Secondo il rapporto di Legambiente, ci sono troppi pesticidi nei prodotti alimentari, nonostante le quantità di ogni singola sostanza siano entro le soglie consentite.
Il dossier
“Stop pesticidi” è il titolo del dossier pubblicato da Legambiente in collaborazione con Alce Nero, per fornire un quadro generale sulla presenza di pesticidi nei prodotti alimentari in Italia. Secondo i dati, la percentuale di ogni sostanza è quasi sempre sotto la soglia consentita, ma c’è poca attenzione al multiresiduo. Infatti, quest’ultimo non è contemplato dalla legislazione europea, la quale basa la conformità di un prodotto esclusivamente sulle percentuali singole. Tuttavia, alcuni studi sostengono che le interazioni tra diversi principi attivi possono talvolta essere più pericolose, in quanto c’è il rischio di effetti sinergici.
I dati
Su 5.835 campioni di alimenti di origine vegetale, è completamente privo di residui solo il 52%. Invece, i prodotti con uno o più tracce sono il 46,8%, sebbene le quantità rientrino nei limiti di legge. Anche quest’anno la categoria più colpita è quella della frutta (70,2%) e, in particolare, la classifica vede al primo posto l’uva (89,2%), seguita da pere (85,9%) e pesche (83,5%). Invece, nella verdura si osservano percentuali inferiori (34,3%) e solo tre ortaggi hanno valori elevati: pomodori (55,8%), peperoni (58,1%) e carote (55,3%). Per quanto concerne i prodotti trasformati, è opportuno citare il vino (57,3%) e i cereali integrali (55,7%), perché presentano le quantità più alte di residui.
Prodotti fuori legge
Circa 1,2% dei campioni totali è risultato irregolare e, di solito, la causa è il superamento del limite massimo consentito (60%); tuttavia, si è osservato anche l’uso di sostanze non autorizzate (19%). Gli illeciti hanno interessato sia prodotti italiani sia esteri e, tra quest’ultimi, la Cina presenta il tasso maggiore di irregolarità (38%), cui seguono Turchia (23%) e Argentina (15%). Valori particolarmente alti di multiresiduo sono stati trovati in un campione di bacca di goji (10 residui) e in uno di tè verde (7 residui), entrambi di origine cinese.
Quali pesticidi nei prodotti alimentari?
Si tratta soprattutto di fungicidi (es. Boscalid, Dimethomorph, Fludioxonil, ecc.) e insetticidi (es. Acetamiprid, Methoxyfenozide, Chlorpyrifos, ecc.), tuttavia nel 4% dei campioni di cereali è stato rinvenuto anche il glifosato, uno degli erbicidi più diffusi al mondo. Comunemente definite pesticidi, tali sostanze sono in realtà “fitosanitari” e hanno il compito di eliminare tutto ciò che danneggia le piante coltivate, compromettendone la produttività e/o qualità del raccolto. Invece, non sono da confondere con i fertilizzanti, sostanze utilizzate in agricoltura per arricchire il terreno di elementi nutritivi (es. azoto, fosforo e potassio).
Il residuo e il multiresiduo
Esiste una legge che regola il limite massimo di residuo (LMR) di pesticidi nei prodotti alimentari e tale soglia viene stabilita secondo parametri circa la tossicità e frequenza di utilizzo. Invece, il multiresiduo rappresenta la compresenza nello stesso alimento di più residui, provenienti da uno stesso fitosanitario oppure dall’utilizzo contemporaneo di più sostanze chimiche (es. insetticidi e fungicidi). Talvolta, le tracce di residui non sono dovute solo all’applicazione diretta del prodotto sulla pianta, ma anche all’assorbimento tramite il terreno contaminato. Da tempo, è noto che la potenziale interazione di più principi attivi può provocare nell’uomo danni maggiori della singola sostanza, perché possono scaturire effetti antagonisti, sinergici e/o additivi. Dei campioni analizzati, il 27,6% ha presentato tracce di multiresiduo, contro il 17,3% del monoresiduo; in genere, la frutta risulta l’alimento più colpito (circa il 49,7%).
L’agricoltura biologica
Ormai sempre più diffusa, tutela l’ambiente e migliora i profitti a lungo termine. Infatti, dal 2019 in Italia si è osservato un sensibile aumento delle aziende agricole biologiche, che oggi rappresentano circa il 6,2% di quelle totali. Questo incremento, fortemente voluto dalla cooperativa del settore, è l’effetto anche della conversione di 1020 ha di terreno alla coltivazione biologica. In questo settore, l’Italia vanta un primato nell’UE come massimo produttore, seguita poi da Spagna, Germania e Francia. Inoltre, durante il lockdown la nostra penisola ha registrato un incremento significativo dell’11% del consumo di alimenti bio. Tuttavia, per alcuni prodotti biologici, si è osservato un aumento del 13,1% delle importazioni da altri paesi, quali l’Asia (30,6% in volume), Paesi non UE (25,9%) e America latina (22,6%), e si tratta soprattutto di cereali, colture industriali, frutta fresca e secca.
Il biomonitoraggio …
È la sistematica valutazione della salute dell’ambiente e si basa sia sull’analisi chimica dei contaminanti sia sull’utilizzo di bioindicatori. Quest’ultimi sono organismi animali e vegetali molto sensibili ai cambiamenti e, infatti, ci permettono di rilevare in breve tempo la comparsa e/o incremento di inquinanti. Ad esempio, muschi e licheni sono molto utili per monitorare l’aria, mentre i lombrichi si utilizzano per valutare la contaminazione del suolo.
e il bioaccumulo
Correlato all’uso di pesticidi nei prodotti alimentari, c’è il problema del loro bioaccumulo negli organismi viventi. Infatti, alcune specie (bioaccumulatrici) sono in grado di conservare nel proprio corpo grandi quantità di una certa sostanza per lungo tempo. Secondo alcuni studi, determinati inquinanti hanno una capacità di propagazione tale da incrementare fino a 70.000 la concentrazione inziale. Molti pesticidi hanno una struttura chimica complessa, che li rende particolarmente resistenti, motivo per cui si accumulano soprattutto nei tessuti lipidici degli organismi, uomo incluso. Questa loro resistenza ne favorisce la persistenza nell’ambiente e, infatti, spesso si trovano tracce di pesticidi anche nelle zone più lontane, come l’Artide e l’Antartide (effetto cavalletta).
Le strategie dell’UE
Il mondo dell’agricoltura ormai coinvolge la sfera politica, gli addetti ai lavori e la popolazione che, soprattutto negli ultimi anni, manifesta un interesse attivo per la qualità dei prodotti alimentari. A tal proposito, l’attuazione della strategia europea del Green Deal, sebbene molto ambiziosa, è oggi ancora più urgente. Infatti, la scienza ha confermato più volte quanto l’agricoltura contribuisca significativamente al cambiamento climatico, nonostante non sia la causa primaria. In questo senso, la nuova PAC potrebbe apportare delle migliorie importanti, soprattutto con l’applicazione vincolante degli obiettivi fissati dalle strategie Farm to Fork e Biodiversity 2030. Queste nuove politiche, se accompagnate da un incremento dell’agricoltura biologica e dell’agroecologia, renderanno realistico il raggiungimento di risultati ambiziosi.
“Non possiamo fingere di essere sani in un mondo che è malato”
“Serve una drastica diminuzione dell’utilizzo delle molecole di sintesi in ambito agricolo, grazie a un’azione responsabile di cui essere tutti protagonisti”. Con queste parole, il responsabile agricoltura di Legambiente, Angelo Gentili, sottolinea l’importanza di favorire un’agricoltura pienamente sostenibile nel nostro Paese. Contemporaneamente, è opportuno anche omogenizzare le normative, poiché a livello globale ci sono troppe discrepanze circa l’utilizzo dei pesticidi nei prodotti alimentari. Inoltre, è ormai urgente una legge che riconosca e regoli i possibili effetti sinergici e cumulativi dei multiresidui. In ottobre 2020, la Corte di Giustizia dell’Ue ha emanato una sentenza storica: tutti i Paesi dell’Unione possono mettere al bando gli agenti chimici che, seppur autorizzati, risultano dannosi per l’ambiente. Oggi, quindi, ogni paese ha la facoltà di scegliere come scrivere il proprio futuro: una libertà che richiede responsabilità, coscienza e consapevolezza.
“L’agricoltura deve essere capace di mediare tra natura e comunità umana, con impegni ed obblighi in entrambe le direzioni. Coltivare bene richiede un consapevole riguardo verso tutte le creature, animate ed inanimate”.
Carolina Salomoni