Il sindaco di Londra, Sadiq Khan, ha dichiarato di voler porre attenzione sul problema della depenalizzazione della cannabis. La notizia, annunciata nel quadro di una campagna elettorale, ha una rilevanza non scontata
Il 6 maggio Londra andrà alle urne per nominare il nuovo primo cittadino. I candidati sono molti, e tra questi c’è di nuovo il nome di Sadiq Khan, l’attuale sindaco. Il politico attualmente in carica nel corso della sua campagna elettorale ha annunciato che, in caso di rielezione, attiverebbe una commissione speciale per valutare la depenalizzazione della marijuana.
La proposta di Khan
La proposta naturalmente non nasce nel vuoto, ma segue una campagna che da anni chiede, in tutto il mondo, la legalizzazione di tale sostanza. Tale campagna ha portato persino l’Oms a dichiarare la marijuana “droga non pericolosa”. Questo tipo di “droga leggera” è sostanzialmente legale in otto stati nel mondo, di cui cinque negli Stati Uniti. E’ poi depenalizzata in diversi stati, tra cui, in parte, l’Italia, dove è si va incontro a sanzioni amministrative fino a cinque grammi di sostanza.
Naturalmente il sindaco non può legalizzare una sostanza a livello nazionale, e non pretende neanche di farlo. Ciò che il primo cittadino ha dichiarato è di voler attivare un centro di osservazione, per capire se la legalizzazione di tale sostanza possa giovare o meno alla nazione. L’analisi passerà anche attraverso lo studio di stati in cui la marijuana è già legale, analizzando l’impatto di tale azione sull’economia e sulla criminalità.
Il sindaco crede infatti che ci sia bisogna di arginare il mercato della droga, sia da un punto di vista di salute e sicurezza per la comunità, sia per togliere soldi dalle tasche delle associazioni mafiose, spesso violente, che gestiscono tale mercato. Il commercio di droga sembra infatti muovere ben diciannove miliardi di sterline nel Regno Unito, che genererebbero, in media, un miliardo di sterline nelle casse statali attraverso le tasse.
Sadiq Khan ha inoltre espresso preoccupazione per le migliaia di giovani che ogni anno sono vittime di sanzioni per possesso di sostanze stupefacenti. Spesso questi ragazzi non hanno altre colpe che utilizzare marijuana per scopo ricreativo. Solo lo scorso anno ben quarantuno mila persone circa hanno subito condanne per reati legati alle droghe.
Il centro di ricerca sarà presenziato da esperti in vari settori, dalla criminalità alla salute, fino ad alcuni esponenti politici. La produzione di dati sarà atta a fornire evidenze al Governo, dando modo di decidere sulla base di studi. Saranno presi in considerazione diversi casi, valutando l’impatto e portando avanti stime riguardo il Regno Unito.
E in Italia?
In Italia tutto tace, e stando ai mass media a nessuno importa di tale battaglia. Naturalmente ciò non è veritiero, e ci sono diverse associazioni che portano avanti una lotta in questa direzione. Purtroppo ciò non fa notizia, e i ragazzi impegnati in battaglie di questo tipo faticano a trovare rappresentanza, tanto tra i media quanto in politica.
E’ il caso del Manifesto Collettivo, una proposta di legge apartitica portata avanti da diverse associazioni riguardo la liberalizzazione della cannabis. Per quanto l’animo conservatore del bel paese possa farvi pensare a questi ragazzi come ad un ristretto numero di drogati che chiedono diritti, in realtà l’Italia è tra i paesi che consumano più marijuana nell’Unione Europea. Il primato di questa speciale classifica è stato per molto tempo in mano alla nostra nazione.
D’altronde il Manifesto è stato firmato da più di centomila persone, ed è attualmente depositato al Senato, in attesa di discussione. La proposta di legge è lì dal 24 settembre 2019, e difficilmente verrà trattata se l’opinione pubblica continua a disinteressarsi di ciò. Una legge è fondamentale non solo per contrastare le mafie e portare soldi nelle casse dello stato (creando contestualmente migliaia di posti di lavoro), ma per regolamentare un settore ancora avvolto dal mistero.
Se infatti, come accennato in precedenza, è possibile portare fino a cinque grammi di sostanza senza essere sanzionati legalmente, è anche vero che la coltivazione in casa è proibita in ogni caso. Ciò pone un problema sostanziale sull’origine della sostanza. Se infatti è permesso possedere un certo quantitativo di sostanza, ma non è permesso coltivarla, lo Stato spinge i consumatori nelle mani delle mafie.
La proposta del sindaco londinese è quindi molto intelligente per iniziare un dibattito pubblico, basato sui fatti. E’ inutile, come spesso avviene in Italia, parlare di marijuana se si posseggono conoscenze limitate e nebulose. Il nostro paese non ha bisogno di politici ripetislogan, come “la droga è morte”, ma di un dibattito basato su dati, proprio come quello che sta cercando di portare avati Sadiq Khan.
Marzioni Thomas