In India, le donne Dalit, ossia fuori casta, sono sovraesposte al rischio di abusi e violenze. Le autorità spesso falliscono nel perseguire i carnefici; soprattutto se questi appartengono alle caste dominanti.
I membri della casta Dalit (conosciuti anche come Intoccabili) costituiscono ancora una delle categorie più oppresse dell’India. Nonostante la Costituzione vieti la discriminazione di casta, infatti, in alcune zone del Paese la distinzione sociale tradizionale è ancora radicata. Per le donne Dalit, ultime tra gli ultimi, questo comporta un rischio altissimo di soprusi e violenze.
Dieci donne Dalit vittime di stupro per ogni giorno: sono queste le statistiche relative allo scorso anno. E poiché chi denuncia raramente ottiene giustizia, si deve presumere che il numero reale delle aggressioni sia notevolmente più alto. Questo nonostante le misure introdotte nel 2013 dal governo, che hanno portato all’applicazione diffusa della pena di morte per il reato di stupro. In assenza di un vero cambiamento culturale, tuttavia, la pena capitale mostra tutta la sua inutilità; soprattutto se le autorità si rifiutano di perseguire gli aggressori appartenenti alle caste superiori.
Omicidi impuniti: le colpe delle autorità
Lo scorso settembre, gli abusi subiti dalle donne Dalit sono tornati tragicamente all’attenzione della cronaca internazionale, a causa di un attacco particolarmente efferato. Una ragazza di 19 anni, residente nella regione dell’Uttar Pradesh (tra le più povere dell’India) è morta in seguito alle ferite riportate durante un’aggressione sessuale di gruppo. Il nome della vittima non è stato diffuso, per via delle leggi sulla privacy. Si sospetta che i suoi carnefici fossero membri delle caste privilegiate.
A sconvolgere l’opinione pubblica è stata la reazione del governo locale, e soprattutto del primo ministro Yogi Adityanath, membro del BPJ, lo stesso partito alla guida del Paese. Le autorità si sono infatti sbrigativamente liberate del corpo della ragazza, facendolo cremare nel bel mezzo della notte – e impedendo così alla famiglia di assistere alle esequie. Un comportamento sospetto, che sembra confermare la teoria di un tentativo di insabbiamento.
Adityanath è d’altronde noto per le sue posizioni misogine e conservatrici; e si è più volte espresso sul tema della violenza di casta, sostenendo che la discriminazione nei confronti dei Dalit non avesse nulla a che fare con i crimini sessuali. In seguito alle proteste scatenatesi dopo l’ultimo episodio, il primo ministro dell’Uttar Pradesh ha inoltre vietato ad attivisti e politici dell’opposizione di avvicinarsi alla gente del posto.
Vittime della gerarchia sociale
L’Uttar Pradesh rappresenta una delle zone dell’India più afflitte dal fenomeno della violenza ai danni delle donne. Non solo stupri, ma anche violenze domestiche, molestie e omicidi sono fenomeni tristemente diffusi. Per le donne Dalit è difficile emanciparsi da questa vita di soprusi, anche a causa della povertà dell’ambiente in cui vivono e delle scarse opportunità di istruzione. Negli ultimi anni la situazione sta lentamente cambiando, grazie anche agli sforzi degli attivisti indiani.
Nonostante non manchino i casi di violenza ad opera degli stessi Intoccabili, la maggior parte degli attacchi proviene dai membri delle caste dominanti. Dietro alla persecuzione delle donne Dalit si nasconderebbe infatti un preciso meccanismo di oppressione sociale. La storica Uma Chakravarti, interpellata dalla BBC, ha spiegato come gli abusi siano aumentati in seguito alle sempre maggiori proteste e rivendicazioni avanzate dagli Intoccabili nelle zone rurali del Paese.
I progressi avvenuti negli ultimi trent’anni hanno infatti reso più combattivi i membri delle caste oppresse. Nei casi di dispute sulla terra, ad esempio, molti Dalit si sono rifiutati di abbandonare le proprie abitazioni, e hanno provato a intentare causa ai loro aguzzini. Suscitando grande preoccupazione presso i gruppi privilegiati, che temono ora di perdere la propria secolare supremazia. E la battaglia, come troppo spesso accade, si combatte sul corpo femminile. “I corpi delle donne Dalit sono usati per ribadire la gerarchia di casta”, ha affermato Jacqui Hunt, direttrice di Equality Now.
Attacchi di gruppo
Lo stupro diventa così anche un’arma per colpire il nemico e annichilire ogni forma di opposizione. Da qui l’estrema violenza delle aggressioni (condotte spesso in gruppo), che non di rado si concludono con la morte della vittima, in seguito a percosse mostruosamente efferate. Come è successo ad agosto nel villaggio di Pakaria, dove una tredicenne è stata stuprata e poi strangolata; o nel distretto di Mahoba, pochi giorni fa, dove una ragazza è stata ritrovata impiccata ad un albero. Gli assalitori sanno bene che, in quanto membri dei gruppi sociali privilegiati, difficilmente sconteranno più di qualche mese di galera – come ha spiegato il padre di una delle vittime ai giornalisti europei.
Si tratta di una dinamica intersezionale, in cui la discriminazione di genere convive e assume forme peculiari in relazione ad altre discriminazioni; di casta, ma anche di classe, se si pensa alla povertà in cui versano le donne Dalit. Sono queste le coordinate da tenere presenti, per comprendere la loro oppressione. E le stesse su cui la società indiana dovrà lavorare, se vuole veramente debellare lo spettro della violenza sessuale sistematica.
Elena Brizio