Di Clara Bassi
Quando leggiamo articoli di giornale che parlano di fatti di cronaca relativi alla violenza di genere, sentiamo sempre una narrazione sbagliata del tema. Ci sono prevalentemente due modi di trattare il fatto di cronaca relativamente alle persone che commettono i crimini: o si parla di uomini malati, di pazzi; oppure ci si stupisce, sottolineando come l’aggressore fosse un uomo che salutava sempre i vicini di casa, che si impegnava per la famiglia e che sia stato dunque vittima lui stesso di un di raptus di follia. Inoltre, spesso si fa riferimento agli abuser come se fossero stranieri nascosti nei vicoli pronti ad assalire le loro vittime.
Tutti questi modi di parlare di fatti di violenza di genere e di abuser sono sbagliati.
Finché parleremo degli abuser e degli uomini violenti come “pochi uomini malati”, purtroppo non avremo mai modo di capire la pervasività del sistema patriarcale e della conseguente cultura dello stupro.
I dati parlano chiaro: Il 31,5% delle 16-70enni (6 milioni 788 mila) ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale: il 20,2% (4 milioni 353 mila) ha subìto violenza fisica, il 21% (4 milioni 520 mila) violenza sessuale, il 5,4% (1 milione 157 mila) le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro (652 mila) e il tentato stupro (746 mila).
Questi dati (fonte Istat) dicono chiaramente che in Italia una donna su tre è vittima di molestie o violenza. Questi numeri paurosi sottolineano chiaramente, quindi, che il problema della violenza di genere è culturale e sociale, e non può essere quindi causato da pochi uomini malati o impazziti di colpo. Se fosse così, non ci troveremmo di fronte il fenomeno che abbiamo.
Si chiama violenza di genere proprio perché è una violenza che è specificatamente ricondotta a dinamiche di genere: il maschile agisce la violenza sul femminile.
Questo non vuol dire che tutti gli uomini siano violenti o abbiano comportamenti predatori e aggressivi. Vuol dire però che la cultura in cui siamo immersi, che ci condiziona e influenza fin dalla nascita, suggerisce continuamente agli uomini che le donne siano di loro proprietà, che uno schiaffo ogni tanto non faccia male, che se ha detto no in realtà vuol dire si e vedrai che poi se la stupri alla fine a lei piace. Ovviamente, queste non sono cose che ci vengono dette direttamente. È grazie agli stereotipi e ai ruoli di genere differenziati che queste idee pericolose prima o poi fanno radici nel pensiero di alcuni uomini, portandoli poi ad assumere comportamenti violenti.
I dati Istat sulla violenza di genere, inoltre, portano ad un’altra considerazione: l’immagine dell’abuser che abbiamo in mente, quella dell’uomo vestito di nero nascosto in un vicolo buio pronto ad assalire le ragazze, è un’immagine fasulla. I dati riportano che: ha subìto violenze fisiche o sessuali da partner o ex partner il 13,6% delle donne (2 milioni 800 mila), in particolare il 5,2% (855 mila) da partner attuale e il 18,9% (2 milioni 44 mila) dall’ex partner. La maggior parte delle donne che avevano un partner violento in passato lo hanno lasciato proprio a causa delle violenze subite (68,6%). Il 24,7% delle donne ha subìto almeno una violenza fisica o sessuale da parte di uomini non partner: il 13,2% da estranei e il 13% da persone conosciute. In particolare, il 6,3% da conoscenti, il 3% da amici, il 2,6% da parenti e il 2,5% da colleghi di lavoro.
Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner, parenti o amici. Gli stupri sono stati commessi nel 62,7% dei casi da partner, nel 3,6% da parenti e nel 9,4% da amici. Anche le violenze fisiche (come gli schiaffi, i calci, i pugni e i morsi) sono per la maggior parte opera dei partner o ex.
Dai risultati della ricerca comprendiamo come la maggior parte degli abuser sia nella cerchia di conoscenze della donna vittima, e che questi siano anche responsabili delle violenze peggiori. Gli sconosciuti sono autori soprattutto di molestie sessuali (76,8% fra tutte le violenze commesse da sconosciuti).
Questi dati devono essere l’inizio di un nuovo modo di parlare di violenza di genere, devono essere la premessa per una discussione e una narrazione informate e basate su dati statistici validi.
Dobbiamo assumerci la responsabilità di parlare di violenza di genere nel modo corretto, e di parlarne come un fenomeno pervasivo e sempre più allarmante.
Solo parlando di questo fenomeno complesso e sfaccettato nel modo giusto avremo la possibilità di cambiare poco a poco la cultura patriarcale in cui siamo immersi.