Si sono da poco concluse le ultime indagini sull’omicidio di Denis Bergamini, dopo 31 anni di false piste e omertà. A processo l’ex fidanzata, accusata della morte del calciatore del Cosenza, di cui avrebbe poi inscenato il suicidio.
Secondo i magistrati non ci sarebbero più dubbi: Denis Bergamini non è morto suicida. Dopo oltre 30 anni, 3 inchieste e numerosi sospetti di depistaggio, la versione fornita dall’ex fidanzata del calciatore del Cosenza cade definitivamente; la donna, ormai 51enne, è ora chiamata a processo con l’accusa di concorso in omicidio.
La tesi del suicidio, accettata per decenni dalle autorità giudiziarie, aveva fin da subito lasciato increduli non solo i familiari di Bergamini, ma anche i tanti affezionati tifosi, legatissimi a quel giovane centrocampista di origini emiliane. Grazie agli sforzi di Denis e dei suoi compagni, il Cosenza era riuscito nella stagione dell’87-’88 a raggiungere, dopo un quarto di secolo, la promozione in serie B ; il club puntava ora alla serie A, e Bergamini era tra i nomi di punta del progetto. Un calciatore di cuore, così lo descrivono amici e compagni: sempre al servizio della squadra, sempre cordiale e disponibile con i tifosi.
Fino alla tragica notizia: il 18 novembre 1989 Denis viene ritrovato morto lungo la statale 106 Jonica. La ex fidanzata Isabella Internò non ha dubbi: davanti ai suoi occhi, Denis si sarebbe lanciato sotto le ruote di un camion di passaggio. Eppure la versione della donna presenta numerose incongruenze. L’intera vicenda investigativa, d’altronde, lasciò molto a desiderare: oggi si parla di depistaggi, leggerezze, errori di valutazione, che fecero naufragare le prime due indagini aperte sul caso.
La famiglia non si arrende: nel 2017 si apre così la terza inchiesta. Un iter che si è appena concluso, confermando i sospetti che aleggiavano da anni: Bergamini è morto assassinato. Un omicidio premeditato, realizzato forse da Isabella Internò con la complicità dei genitori, e aggravato, secondo gli inquirenti, dai futili motivi: la gelosia e la possessività della ragazza. “Avrebbe preferito vederlo morto piuttosto che saperlo con un’altra”: queste le agghiaccianti conclusioni degli investigatori.
L’omicidio di Bergamini, tra depistaggi e misteri
Sarà ora il processo a stabilire le responsabilità della donna. Ma molti punti di questa lunga storia rimangono ancora nell’ombra. Come è possibile, infatti, che durante le prime indagini non siano emersi tutti gli aspetti contradditori della ricostruzione fornita da Isabella Internò? Stando alle prime testimonianze, Denis sarebbe stato travolto dall’autocarro e trascinato per oltre 60 metri: eppure, le sue scarpe erano integre, l’orologio perfettamente funzionante. Appresa la notizia, il padre chiese di riavere i vestiti di Denis, ma questi erano già scomparsi: mandati all’inceneritore, stando al personale medico, con una fretta che appare inspiegabile.
I medici sconsigliarono ai familiari di richiedere l’autopsia. Eppure simili accertamenti avrebbero potuto confermare fin da subito ciò che oggi, dopo oltre 30 anni, appare evidente: Denis era già morto prima di finire sotto le ruote dell’autocarro. Tramortito, narcotizzato e soffocato in una piazzola di sosta, probabilmente per mano di alcuni complici della stessa Internò; per poi essere abbandonato sulla strada, in modo da finire travolto dai mezzi di passaggio. Le indagini attuali scagionano l’autista del camion e il nuovo marito dell’imputata, un poliziotto, accusati in passato di averne sostenuto la copertura: su di loro non ci sarebbero prove sufficienti per procedere.
Atteggiamenti persecutori
I sospetti si addensano tuttavia sulla famiglia dell’imputata. Secondo gli inquirenti, il disegno omicida sarebbe stato concordato e progettato da Isabella Internò con la collaborazione dei genitori. Denis Bergamini era colpevole di aver compromesso l’onore della figlia, per poi lasciarla; storie di un passato che ci sembra lontano, ma che è in realtà solo a un passo di distanza da noi. Donata Bergamini, sorella di Denis, racconta che negli ultimi mesi la ragazza aveva assunto atteggiamenti persecutori nei confronti del calciatore. Lo seguiva, lo spiava, si rifiutava di accettare la fine di quella relazione, che sarebbe stata proprio la sua gelosia a rendere insostenibile.
Ci si chiede ora se il processo potrà far luce sugli aspetti complessivi della vicenda, che chiamano in causa non solo esecutori e mandanti dell’aggressione, ma anche l’inadeguatezza delle indagini precedenti. Cosa avrebbe spinto le autorità a sostenere immediatamente la versione del suicidio, senza disporre maggiori accertamenti?
Le stranezze di un “caso italiano”
Le stranezze non finiscono qui. Non sono mancati infatti anche i sospetti sulla fine di due magazzinieri del Cosenza, Mimmolino Corrente e Alfredo Rende, morti in un incidente sulla stessa statale 106, a pochi mesi di distanza dal ritrovamento di Bergamini. Secondo le ricostruzioni del giornalista ed ex calciatore Carlo Petrini, i due uomini avevano cercato di restituire alla famiglia Bergamini gli abiti del figlio, che avrebbero potuto smentire la tesi dell’investimento. Petrini riconduce questi elementi a un presunto giro di partite truccate, di cui Bergamini sarebbe venuto a conoscenza, e che ne avrebbero decretato la condanna a morte. Una pista che avrebbe spiegato il lunghissimo insabbiamento dell’omicidio Bergamini, ma che oggi, dopo le ultime rivelazioni degli inquirenti, non sembra più percorribile.
Inquietanti anche le dinamiche che portarono allo scioglimento del cosiddetto “gruppo zeta”, la task force dell’Arma dei Carabinieri che nel 2013 stava indagando con profitto sull’omicidio di Bergamini; dopo aver accusato un collega di rapporti con la ‘ndrangheta, i membri della squadra furono frettolosamente trasferiti. Fu così che, a causa di un’altra debolezza tutta italiana, le indagini finirono di nuovo per arenarsi.
Nonostante i fascicoli prodotti dal gruppo zeta confermassero ormai la tesi dell’omicidio, infatti, il procedimento fu nuovamente archiviato. Fino al 2017, quando l’intervento del procuratore di Castrovillare Eugenio Facciola rese possibile la riapertura del caso e la riesumazione del corpo, che darà la conferma finale ai sospetti della famiglia Bergamini.
Oltre al dolore resta ora il rimpianto per il tempo perduto. Domizio Bergamini, il padre di Denis, è infatti morto l’anno scorso; senza aver il tempo di scoprire la verità sulla morte del figlio. Non sono bastati 30 anni per permettergli di avere giustizia.
Elena Brizio