Un’opera ancora sconosciuta ci rivela le vere origini della novella. In quanti conoscono il Novellino? Testo antichissimo e sconosciuto ai più, il Novellino vive nell’ombra del più famoso Decameron ed è in realtà la prima raccolta di novelle in volgare della letteratura italiana.
Parlando della novella, genere letterario “delizia e diletto dell’arte narrativa”, il pensiero si rivolge subito al Decameron, il capolavoro trecentesco di Giovanni Boccaccio. L’opera, una raccolta di 100 novelle di 10 giovani narrate in 10 giorni, rappresenta certamente un caposaldo per la nostra letteratura ed è abitualmente considerata il punto di riferimento per il genere novellistico.
Il modello della narrazione breve si presenta a una svolta per le straordinarie novità introdotte nel testo. Per la prima volta l’autore sceglie lo strumento della prosa in volgare per avvicinare i lettori di una nuova classe sociale in ascesa, il ceto borghese.
La prima raccolta di novelle in volgare della letteratura italiana
Ma a differenza di quanto in molti possono pensare non è il Decameron la prima raccolta di novelle in volgare conosciuta. Giovanni Boccaccio si è certamente ispirato ai grandi modelli della tradizione classica. L’autore riprende i temi cavallereschi medievali, in maniera particolare gli exempla, gli aneddoti emblematici delle vite dei santi riproposti con funzione didascalica. Oltre ad exempla, lai e fabliaux, (composizioni brevi comiche o amorose), Boccaccio non può aver tralasciato la prima raccolta di novelle della letteratura italiana.
Un testo più antico del Decameron
Il vero capostipite del genere è infatti il Novellino, un’opera ancor più antica del Decameron, risalente agli ultimi decenni del duecento. È dunque un testo anonimo, il “libro di novelle e del bel parlar gientile” ad aver inaugurato uno dei generi letterari di maggior successo, rivendicato anche in epoche successive attraverso i capolavori di Verga e Pirandello. Il testo originario, composto a fine duecento, e denominato dagli studiosi “Ur – Novellino”, conteneva 85 novelle. L’opera resta nell’ombra fino al cinquecento, secolo in cui fu riscoperta e portata agli onori della cronaca. Dobbiamo aspettare infatti il XVI secolo per avere la prima edizione a stampa nell’attuale versione di 100 novelle. Fu Pietro Bembo, noto cardinale e letterato rinascimentale, a curare la prima pubblicazione del manoscritto con una “redazione vulgata” del 1523 dal titolo “Le ciento novelle antiche” stampata dall’amico Carlo Gualteruzzi.
Il misterioso autore del Novellino
Piuttosto controversa e dibattuta ancora oggi è la questione relativa all’autore originario. L’attribuzione tendenzialmente indica un solo autore, ma esistono ipotesi accreditate che individuano numerosi interventi di singoli copisti. Attraverso inserimenti, tagli e riposizionamenti i copisti hanno dato vita a un collage di materiale ricomposto in versione definitiva dal compilatore unico che ha scritto il proemio. Nonostante i pochi dati disponibili, è possibile tratteggiare un profilo dell’autore – compilatore: fiorentino, ghibellino, laico, attivo in un periodo compreso fra 1281 e 1300.
Il Novellino: miscela di argomenti, riferimenti, luoghi e protagonisti
Le parole stesse del proemio ci introducono alla materia trattata dal testo.
“Questo libro tratta d’alquanti fiori di parlare, di belle cortesie e di be’ risposi e di belle valentie e doni, secondo che per lo tempo passato hanno fatto molti valenti uomini.”
La maggior parte delle storie narrate nel Novellino non è frutto di invenzione originale dell’autore. Si tratta di una raccolta di episodi, testi ed antiche leggende ricavati dal mondo antico e intrecciati al contemporaneo. La materia tratta dalla tradizione cavalleresca, dalla mitologia greco – romana, dal ciclo bretone e dalla tradizione biblica, viene rielaborata in connessione con la storia più recente. Avviene così che le imprese e le peripezie di Alessandro Magno, Narciso, Lancillotto e Re Artù, si mescolino ad aneddoti che raccontano la vita dell’imperatore Federico II o di Carlo d’Angiò.
Il Novellino, un’opera profana dedicata a una nuovo pubblico
Al di là delle innovazioni stilistiche, è certamente nel carattere profano dei frammenti di vita narrati che va ricercata la vera novità introdotta dall’opera. Le novelle raccontano infatti aneddoti divertenti, episodi brevi, trovate ingegnose, beffe. La tradizione dell’exempla viene smitizzata e umanizzata al fine di raggiungere un pubblico di lettori ancora più ampio di quanto suggeriscano le dichiarazioni dell’autore. L’autore si rivolge a “i cuori gentili e nobili in fra li altri”, ma sarebbe erroneo pensare a una destinazione elitaria del manoscritto. A chiarirci le idee è la stessa scelta stilistica della novella – il volgare in prosa – che intende rivolgersi a un pubblico più esteso ed eterogeneo di quello della lirica stilnovistica. L’intento dell’autore è intrattenere i lettori del ceto medio senza necessariamente indottrinare o fornire norme di comportamento. Si tracciano così le linee guida del grande capolavoro di Boccaccio.
L’intera storia del genere umano
Il Novellino ripercorre l’intera storia del genere umano, e la sconfinata dilatazione temporale – dal passato al presente – si associa ad un analogo dilatamento geografico. Le vicende narrate si ambientano infatti in tutti i luoghi allora conosciuti, da Firenze – presunto luogo natale dell’autore – alla Provenza, dall’India all’Egitto. È proprio questa miscela di argomenti, riferimenti, luoghi e protagonisti, disposti in maniera consapevolmente casuale, a fare del Novellino un’opera estremamente innovativa. Un’opera dedicata al puro diletto di una nuova classe sociale, che trova nella immediatezza e nell’umanità le sue cifre stilistiche più originali.
Serena Oliveri