Joe Biden si siede nel suo studio e firma sùbito una sfilza di ordini esecutivi che sconfessano il predecessore
Biden, le priorità
Finita l’inaugurazione della nuova presidenza USA, il profilo Twitter della Casa Bianca riportava già le quattro priorità immediate dell’amministrazione guidata da Biden: pandemia, crisi economica, cambiamento climatico e disuguaglianza razziale. Sono questioni che – insieme ai tanti segnali già noti, come un alto numero di donne e di diverse razze (parola che gli americani hanno tutt’altro che dismesso) nel gabinetto dell’esecutivo – mostrano una sostanziale discontinuità con il mandato di Donald Trump.
Due figure distanti
È una cesura data non solo dalla diversa appartenenza partitica o dalla diversa fede religiosa dei due ex-candidati, ma soprattutto dall’essere stato The Donald estraneo sia alle cose della politica sia alla stessa tradizione conservatrice americana. I cittadini d’Oltreoceano non erano affatto abituati a vedere un presidente disconoscere un risultato elettorale, anche dopo le evidenze e i responsi giudiziari (di Corti peraltro a lui affini) e poi incitare all’insurrezione e rimanere inerte di fronte all’invasione del Campidoglio.
La collina dove ha sede il Congresso in questi giorni è militarizzata e circondata da ben due zone ad accesso limitato, troppo tardi, ma in tempo per evitare nuovi incidenti. Il presidente uscente non ha voluto presenziare al giuramento del suo successore; poco male, perché Biden se n’è fatto presto una ragione, firmando subito, nei primi due giorni, una serie di ordini esecutivi su quei quattro temi.
Dopo un anno, la pandemia è una priorità
Già dall’aver messo al primo posto la pandemia dovrebbe essere chiara la virata, necessaria per un Paese che ha superato i quattrocentomila morti. Oltre a creare un ufficio apposito alla gestione dell’emergenza, e a prevedere l’obbligo della mascherina nelle proprietà della Federazione, gli atti presidenziali riportano gli USA nell’Organizzazione Mondiale della Sanità: Trump si era voluto ritirare ritenendola eccessivamente allarmista ed egemonizzata dalla Cina, accusandola di coprire presunte responsabilità a Pechino nella diffusione di ciò che continuava a chiamare il “virus cinese”.
Il riscatto di Fauci
Riceve l’incarico di capo-delegazione all’OMS Anthony Fauci, l’immunologo che nell’ultimo anno è divenuto famoso in tutto il mondo. Infatti, in più occasioni ha contraddetto l’ex-presidente sulla minimizzazione del rischio sanitario, rischiando anche il licenziamento, scongiurato poi dalla popolarità di cui godeva. La nuova amministrazione si propone di vaccinare 100 milioni di persone nei primi 100 giorni. Come uniche misure economiche vengono bloccati pignoramenti e sfratti e vengono sospesi gli interessi sui prestiti contratti dagli studenti per pagare le università.
L’ambiente e gli Accordi di Parigi
Molto di più viene fatto per il cambiamento climatico. Biden fa rientrare gli Stati Uniti nei consessi multilaterali, aderendo agli Accordi di Parigi da cui Trump si era voluto ritirare. Gli americani hanno una storia travagliata in materia di ambiente: non hanno mai ratificato il Protocollo di Kyoto del 1997, mentre solo Obama riuscì a farli aderire nel 2015 agli Accordi di Parigi. Un successo storico indimenticabile, perché stabilivano un ambizioso obiettivo di contenimento dell’aumento di temperatura entro i 2° Celsius. Purtroppo, buona parte dell’opinione pubblica è ancora restia ad accettare dei costi per favorire l’ecosistema. Complice, peraltro, la diffusione per anni dell’idea che ridurre le emissioni avrebbe favorito la Cina e altre potenze emergenti.
Biden abbatte i muri fisici e culturali contro l’immigrazione
Anche in materia di immigrazione le novità sono importanti, perché si interviene in materia di deportazione degli immigrati irregolari, ostacolandola. Il nuovo presidente ha poi abrogato il cosiddetto Muslim ban trumpiano, ovvero il divieto d’entrata per i cittadini provenienti da certi Paesi musulmani. In realtà, più che un Muslim ban quello di Trump era un vero e proprio rogue States ban perché – essendo rivolto a Paesi ostili o a maggioranza sciita (Libia, Somalia, Yemen, Siria, Iran, Sudan e in un primo momento Iraq) lasciava fuori i Paesi islamici alleati.
La nuova amministrazione ha anche fermato la costruzione del muro con il Messico, che era stato al centro della campagna elettorale e del mandato del magnate repubblicano, il quale pretendeva di farne pagare le spese al governo messicano. In realtà, la costruzione del “Muro della Vergogna”, così chiamato oltre confine, iniziò nel 1990 con Bush padre e, infatti, contava già parecchie centinaia di chilometri costruite.
Una strada lunga e impegnativa
Molti altri atti dovranno seguire, se Biden vorrà spostarsi dal binario prescelto dall’ex amministrazione repubblicana. In particolare, per quanto concerne una serie di altre complesse tematiche, quali i rapporti con la Cina e con l’Europa, la questione palestinese, la presenza in Siria e in Iraq, il tema degli armamenti e del trattato sul nucleare iraniano. Non è facile prevedere quali saranno le prossime mosse, ma di certo Biden non potrà ristabilire in un colpo solo rapporti deteriorati e/o poco amichevoli.
Proprio nel giorno del giuramento il Governo cinese ha imposto sanzioni a ventotto cittadini americani, tra cui l’ex Segretario di Stato Mike Pompeo, John Bolton e Steve Bannon, ma secondo la nuova presidenza le misure sarebbero ciniche e inefficaci. Certo, sarebbe illusorio pretendere che venissero salutate con favore. Tuttavia, tutto ciò dimostra che le sfide ad attendere il nuovo inquilino della Casa Bianca sono tutt’altro che facili.
Lorenzo Palaia