Di Clara Bassi
Ultimamente su internet circola il termine “femminismo tossico”. Proprio perché molto discusso, vale la pena di essere spiegato e compreso.
Nessuno dice che all’interno del movimento femminista non ci siano degli elementi discutibili o delle cose sbagliate. Ad esempio, le Swerf e le Terf sono femministe, ma appartengono a un femminismo esclusivo e non intersezionale in cui io non mi riconosco.
Ma dire che siccome c’è del marcio in tutto allora ci deve essere del marcio anche nel femminismo intersezionale (che è quello che più sta venendo criticato) è un po’ superficiale.
Il femminismo intersezionale lotta per la parità politica, sociale ed economica tra i generi, e lotta per i diritti delle persone marginalizzate, cerca di ampliare il più possibile il suo raggio di azione, e includere tutti senza lasciare nessuno fuori.
Di conseguenza, come mai il femminismo stesso, che combatte entità tossiche per definizione come il patriarcato e la cultura dello stupro, viene definito tossico?
Qualcosa diventa tossico quando danneggia la libertà altrui o opprime qualcuno.
Questo, a ben vedere, il femminismo non lo fa. Quello che fa però è dare fastidio, facendo notare a chi discrimina con una battuta o nei fatti quanto le sue azioni siano sbagliate. Quando succede, assistiamo subito ad una levata di scudi e a frasi come “volete limitare la nostra libertà di espressione”. In questo senso il femminismo viene definito tossico da tutte quelle persone che ne ritengono le istanze troppo “estreme” o che si sentono punti sul vivo perché sono i primi a voler la libertà di parola su tutto a ogni costo.
Purtroppo però la libertà di espressione ha dei limiti. Per quanto sia un valore universale e sacrosanto, ci sono dei paletti entro cui noi possiamo esprimerci: ad esempio, la n-word non può essere pronunciata da persone bianche perché ritenuta offensiva, come non posso prendere una persona a caso e ricoprirla di insulti e falsità perché sarebbe diffamazione.
Oltre a quelli appena riportati, ci sono decine di esempi simili. Il femminismo non fa altro che evidenziare le discriminazioni di cui soffrono le persone marginalizzate e di conseguenza cerca di sensibilizzare le persone a un comportamento meno offensivo e discriminatorio.
Se vi fanno ridere le battute sui corpi grassi, se pensate che mettere gli asterischi per essere inclusivi nei confronti delle persone transgender sia da idioti, se pensate che dire la n-word tra amici sia una battuta simpatica, forse il problema non sta nel femminismo estremista o tossico.
Forse il problema è che a voi stanno molto comodi i vostri privilegi, non li volete riconoscere, perché è troppo faticoso, e vi stanno molto antipatici quelli che ve lo fanno notare, perché interrompono il vostro momento comico fatto alle spese di una categoria marginalizzata e vi dicono quanto quello che avete detto faccia schifo.
Con questo non voglio dire che noi femministi siamo sempre perfetti e non sbagliamo mai. Lungi da me dire questo. Ma, semplicemente, bollare un intero movimento come tossico solo perché fa quello che ha sempre fatto, cioè evidenziare e combattere le discriminazioni sociali, e perché a voi non va bene la cosa per mille motivi possibili, no, è troppo comodo.
Vuol dire che siete abbastanza privilegiati da potervi comportare come se queste discriminazioni non esistessero. Vuol dire che non avete intenzione di riconoscere il vostro privilegio ma anzi siete felici di averlo e ve lo tenete ben stretto, giocando con i diritti delle categorie marginalizzate e oppresse.
È un comportamento profondamente sbagliato e, in questo caso sì, tossico.
Le persone tossiche siete voi e non il femminismo, che queste discriminazioni le combatte da anni.
Da parte vostra servirebbe una buona dose di autocritica, di ascolto e di disponibilità a comprendere le istanze politiche femministe, che troppo spesso vengono ridotte a “donne che odiano gli uomini” e che invece sono un movimento politico strutturato e complesso che ha decenni di storia alle spalle.
Scusami però, il focus del dibattito non è che il femminismo sia tossico, ma che ci siano delle frange estremiste del movimento che portano appunto alle estreme conseguenze le loro istanze, tanto da ribaltare completamente la prospettiva e colpevolizzare un genere (quello maschile) semplicemente in quanto tale, a prescindere. Questo è il concetto di “tossicità” abbinato a qualsiasi movimento, quindi quando la questione è argomentata e posta in modo serio il termine non è per niente usato a sproposito, semplicemente parti da un assunto fallace. Tutto questo non esclude affatto che la società sia permeata ancora oggi da logiche patriarcali e machiste, contro cui legittimamente il femminismo incentra le sue battaglie. Una cosa non esclude l’altra.
“Nessuno dice che all’interno del movimento femminista non ci siano degli elementi discutibili o delle cose sbagliate.” Ergo, esiste una deviazione”tossica” del femminismo.
Esatto, come scrivere una cosa e poi negarla. L’autrice pensa di sciogliere l’evidente contraddizione dicendo che lei in quel femminismo non si riconosce … e dunque non è femminismo? Non sapevo avesse lei il copyright.
E allora, visto che vi sono delle femministe tossiche, perché non le allontanate dal movimento?
A noi del genere maschile sembra che abbiano preso le nazi femministe il controllo dell’intero movimento. Parlano solo loro, si sente solo la loro voce e i loro proclami
Premettendo che non sono né femminista ne maschilista (o comunque non appartengo ad alcuna frangia estremista o moderata che sia) io mi sento di criticare, spero il più costruttivamente possibile, il modo in cui le buone intenzioni del femminismo storico sono propagandizzate. Faccio un esempio: la questione della violenza contro le donne è sacrosanta ma, per quanto buone siano le intenzioni e non si voglia generalizzare ed essere superficiali, la parole sono chiare. Non si vuole educare e sensibilizzare alla non violenza in generale (che è il vero problema) ma ci si riduce a schierarsi in un’unica trincea fatta di donne che subiscono violenze (e vi posso assicurare che la violenza la subiscono anche gli uomini da parte dell’altro sesso). Ok, è vero, statisticamente la maggioranza delle vittime può essere costituita da donne (anche se ci possono essere uomini che non parlano in seguito a traumi come qualsiasi altro essere umano, quindi la statistica è da prendere con le pinze) ma durante la shoha la maggior parte degli stermini (per fare un esempio ovviamente di portata diversa) hanno interessato gli ebrei, non per questo si è voluto educare alla non violenza contro gli ebrei ma si è parlato di nazismo e razzismo, che ha interessato tutte le razze, mettendo il punto sull’educazione alla non discriminazione razziale in generale (discriminazione che rappresenta una forma di violenza). In conclusione penso che l’idea di base ovviamente è fondamentale per una convivenza pacifica e civile ma il problema sono le persone (uomini o donne che siano) che, come diceva il.buon signor G, tendono ad interpretare a modo loro ogni cosa quindi, se si usano delle specifiche parole, non è detto che tutti la interpretino così come lo hai fatto tu, anche perché ognuno fa le sue esperienze e ognuno reagisce ad esse in modo diverso. Non penso che il creare cerchie e quindi mettere barriere e muri sia una cosa producente e, anche se non sono queste le intenzioni, una parola come femminismo rischia di escludere ed includere. Il film l’onda ne è un esempio, da un gruppetto di ragazzi è nato un qualcosa che non ci si aspettava minimamente perché si dava più peso alla causa che alle conseguenze. Spero di non aver mancato di rispetto ad alcuni ma aver dato spunti per un sano confronto 🙂
Io devo confessare che non ho capito nulla di ciò che intende dire l’autrice di questo articolo che intende difendere la femminilità tossica. Perché?
Perché io credo che l’autrice confonda il significato della parola patriarcato che esattamente vuole dire questo (significato preso dal vocabolario)
“””Tipo di organizzazione famigliare (contrapposto a matriarcato ) in cui i figli entrano a far parte del gruppo cui appartiene il padre, da cui prendono il nome e i diritti che essi a loro volta trasmettono ai discendenti diretti o prossimi nella linea maschile.”””
A questo punto credo sia evidente che l’autrice non conosce il significato della parola patriarcato perché è da circa 1 secolo che non è più possibile tramandare l’eredità al primogenito di sesso maschile. La successione è regolata per legge. I diritti in una famiglia sono identici per donne e uomini.
Inoltre faccio notare che in USA ben oltre il 50% delle famiglie è monogenitore, quasi sempre donna. Pertanto casomai siamo in pieno Matriarcato.
C’è molta confusione nel femminismo. Ecco perché è tossico, perché propaga false idee e false informazioni, spesso ridicole come il malespreading e il malespleaning e, a volte, si spinge nella misandria estrema.