Nonostante le disposizioni dell’AIFA, in molte regioni i farmaci per la transizione di genere non sono ancora gratuiti. Un’Italia davvero LGBT friendly?
Risale allo scorso primo Ottobre la svolta sull’acquisizione dei farmaci destinati alla transizione di genere in Italia. Le spese, infatti, non sarebbero più a carico del consumatore ma del Servizio Sanitario Nazionale.
Una grande vittoria per un Paese dove la comunità omosessuale è spesso lasciata indietro, dalle leggi di tutela contro le discriminazioni alle adozioni.
Una decisione che va a colmare un grave ritardo di 38 anni della ormai datata e superata legge sul “cambio di sesso” del 1982.
Così Fabrizio Marrazzo, portavoce di Gay Center, aveva descritto il nuovo traguardo.
Ma se nella teoria si è arrivati a una conquista, cosa accade nella pratica?
Basta dare un’occhiata alla foto per capire: ad oggi sono molte le regioni che non si attengono alle disposizioni dell’Agenzia Italiana del Farmaco, arrivando a somme di centinaia di euro. Forse per evitare che se ne faccia uso indebitamente? Eppure la norma specifica che la disforia di genere deve essere diagnosticata da “una équipe multidisciplinare e specialistica dedicata“.
Il costo dei farmaci non è l’unico ostacolo che uomini e donne transessuali sono costretti ad affrontare. La procedura è lunga e difficile, avviata da sedute psicologiche che impegnano il paziente dai 4 ai 6 mesi. Dopodiché si passa al test di vita reale, spiegato dal presidente dell’Associazione Gruppo Trans Bologna:
Serve per valutare la capacità di vivere nella società con il genere che si è scelto ma, in pratica, valuta la capacità di rappresentare lo stereotipo di quel genere. Rivelare di non essere eterosessuale o di non avere il supporto della famiglia può costituire un problema.
Una sconvenienza che interessa un numero indeterminato di persone, dato che l‘ISS ha avviato la prima indagine sulla comunità trans in Italia solo a Gennaio 2020.
Con il rifiuto delle disposizioni AIFA l’Italia fallisce nuovamente nel suo intento di inclusione, ritraendo la mano da chi per troppo tempo è stato lasciato indietro. Perché l’omofobia non risiede solo nella violenza: omofobia è anche il silenzio di uno Stato di fronte all’ingiustizia, e che trova voce solo nelle cifre su carta termica.
Katherina Ricchi