Shamsia Hassani è la street artist che colora le macerie di Kabul con i suoi graffiti. Si dà solo 15 minuti per completare un’opera, altrimenti deve andar via o lasciarla incompleta: troppo alto il rischio di essere aggredita o restare vittima di una bomba. Fioriscono colore e bellezza anche in mezzo alla guerra, alle lacrime e alla paura. “Forse un giorno potrò rendere l’Afghanistan famoso per l’arte, e non per la guerra”. Nata da profughi iraniani, Shamsia è cresciuta a Kabul e ha disegnato la sua vita nei confini ristretti tracciati dalle guerre e dal patriarcato. Docente presso l’università di belle arti della capitale, non ha mai lasciato la città, dedicandosi ad attività coinvolgenti. Come l’araba fenice, vuole far risorgere la società afghana dalle ceneri e ridisegnare un ruolo attivo delle donne.
La rovina del nascere donna in Afghanistan
Nel 2013 l’Afghanistan è stato stimato il luogo più pericoloso al mondo in cui una donna possa nascere. Nel 2017 il Paese contava il maggiore indice di povertà del mondo. La mortalità infantile è ad un rapporto di 1 su 11. Solo il 15% delle donne è in grado di leggere e scrivere. 9 donne su 10 sono vittime di violenza domestica e matrimoni forzati. Le loro condizioni economiche, i diritti alle cure mediche e ad un’istruzione sono severamente ristretti. Ancora oggi le sono considerate proprietà degli uomini e perfino camminare in strada da sole è un rischio punibile. Ma Shamsia non ha paura e non si è mai adattata agli spazi ristretti assegnati alle donne dalla società afghana. Così fornisce una chiave di lettura alternativa attraverso i suoi graffiti, che hanno sempre come soggetto una donna, tanto comune quanto riconoscibile.
Shamsia Hassani: una donna può farlo
Shamsia utilizza i muri come tele. Al centro vi è sempre la sagoma di una donna, che a volte è educatrice, altre volte musicista, altre ancora è semplicemente libera di sognare tra il rumore dei suoi pensieri. È sempre sola, anche se incastrata in edifici devastati dalle bombe, anche quando è ritratta in situazioni difficili. Ma rimane forte e salda. “Le persone devono vedere che lei è una donna, e io sono una donna. Se lei può fare una cosa, posso farla anch’io”. È la voce di Shaima e di tutte le donne afghane ad arrivare dritta agli occhi di tutti. Colpisce l’occhio e distrugge i preconcetti della gente.
L’arte, arma della resistenza umana contro l’odio
Shamsia è animata dal desiderio di condivisione. Vuole far fiorire innovazione e idee attraverso la sua arte. Crede che l’Afghanistan sia il Paese più bisognoso d’arte, proprio perché i suoi abitanti non hanno la possibilità di frequentare musei e mostre culturali. I suoi graffiti diventano strumento per creare una coscienza femminile, nonostante le accuse di voler andare contro la tradizione iconoclasta e i più sacri costumi culturali. In un’intervista, l’artista precisa di non voler minacciare l’Islam. Per lei la libertà non è togliere il burqa, ma avere pace. Una donna è in pace quando sa di avere eguali diritti, accesso all’educazione, poter prendere decisioni. Si rammarica del fatto che molti connazionali colti abbiano lasciato il Paese. Shamsia ha scelto la strada più accidentata: quella di restare. L’arte è un modo amichevole per lottare contro ogni tipo di problema e far rinascere il proprio Paese. Per questo continua a organizzare mostre, seminari, workshop ed incontri. Condivisione, amore, speranza e bellezza sono le più potenti e indistruttibili armi della resistenza umana alla guerra contro odio e intolleranza.
Elena Marullo