Per essere più precisi, nell’800 prendono piede le unioni ufficiali dettate da un sentimento come l’amore, e non da una convenienza economica
In Età moderna – e con strascichi in quella contemporanea – c’era poco spazio per l’amore romantico: due giovani si sposavano per accontentare le mire economiche dei propri genitori, che avevano trovato nell’unione delle due famiglie di origine un modo per incrementare la propria ricchezza. L’amore era un’altra cosa, ci si poteva prendere una sbandata e si poteva tradire. O, al massimo, finire in un matrimonio riparatore.
Invece, nell’800, assistiamo a una rivincita dell’amore per l’amore su quello per il denaro, e lo possiamo dire con certezza grazie alla grande quantità di lettere private che testimoniano questa dinamica: giovani donne che raccontano degli incontri di conoscenza con uomini facoltosi, che poi si ribellano alla volontà del padre; giovani coppie che non riescono ad attendere il momento in cui si uniranno, e potranno finalmente vivere la vita che avevano sempre sognato.
Da queste lettere trapelano dettagli che non lasciano dubbi circa la natura del rapporto amoroso: assolutamente carnale ed erotico. Se quello che inizia a essere concepito come vero amore travolge con tutta la sua passione, sorge spontaneo chiedersi: come coniugare una prospettiva simile, in un secolo in cui il senso del pudore gravava considerevolmente sul genere femminile?
Le donne erano libere di vivere un amore romantico, in un secolo in cui la loro “inaccessibilità” veicolava quella, addirittura, della Nazione intera?
L’800 è stato un secolo di grandi cambiamenti: oltre a un principio di liberalizzazione dell’amore, nasce la Nazione così come siamo abituati a pensarla oggi, o quasi: nell’aria si respira fervore patriottico, in Italia migliaia di volontari si arruolano per le guerre di Indipendenza, il simbolo della Francia post-rivoluzionaria era una donna, Marianne. E sebbene le battaglie fossero combattute dagli uomini, anche le donne avevano un ruolo fondamentale: generare i figli della patria, che in futuro sarebbero stati cittadini della Nazione e combattenti.
La centralità del corpo della donna era assoluta: da un lato doveva generare cittadini e soldati valorosi, dall’altro doveva essere protetto dalle minacce dei soldati stranieri. Violare l’onore delle donne di una Nazione equivaleva a violare l’onore della Nazione stessa, e così l’integrità fisica andava preservata.
E così assistiamo a questa grande contraddizione, che è solo una delle falle della retorica nazional-patriottica che pervade il XIX secolo, e che verrà riproposta nel secolo dei totalitarismi con innovazioni, come l’introduzione – da parte degli stessi Hitler e Mussolini – di sussidi extra per le famiglie molto numerose.
Francesca Santoro