Il K2 è l’ultimo ottomila a non essere mai stato salito nella stagione invernale. In tanti stanno tentando l’ascesa proprio in questi giorni. Tra loro anche due italiani: Mattia Conte, in cordata col greco Sykaris, e Tamara Lunger, insieme al rumeno Gavan.
K2 invernale: un’impresa impossibile?
“La scalata del K2 invernale è impossibile”: lo ha detto qualche giorno fa Waldemar Kowaleski, evacuato dalla parete per problemi di salute. “Almeno fino a quando non ci saranno batterie per riscaldare guanti e solette che durino 50 ore e nuovi metodi per sciogliere la neve”, visto che – spiega l’alpinista polacco – per fare un litro d’acqua al Campo 1 ci vogliono due ore. Kowaleski non è nuovo a spedizioni sugli 8000 e nemmeno a tentativi sul K2. Due anni fa fece un tentativo in squadra con il fortissimo basco, Alex Txikon, nel quale rimase ferito. Eppure il polacco quest’anno era di nuovo lì, ufficialmente parte del team Seven Summit Treks, ma di fatto in solitaria. Potenza del fascino di un’impresa impossibile, almeno finora: la cima del K2 invernale è ancora inviolata.
La volta buona?
Potrebbe essere questo l’anno buono per l’ascesa invernale del K2? Per qualcuno sì.
Al campo base c’è – relativamente – parecchia gente, inclusa una grande spedizione commerciale, la statunitense Seven Summit Trek, che ha fatto accendere qualche polemica – più che legittima – sul maldestro alpinismo commerciale per VIP. Tanto che qualcuno, inizialmente, aveva ipotizzato potessero esserci problemi di “traffico” che avrebbero rallentato gli alpinisti, mettendone a rischio l’ascesa. Molto probabilmente, viste le difficoltà, non succederà nulla del genere.
Ma oltre alla SST, a tentare l’impresa finora mai riuscita a nessuno ci sono anche alcuni degli alpinisti più forti del mondo e, tra loro, Tamara Lunger. “Da quello che vedo e sento, la cosa fondamentale per poter raggiungere la cima del K2 senza ossigeno supplementare è un buon acclimatamento” scrive sui suoi social l’alpinista altoatesina, che sta coltivando il sogno del K2 invernale insieme al compagno di cordata Alex Gavan.
Un passo per volta
L’acclimatamento è quello che stanno facendo tutti gli alpinisti in questi giorni. Si sale
progressivamente dal Campo Base a quelli successivi, trasportando il materiale e
attrezzando le vie da lì fino al Campo 1, quindi al Campo 2 e così via. Approfittando delle finestre di meteo favorevole, assai rare durante un’ascesa come quella sul K2 invernale. Proprio il meteo sta creando grosse difficoltà ad alcune spedizioni, che avevano lasciato buona parte del loro materiale nelle tende al Campo 2. Il maltempo che si è abbattuto sulla montagna qualche giorno fa le ha spazzate via e potrebbe aver fatto sparire anche attrezzature di team che le avevano ancorate alle rocce per maggior sicurezza. In ogni caso – a parte qualche alpinista che ha dovuto rientrare per condizioni fisiche non perfette – nessuno si è ancora arreso.
La fine di un’epoca?
Il K2 è l’unico 8000 inviolato nella stagione invernale: il più ambito, il più difficile, il più affascinante. A suo modo, il successo segnerebbe la fine di un’epoca nell’alpinismo. La storia delle ascese invernali inizia nell’ormai lontano 1980, con l’ascesa dell’Everest – la vetta più alta, ma non la più difficile.
Gli anni 2000 sono stati gli anni di Simone Moro, che sale nel 2005 – con Piotr Morawski – lo Shisha Pangma e nel 2009 il Makalu, con il russo Urubku, con cui si ripete nel 2011 sul Gasherbrum II. Infine, 5 anni fa, il Nanga Parbat. Forse la montagna che ha richiesto, negli anni, il tributo più pesante di vite umane. Con quell’ascesa Moro ha segnato un record personale irraggiungibile, segnando la prima invernale su ben quattro 8000. Quel giorno, sulla vetta insieme a lui, c’erano il basco Txikon e il pakistano Ali Sadpara (che proprio in questi giorni è sul K2). Poco più in basso, a soli 70 metri dalla vetta, c’era Tamara Lunger.
Il coraggio di Tamara
L’alpinista altoatesina è una ragazza che crede nei sogni. Un’avventuriera, un’esploratrice. E un’alpinista di livello assoluto. Il K2 lo ha già scalato, nel 2014. Con Moro è legata da una grande amicizia. I due, lo scorso anno, sono stati insieme sul Gasherburn I e Tamara ha aiutato il compagno di spedizione a salvarsi dalla caduta in un crepaccio che gli sarebbe stata fatale. Quel giorno, sul Nanga Parbat, fece qualcosa di straordinario: rinunciò a raggiungere la vetta, non essendo in condizioni fisiche ottimali per farlo; a 70 metri dal traguardo, dopo 80 giorni di spedizione.
“Ho capito che quel giorno, nelle mie condizioni, poteva costarmi la vita. Temevo mi attendessero in vetta. Avrei rallentato troppo la discesa di tutti, sarebbe stato un suicidio… Ho sentito una voce interiore che mi diceva: se vai in cima, non torni a casa. Così ho deciso”
Quel giorno, con una scelta di grande coraggio, saggezza e altruismo, Tamara ha compiuto un’impresa pari a quella dei compagni che hanno raggiunto la vetta. E si è regalata la possibilità di inseguire un sogno ancora più grande: il K2 invernale. Non è il sogno solo di Tamara, ovviamente. Come detto, sono in tanti in questo momento al Campo Base o poco più su, dandosi il cambio nelle rotazioni per l’acclimatamento in vista dei tentativi di raggiungere la vetta. Spesso il confine tra l’amicizia che lega persone che condividono la stessa passione e la rivalità nell’essere all’attacco della stessa parete è sottile. Ma, come racconta la stessa Tamara sulla sua pagina Instagram, l’atmosfera al Campo Base è costruttiva e amichevole:
Penso che solo insieme potremo essere abbastanza forti da provare ad andare in cima alla “grande regina”
scrive a proposito dei compagni d’avventura incontrati al Campo Base. Il suo compagno di cordata, Alex Gavan, è un alpinista rumeno con ha alle spalle già sei 8000 completati senza l’uso di ossigeno aggiuntivo. Anche lui, come Tamara, pubblica periodici aggiornamenti sul suo account Instagram e sembrava ottimista, qualche giorno fa, alla vigilia della finestra di bel tempo che dovrebbe consentire, proprio in questi giorni, nuove ascese fino al Campo 3 per proseguire con l’acclimatamento e sistemare attrezzature e rifornimenti. Ottimista, ma molto realista nel considerare le difficoltà: “Rientreremo al Campo Base – scrive – entro il 16 o il 17 gennaio. A partire da quest’ultimo giorno il vento a 7000 metri avrà una velocità prevista di 100km/h. Sicuramente non vorremmo essere lassù in quel momento”.
Anche la Lunger non nasconde le difficoltà. Racconta di come sia tutto diverso da quando è stata sul K2 in estate e ammette che, probabilmente, la salita al K2 invernale sarà la cosa più difficile che abbia mai fatto. In questo momento sono in azione diversi team. Tamara e Alex, ma anche il catalano Mingote e il cileno Mohr, l’islandese Snorri insieme ai pakistani Ali e Sajid Sadapara. E Mattia Conte, l’altro italiano in azione, che condivide l’avventura con il greco Antonis Sykaris. Per alpinisti del loro livello arrivare in vetta è importante. Ci sono in ballo prestigio, soldi degli sponsor, ma – soprattutto – la realizzazione di un sogno.
“Vedere un essere umano che realizza un sogno è una cosa meravigliosa. Come andare
sulla Luna o scoprire l’America: questo è il motivo per cui noi siamo qua”
scrive Tamara nel suo libro, pubblicato nel 2017, all’indomani del traguardo sfiorato sul
Nanga Parbat. Perchè Tamara è un’alpinista, un’esploratrice, ma prima di tutto una sognatrice e un’amante della vita.
La mattina, quando esco dal mio sacco a pelo pieno di gelo, sono grata per la vita, per il silenzio, per l’energia, per il vento che rappresenta la vita e per tutta la bellezza che mi circonda
Essere lì è già parte di quel sogno. L’augurio – per lei, ma anche per tutti gli altri che stanno tentando un’impresa forse impossibile – è che possano coronarlo. Ma la grandezza di una come l’alpinista altoatesina è nella gioia che prova e che trasmette con le sue parole, per avere innanzitutto la forza e la possibilità di viverlo.
Simone Sciutteri