Di nuovo tensioni intorno alla questione del nucleare in Iran. Di nuovo Russia e America in conflitto sul confine ucraino. Un salto nel passato non richiesto, e che potrebbe portare a conseguenze gravissime
La storia del nucleare in Iran è lunga e tortuosa. Diversi gli accordi stipulati negli anni, come diversi sono i partner in questi trattati. la maggior parte dei trattati sono tuttavia falliti, e la questione del nucleare iraniano continua a tenere banco.
Breve storia dell’energia nucleare in Iran
L’idea di portare l’energia nucleare in Iran risale già ai lontani anni cinquanta. In quel periodo si erano infatti avviati trattati con Stati Uniti, Francia e Germania, per poter avere materiale nucleare. Purtroppo alla fine degli anni settanta la rivoluzione iraniana taglia i ponti con l’occidente, e la guerra con l’Iraq danneggia l’impianto in costruzione.
L’impianto resterà danneggiato fin quando la Russia, nel 1995, non si impegnerà ad aiutare la piccola nazione ad avere il proprio nucleare. Tuttavia nel 2002 il Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana annuncerà di aver avviato a Natanz uno stabilimento atto all’arricchimento dell’uranio.
Tale notizia naturalmente preoccuperà non poco gli Stati di tutto il mondo, e il P5+1, formato, tra gli altri, da Russia e Stati Uniti, proporrà delle sanzioni. L’Iran non prenderà bene tale gesto e aumenterà l’arricchimento di uranio, aprendo un secondo impianto. Nel 2010 il reattore di Bushehr, sede del progetto già dagli anni cinquanta, entra in funzione.
Nel 2015 Iran e P5+1 firmano un accordo in cui lo Stato situato sul golfo persico si impegna a rispettare determinate restrizioni di produzione, ottenendo in cambio la sospensione delle sanzioni economiche imposte da Stati Uniti e Unione Europea. Tuttavia nel 2018 si innesca un’escalation preoccupante, ad opera del solito Donald J. Trump.
Il presidente statunitense ritira la nazione dall’accordo del 2015, sostenendo la pericolosità dell’Iran in diverse azioni militari condotte nella regione. Rinnova poi le sanzioni nei confronti dello Stato islamico. Mette in atto anche delle sanzioni esterne, minacciando chiunque commerciasse con l’Iran di estromissione dai mercati americani. Il 5 gennaio 2020 gli Stati Uniti fanno uccidere Qasem Soleimani.
Le recenti tensioni
Joe Biden tenterà di rimediare ai problemi causati dal suo predecessore, cercando di rientrare nell’accordo. I negoziati si avviano, ma l’attacco in Siria del 25 febbraio convince l’Iran a ritirarsi. Nel raid aereo erano infatti morti ben ventidue miliziani filo-iraniani. Ad inizio aprile tuttavia le trattative iniziano a riaprirsi.
Il nodo cruciale gira intorno all’arricchimento dell’uranio. Secondo il trattato del 2015 infatti l’Iran potrebbe arricchire l’uranio soltanto fino al 3,67%. Tuttavia dopo le sanzioni statunitensi lo Stato islamico ha portato l’arricchimento dell’uranio fino al 5%, poiché l’accordo prevedeva l’alleggerimento delle restrizioni in caso di violazione di uno degli altri Stati firmatari.
La scorsa domenica tuttavia la centrale di Natanz ha subito un attacco, dalla natura ancora sconosciuta. L’Iran non ha tardato ad incolpare Israele per questo atto di “terrorismo nucleare”. La matrice israeliana comunque sembra essere confermata da diversi media della zona. Ciò ha naturalmente causato il raffreddamento delle trattative con gli Stati Uniti, e potrebbe avere conseguenze ancora maggiori.
E’ notizia di ieri infatti che l’Iran avrebbe iniziato ad arricchire l’uranio al 60%. La percentuale preoccupa non poco gli esperti, e lo scenario non è di certo dei più rassicuranti, considerando che per produrre la bomba atomica serve uranio arricchito al 90%. Francia, Germania e Gran Bretagna hanno già annunciato la loro preoccupazione.
Lunedì l’UE ha esteso le sanzioni all’Iran fino al 13 aprile 2022, scatenando l’ira del ministro degli esteri Mohammad Javad Zarif, che ha minacciato di far cadere l’accordo sul nucleare. Il ministro degli esteri russo, Sergey Lavrov, ha consigliato all’UE di ritirare le sanzioni, schierandosi dalla parte dell’Iran.
Contestualizziamo
Naturalmente l’affermazione del ministro russo non è casuale, e si inserisce in un contesto più ampio di tensioni. Non vi sarà infatti nuova la notizia della pesante escalation di tensioni tra Russia e Stati Uniti sul confine ucraino. Mosca ha schierato diverse truppe, e le navi statunitensi sono già sul posto.
Se vogliamo vedere il quadro completo potrebbe acquistare particolare importanza anche il cosiddetto sofa-gate. E’ infatti risaputo il rapporto di “amicizia” che lega la Turchia e la Russia. Le due nazioni hanno infatti collaborato in diverse zone del medio oriente. Entrambe inoltre hanno rapporti tesi con l’Unione Europea.
Il sofa-gate , che ha acuito le tensioni tra UE e Turchia, potrebbe quindi acquistare importanza, in un contesto globale sempre più teso che ricorda spaventosamente la guerra fredda. Nel mentre in Italia, dopo le parole del premier Draghi, sicuramente non concilianti, il presidente Mattarella sottolinea l’importanza della nostra collaborazione con gli Stati Uniti.
Marzioni Thomas