Nel nuovo decreto Sostegni del governo Draghi c’è spazio per un condono che fa discutere, ma qual è il messaggio che arriva alla nazione?
Il decreto
Cambia il direttore e (quasi) tutta l’orchestra, la musica no: il 23 marzo 2021 è entrato in vigore il nuovo Decreto Sostegni emanato dal governo Draghi. Nel testo, contenente aiuti a supporto del sistema economico per un ammontare di circa 32 miliardi di euro, è presente un nuovo condono fiscale. Sono cancellate le cartelle esattoriali datate tra il 2000 e il 2010 fino alla cifra di 5.000 euro lordi. Il tutto per redditi (al 2019), inferiori a 30.000 euro.
La conclusione è arrivata dopo una tortuosa mediazione tra le parti, figlia delle necessità dettate da una maggioranza enorme. Numeri troppo poco rilevanti per le destre, che spingevano per un tetto massimo più alto e per un arco temporale più ampio, con Salvini che invoca una futura cancellazione del 90% delle cartelle totali e Tajani che avrebbe preferito un condono “più consistente”.
Queste misure rappresentano probabilmente un valido aiuto per tanti soggetti in difficoltà, ma nonostante, come sostiene il premier, si parli di “multe di oltre dieci anni fa”, il messaggio ai piccoli evasori rimane velato ma chiaro: non pagate e aspettate il prossimo condono. Un messaggio che non potremmo in alcun modo definire una novità.
Una pratica poco originale
Come riporta Truenumbers, “in Italia dal 1961 a oggi c’è stato un condono fiscale ogni due anni” spesso anche mascherato con nomi come “scudo fiscale” o “pace fiscale”.
Oltre ai pro e i contro a livello economico, che qui non discuteremo, è stato il vizio di tanti governi per aumentare i consensi e, potremmo dire, trasformare in voti delle cartelle ormai inesigibili. Quei voti dei piccoli evasori, che incarnano le masse e quindi gli elettori, ma anche i responsabili di buona parte dei crediti insoluti dello stato.
Un “piccolo” dettaglio che si evidenzia nell’allegato al decreto è quello che in realtà buona parte delle cartelle condonate non siano in realtà crediti insolvibili. Come riporta QuiFinanza, circa 450 dei 666 milioni di euro che interessano il condono hanno un’aspettativa di riscossione. Un vero e proprio premio agli evasori dunque, non il primo e probabilmente neanche l’ultimo. L’accesso frequente e costante al condono è un’abitudine che sottolinea l’inefficienza nel funzionamento della macchina statale. A lungo andare, questa pratica ha verosimilmente la caratteristica di diventare un disincentivo ad adempiere gli obblighi da parte dei contribuenti.
Tuttavia, la conferenza stampa di Draghi non ha nascosto che questo condono sia frutto di un fallimento dello Stato, annunciando una “piccola riforma del sistema di riscossione”, garantendo in seguito che “lo stralcio aiuterà a perseguire la lotta all’evasione in modo più efficiente”.
Un problema anche “antropologico”
Bene, dunque, che almeno a parole il condono sia seguito da un riconoscimento degli errori fatti e della necessità di una riforma fiscale. Ma è davvero solo burocratico, il problema?
La logica dello Stato-nemico e delle tasse come demone da combattere è frutto di una conoscenza fin troppo superficiale dell’argomento, fin dalle prime fasi dell’educazione. Pagare le tasse, nel sentire comune, è fuori dalla logica di un’azione fruttifera e produttiva. Forse non interamente per colpa dei contribuenti.
Chi tra il 2000 e il 2010 si è privato di qualcosa per senso civico e dello Stato sembra in questo contesto quasi doversi vergognare. Per loro non resta che incassare il solito colpo, aspettando e sperando il cambiamento delle logiche di funzionamento di uno stato da curare.
Fino ad ora il governo Draghi, tra mediazioni e contentini politici, sta dimostrando di non voler intraprendere un taglio netto col passato. L’obiettivo sembra quello di tenere in piedi la maggioranza, conciliando le forze sovraniste e progressiste, dando medaglie da sfruttare con gli elettori a destra e a sinistra. Forse sì, il direttore è cambiato, ma è evidente che l’orchestra sia sempre la stessa, e che probabilmente dopo il condono di Draghi a molti andrà anche bene così.
Emanuele Di Casola
Questo paese ha una pressione fiscale assolutamente sensata e indecente, condivido che con l’attuale sistema all’italiana gli onesti sono vessati (e spesso non ce la fanno e chiudono) e chi se la rischia a non pagare sopravvive. Ma non si può prima combattere l’evasione e poi abbassare le tasse perché significherebbe ammazzare tutto il sistema delle micro, piccole e medie imprese, le cose vanno fatte contemporaneamente, abbassi sensibilmente l’indecente carico fiscale (in Italia se non evadi dai allo stato più del 50% ed è assurdo, io lavoro e tu sei il socio di maggioranza?) e nel momento in cui le tasse diventano ragionevoli stanghi chi si ostina a fare il furbo.