Quanto la politica ha bisogno di istituzioni private per far quadrare i suoi conti?
Uno studio del Parlamento europeo ha valutato positivamente l’operato di alcune istituzioni fiscali private, volte al monitoraggio e alle analisi dei propositi economici/politici. Oggi più che mai passare ai RaggiX della finanza i programmi politici, vuol dire fornire chiarimenti importanti su quello che potrebbe essere il futuro da riservare alle prossime generazioni. Non a caso la maggioranza politica italiana, pur avendo fronteggiato benino la prima ondata Covid, facendo da apripista in Europa quando il vaccino non era ancora nient’altro che un miraggio, ha dato i primi segni concreti di cedimento appena si è iniziato a parlare di cash. Le righe che seguiranno cercheranno di evidenziare la fiducia e le diffidenze su questi nuovi strumenti. Lo faremo tracciando un (se pur piccolo) collegamento che va dal famoso discorso di Draghi, del 2012, fino al piano NEXT GENERATION UE.
Uno sguardo al passato per meglio capire gli strumenti del futuro
Siamo nel 2012, il governo Berlusconi ha già lasciato il posto all’esecutivo tecnico guidato da Mario Monti. L’Italia è economicamente in ginocchio, tanto da far parte dei PIGS (l’acronimo che etichetta i paesi più fragili della zona Euro, Portogallo, Italia, Grecia, Spagna). Nonostante l’esecutivo Monti si attenga a tutte le misure dettate dall’Europa per far fonte alla crisi e far cambiare idea ai mercati finanziari, lo spread non si abbassa. Fino a ché Mario Draghi, allora capo della Banca Centrale Europea, non esplicita il suo famoso “whatever it takes”, ovvero, il discorso in cui si prometteva che Francoforte avrebbe usato tutta la sua forza per preservare la moneta unica. Tra le righe della “promessa” si legge una “implicita minaccia”. La promessa/minaccia produce un effetto deterrenza sui mercati finanziari, grazie a politiche di Quantitative Easing (acquisti straordinari di titoli di Stato sul mercato secondario). Finalmente lo spread dei PIGS si abbassa. Di fronte a questo scenario appena descritto le istituzioni europee non rimasero indifferenti. Da allora, infatti, si è cercato di costruire nuovi strumenti e regole di bilancio e bancarie, per evitare che una nuova Grande Recessione riaffiorasse tra gli Stati dell’Unione.
Ora torniamo nel presente, dove strumenti simili potrebbero giocare un ruolo essenziale per i soldi che devono arrivare dall’Europa. Soldi che, in qualche modo, già hanno messo in crisi la maggioranza politica in Italia.
Waiting for the money
Devono arrivare dei fondi dall’Europa, questa notizia è ormai cosa risaputa nei vari popoli dell’Unione. Che vi siano delle raccomandazioni dall’EU per aver accesso a questi fondi, però, sembra un aspetto meno rilevante. Esborsi di sovvenzioni e prestiti devono restare il più possibile nel quadro del NEXT GENERATION EU (il fondo di 750 miliardi di euro, destinati ai paesi dell’Unione, che ha lo scopo di favorire la ripresa economica e far fronte alla crisi dovuta alla pandemia di Covid-19). Servono quindi obiettivi comuni da definire, proposte d’investimento e costi da analizzare. A tal proposito alcune istituzioni fiscali private potrebbero far comodo per constatare la realizzabilità di certi progetti, nonché la compatibilità con le richieste dell’Europa. Anche se per ora l’efficacia di questi enti privati non può essere ancora definita, alcuni di questi stanno già giocando un ruolo fondamentale.
L’European Fiscal Board
L’ European Fiscal Board (l’organismo messo in piedi dalla Commissione Europea però indipendente)si è rivelato uno strumento efficace per armonizzare al meglio le richieste dell’Europa e le pretese degli Stati membri . Sia gli Stati che più o meno sostengono un’adesione rigida al patto di stabilità, sia quelli che maggiormente vi si oppongono, usano spesso le analisi e le proposte di questo “strumento”. Alcune di queste proposte sono state acclamate all’unisono, ad esempio:
-rendere meno complicate le regole del patto di stabilità;
-pensare alla ripresa del PIL dell’area Euro colpita dalla pandemia, prima di focalizzarsi sul patto di stabilità;
-definire una regola che salvaguardi alcune spese essenziali di investimento.
Dell’European Fiscal Board, più in generale, si può dire che finora ha contribuito a rafforzare l’analisi critica e potrebbe facilitare l’individuazione di un orientamento delle politiche di bilancio nel Vecchio Continente.
Elogi e critiche dal Parlamento europeo
Secondo uno studio del Parlamento europeo, (Indipendent fiscal institutions in the EU,https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/IDAN/2020/659399/EPRS_IDA(2020)659399_EN.pdf) questi tipi di strumenti presentano tre punti di grande utilità e due punti ancora abbastanza critici. Tra le cose utili ci sono:
– Una migliore informazione sia per gli elettori che per gli stessi politici
– L’individuazione di tendenze insostenibili nei conti pubblici che possono evitare crisi fiscali
– Il rafforzamento di una certa stabilità nella zona Euro
I punti ancora critici sono invece:
– La legittimità democratica
– Il legame ancora troppo debole tra le varie istituzioni
Lo studio chiude dipingendo questa istituzione/strumento come un aiuto che potrebbe rivelarsi molto prezioso per quella che sarà la nuova Governance in Europa:
“sebbene le istituzioni fiscali indipendenti non si evolveranno (e forse dovrebbero) in entità completamente indipendenti che dettano la politica fiscale dare loro più poteri aumentando in tal modo obiettività e trasparenza, potrebbe apportare vantaggi sostanziali a una ‘Governance’ sana e prudente delle risorse pubbliche”.
Aldilà delle dinamiche politiche, delle valutazioni del Parlamento Europeo, possiamo affermare che queste istituzioni potrebbero assicurare un buon coordinamento fiscale a livello UE, oltre che giocare un ruolo essenziale anche nei cicli elettorali. Si può ipotizzare una situazione in cui i partiti presentano i loro programmi a queste istituzioni private, in modo da facilitare la comprensione agli elettori sule possibili conseguenze (di quei programmi) a livello fiscale.
Gabino Alfonso