Questa mattina, l’ex capo della BCE Mario Draghi ha accettato con riserva l’incarico di formare un governo.
Sergio Mattarella ha puntato su un nome associato ad una frase in particolare: “whatever it takes”. Queste parole sono rimaste attaccate a Draghi come uno slogan, come un modo per riconoscerlo. In un mondo dai mille discorsi fitti di retoriche vuote, il suo pragmatismo si è fatto ben riconoscere. Ad oggi è uno degli italiani più noti al mondo, specialmente in ambito europeo.
Ma chi è Mario Draghi e come nasce la frase che al meglio lo rappresenta?
L’uomo Mario Draghi
Mario Draghi nasce a Roma nel 1947 dal padre Carlo, padovano, che lavorò prima nella Banca d’Italia e poi nella Banca Nazionale del Lavoro, e dalla madre Gilda, avellinese e farmacista.
Perde i genitori, a breve distanza l’uno dall’altro, all’età di quindici anni.
Primogenito, la sorella Andreina è una storica dell’arte mentre il terzogenito Marcello è un imprenditore. Assieme al fratello studia dai gesuiti dell’Istituto Massimiliano Massimo di Roma, facendo il liceo classico.
Si laurea in Economia alla Sapienza nel 1970 e dopo segue un dottorato al MIT di Boston. Da lì, comincia la sua ricca carriera accademica: insegna in diversi atenei italiani dal 1975 al 1991, con esperienze ad Harvard come professore ospite all’Institute of Politics della a John F. Kennedy School of Government. Entra, inoltre, nel 1998 nel Board of Trustees dell’Institute for Advanced Study dell’Università di Princeton.
Cattolico, si considera un socialista liberale.
Le mie convinzioni rientrano in quelle idee che oggi verrebbero definite del socialismo liberale, quindi non proprio collocabili in raggruppamenti estremi.
I ruoli di rilievo
Fra il 1984 e il 1990 Draghi è il Direttore Esecutivo della Banca Mondiale.
Nel 1991 viene nominato Direttore Generale del Ministero del Tesoro, incarico che mantiene fino al 2001.
Draghi è il Ministro del Tesoro del governo Andreotti VII su suggerimento di Ciampi e fu confermato da tutti i governi successivi, l’ultimo dei quali il Berlusconi II.
Fu una delle figure principali della privatizzazione in Italia. La privatizzazione di aziende come Telecom o Eni permise la riduzione del rapporto del debito pubblico italiano sul Pil scese dal 125 per cento del 1991 al 115 del 2001.
Divenne nel 2005 il nono Governatore della Banca d’Italia, sostituendo Antonio Fazio, dimessosi dopo lo scandalo Bancopoli. Da subito decise di non influenzare il mercato e operò importanti fusioni, come quella fra Intesa e Sanpaolo IMI e Unicredit con Capitalia. Entrò in polemica con il ministro del governo Berlusconi Tremonti per la sua manovra finanziaria e incitò alla modernizzazione della scuola.
Dal 2006 al 2011 fu il presidente del Financial Stability Forum. In questa veste presentò al G7 di Washington (aprile 2008) un piano per migliorare la trasparenza dei mercati finanziari mondiali.
Whatever it takes: Mario Draghi e la BCE
«Anni fa alcune persone dicevano che l’euro era un calabrone che riusciva a volare senza che si sapesse bene come. Per molti anni l’euro, questo calabrone, ha volato bene senza che si sapesse come. Ma ora è venuto il momento di evolversi e l’euro deve diventare una vera ape».
Mario Draghi entrò in carica come governatore della BCE, la Banca Centrale Europea, il 1 Novembre 2011. Il 2012 è il suo anno, in cui è nominato Uomo dell’Anno dal Financial Times e dal Times, per un motivo ben preciso: il modo in cui gestì la crisi del debito sovrano europeo. Il 26 luglio 2012, in un discorso a Londra al Global Investment Conference, pronuncia il famoso “whatever it takes”: il fare di tutto per salvare l’euro.
“L’unica via d’uscita da questa crisi attuale è avere più Europa, non meno Europa. […] Ho un messaggio chiaro da darvi: nell’ambito del nostro mandato la Bce è pronta a fare tutto il necessario a preservare l’euro. E credetemi: sarà abbastanza.”
Con Mario Draghi cessarono le rigide condizioni verso gli Stati membri per accedere all’acquisto dei loro titoli pubblici. I tassi di interesse scesero, furono date delle liquidità d’emergenza e Mario Draghi riuscì a dar vita al suo capolavoro: il quantitative easing.
Per spiegarlo in breve, se normalmente le banche centrali agiscono manovrando i tassi di interesse, quando ciò non basta entra in gioco il quantitative easing, o allentamento quantitativo. Si emette nuova moneta e viene inserita nel mercato attraverso l’acquisto di titoli (come titoli di stato), i quali aumentano di prezzo e quindi riducono di rendimento. La riduzione del rendimento dei titoli porta a una riduzione degli interessi delle banche e quindi dei debiti verso di loro delle famiglie.
Questa manovra permette di salvare un istituto di credito, per favorire la ripresa dei consumi, per mantenere l’inflazione e per fornire liquidità.
Grazie all’operato di Mario Draghi, fu permesso ai paesi “periferici” dell’UE (tra cui Italia e Spagna) di migliorare le proprie condizioni.
E oggi?
Mario Draghi ha terminato, il 31 ottobre 2019, il suo mandato alla BCE, dandone le redini a Christine Lagarde. Il 10 luglio del 2020 è entrato a far parte della Pontificia accademia delle scienze sociali, nominato da Papa Francesco.
Il 3 febbraio del 2021 ha ricevuto da Sergio Mattarella l’incarico di formare un governo tecnico in seguito all’impossibilità di un Conte ter.
Adesso, dopo l’Europa è il momento di salvare l’Italia. Non è difficile pensare a perché sia stato scelto da Mattarella: chi, meglio di lui, può gestire al meglio i soldi del Recovery Fund, se questo governo tecnico dovesse nascere?
La politica è indecisa, fra un centrodestra diviso e un PD che esce sconfitto dal suo tentativo di ricucire con Renzi. Il no dei M5S sembra irremovibile: nascerà il governo Draghi? E Mario Draghi sarà disposto, soprattutto, a whatever it takes – ma per l’Italia?
Giulia Terralavoro