reagisce prima con il vapore d’acqua a 900 °C e poi con un altro composto catalizzatore a 500 °C. Il gas risultante è formato da idrogeno e monossido di carbonio, pertanto deve comunque essere purificato.
Contempla diversi processi, i quali però non hanno ancora raggiunto la maturità industriale. Tuttavia, la ricerca sta investendo molto tempo e risorse in questo settore. Alcuni esempi sono:
- pirolisi. In ambiente anaerobico, sfrutta la decomposizione termica (900-1000 °C) per spezzare le molecole complesse delle sostanze organiche in elementi semplici;
- da microrganismi fotosintetici. Producono piccole quantità di idrogeno grazie all’energia solare. A tal proposito, i ricercatori stanno sperimentando tecniche fotobiologiche, che si servono di energia solare abbinata a sistemi biologici (es. alghe, microrganismi e rifiuti organici).
- per fermentazione. Partendo dai “rifiuti umidi” o da acque di scarico, si cerca di ricavare l’idrogeno tramite l’uso di bioreattori anaerobici, nei quali avvengono i processi di fermentazione.
L’elettrolisi
L’idrogeno può essere prodotto dall’acqua scindendo la molecola nei suoi due componenti. Tale risultato si può ottenere da vari processi, ma il più comune è l’elettrolisi. Per la scissione, si utilizza energia elettrica, che, se prodotta sfruttando le fonti rinnovabili, potrebbe rendere la produzione dell’idrogeno estremamente vantaggiosa. Purtroppo, attualmente tale strategia richiede un investimento economico importante e non competitivo sul mercato.
L’idrogeno blu
Secondo alcuni ricercatori, una soluzione per l’ambiente potrebbe essere l’idrogeno blu. Quest’ultimo deriva da fonti fossili, ma gli impianti sono provvisti anche di sistemi di cattura del carbonio alla fine del processo. Tuttavia, non mancano anche in questo caso problemi di sostenibilità ed economici. Infatti, nessun ciclo produttivo potrebbe catturare tutta la CO2 prodotta e, inoltre, i costi di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica sono ancora proibitivi.
L’idrogeno verde
Alla luce dei fatti, l’unica soluzione veramente sostenibile è la produzione di idrogeno verde che, ottenuto dall’elettrolisi dell’acqua sfruttando fonti rinnovabili, potrebbe diventare la soluzione migliore, per accelerare il processo di transizione energetica. Inoltre, offrirebbe un contributo determinante alla decarbonizzazione di molti settori, tra i quali:
- i trasporti a lungo raggio (es. camion, bus e treni);
- le abitazioni (es. riscaldamento);
- industrie, come le raffinerie (es. acciaio) e chimiche (es. ammoniaca e metanolo).
Quindi, è fondamentale rendere l’idrogeno verde più conveniente in termini di costi, portandoli a essere più competitivi sul mercato. Infatti, ad oggi costa tra i 2,5 e i 5,5 euro al chilo, a fronte dei 2 euro di quello blu e di 1,5 euro di quello grigio. Tali valori si basano su un costo medio dell’elettricità tra i 35 e gli 87 euro al megawattora (MWh).
Per riuscire in questo obiettivo, è necessario sia aumentare la produzione di elettrolizzatori sia investire bene i fondi che verranno dedicati a questa realtà. A tal proposito, sarà determinante l’operato di tutti i partecipanti all’International Hydrogen Council e all’European Clean Hydrogen Alliance.
L’idrogeno verde nel mondo
Il maggior produttore al mondo di idrogeno è la Cina, che, con le sue 20 milioni di tonnellate, copre 1/3 dello stoccaggio mondiale. Tuttavia, si serve principalmente dell’idrogeno grigio, poiché i costi di gassificazione del carbone sono estremamente competitivi sul mercato, rispetto all’elettrolisi. Utilizzato già nei trasporti, il piano di sviluppo cinese prevede un incremento della produzione fino a 60 milioni di tonnellate entro il 2050. Di fatto, l’idrogeno rappresenterà il 10% del sistema energetico del paese e interesserà diversi settori commerciali.
La Corea del Sud punta invece sul mercato automobilistico. Infatti, il Governo vorrebbe portare il numero di auto alimentate a idrogeno da 2.000 (2018) a 6,2 milioni (2040), diventandone il primo produttore già dal 2030. Inoltre, non trascura il traposto pubblico e commerciale, avendo l’obiettivo di introdurre 40 mila autobus e 30 mila autocarri, oltre alla produzione di navi e treni.
Il primo paese a credere nell’idrogeno è stato il Giappone che, ora punta a un nuovo ambizioso primato: strutturare una serie di rotte commerciali internazionali per trasportare l’idrogeno dall’Oceania e dal Brunei.
In ultimo, l’Australia ha stanziato un’ingente quantità di finanziamenti per sviluppare questo settore. Si parla di circa 300 milioni di dollari amministrati dalla Clean Energy Finance Corporation, per la produzione di idrogeno tramite l’elettrolisi.
L’idrogeno verde e l’Europa
Il vicepresidente esecutivo per il Green Deal, Frans Timmermans, ha definito l’idrogeno una delle “energie del futuro”, che giocherà un ruolo cruciale nella transizione verso la completa decarbonizzazione dell’Europa. Infatti, l‘Unione Europea ha già progettato una strategia operativa, per arrivare a emissione zero di carbonio entro il 2050. Il piano prevede di incrementare la produzione dal 2% al 14% in circa 30 anni, suddividendo il processo in tre fasi:
- l’installazione di 6 gigawatt di elettrolizzatori per produrre 1 milione di tonnellate di idrogeno verde, entro il 2024;
- entro il 2030 ricavare almeno 40 gigawatt di elettrolizzatori e 10 milioni di tonnellate di idrogeno green;
- arrivare a investire nel 2050 un quarto di energia rinnovabile nel produrre idrogeno verde da utilizzare su larga scala.
Tuttavia, secondo il CNR, raggiungere questi numeri è piuttosto improbabile, ma ciò non deve scoraggiare e/o limitare gli investimenti di tempo e risorse nella sperimentazione. Attualmente i due paesi più propensi a investire nell’idrogeno sono Germania e Francia, ma, secondo diversi studi, l’idrogeno porterà importanti vantaggi socio-economici e ambientali a tanti paesi in futuro. Infatti, se l’impegno da parte di tutta l’Europa sarà concreto, “l’idrogeno verde potrebbe coprire entro il 2050 fino al 24% della domanda finale di energia e creare 5,4 milioni di posti di lavoro”. Inoltre, contribuirebbe alla riduzione totale di 560 milioni di tonnellate di CO2.
Una nazione che non può controllare le sue fonti di energia non può controllare il suo futuro.