Il caso di Lisa Montgomery: quando il boia è lo Stato
Dopo settant’anni negli Stati Uniti una donna è stata giustiziata. L’esecuzione della condanna era stata sospesa in seguito ad una richiesta di rinvio presentata dagli avvocati di Lisa a motivo dei suoi disturbi psichiatrici, respinta dalla Corte Suprema martedi’ sera. Lisa Montgomery è stata uccisa per iniezione nella prigione federale di Terre Haute, in Indiana, poche ore dopo.
Ciò che è successo a Lisa Montgomery non lo si augurerebbe neanche al peggior nemico. Un passato di violenze e abusi, un omicidio ed infine una condanna a morte. Nel 2004 la donna uccise una 23enne asportandole il feto lasciandola morire dissanguata. Una vicenda macabra e crudele se non fosse che la donna soffriva di gravi disturbi tra cui bipolarismo e depressione. Una psiche gravemente compromessa che tuttavia non l’ha salvata dalla condanna.
Un delitto che si risolve con un altro delitto
Così negli USA lo Stato si fa giustiziere arrogandosi il diritto di decidere sulla vita e la morte. Ancora una volta, emergono le numerose contraddizioni della democrazia americana. Viene fuori il ritratto poco lusinghiero di uno Stato giustizialista che non tiene conto della sostanziale differenza tra lucidità e squilibrio mentale. Lisa Montgomery è l’undicesima tra i detenuti del carcere dell’ Indiana ad aver ricevuto l’iniezione letale. Una pratica che si è intensificata con l’amministrazione Trump, da sempre favorevole alla pena capitale. Al grido di “ low & order” Donald Trump non è necessariamente responsabile ma ha contribuito ad estremizzare e implicitamente legittimare una realtà già di per sé esistente.
Sì, Montgomery ha commesso un crimine orribile e sì meritava una pena esemplare, ma la morte non è mai la soluzione.
Quando la giustizia si macchia di un crimine si pone sullo stesso piano del comune cittadino. È la legge del taglione che catapulta la civiltà indietro nel tempo. Viene meno così l’essenza stessa della democrazia ed il fondamentale ruolo di imparzialità dello Stato. Lisa Montgomery è stata vittima e carnefice allo stesso tempo. Ha compiuto un gesto orribile dettato da una realtà offuscata da significativi disturbi psichici. Questi non le sono stati sufficienti a risparmiarla.
Nella drammaticità di tale vicenda non resta altro che chiedersi se e quanto sia efficace la pena capitale. Quanto effettivamente risolva alla radice il problema e quanto sia coerente con la tutela dei diritti umani. Sono certamente domande scomode che infervorano l’opinione pubblica ma sulle quali bisogna riflettere e comprendere che in uno Stato democratico il diritto alla vita vale per tutti. Sono i così detti “ diritti fondamentali dell’uomo” e ,piaccia o meno, la giustizia ha il compito di garantirli in maniera imparziale e indistinta.
Iana Tichem