Di Isabella Rosa Pivot
Il Maschilismo Asintomatico di chi apparentemente difende la legittima parità tra i sessi, ma senza crederci davvero interiormente.
Wikipedia identifica il “maschilismo” come un “atteggiamento o forma mentis, basato sulla presunta superiorità dell’uomo nei confronti della donna”. La breve definizione ben delinea il concetto, esaltando il fatto che la presunzione di base non si estende alla sola azione, bensì anche e prima di tutto al pensiero. Talvolta, prevalentemente al pensiero.
La recente uscita infelice della Littizzetto a “Che Tempo che Fa”, o quella pronunciata dal telecronista di Rai Sport, Leonardo Leonarduzzi, “Donna Nanak, tutta Tanak” (commentando il campione uscente nel rally di Monza) non sono da considerarsi semplici battute. Rappresentano di fatto il pensiero svilente e maschilista che ancora precede la figura femminile in generale, mascherato da un’ironia fittizia e usata neanche troppo astutamente come paravento.
Frutto di secoli di cultura impostata, è nascosto anche nell’ospitante all’apparenza più innocente – vedi la comica Luciana, certo non priva di intelligenza e studi; nonché dichiaratamente femminista – : il pensiero maschilista talvolta si annida e non da segni della sua presenza, fino a quando non si palesa alla luce dell’incoscienza della stessa persona che gli da fiato.
Stiamo parlando di uno dei mali più grandi della nostra società, proprio per la sua difficoltà ad essere individuato, non ché per la tendenza comune a giustificarlo e a considerarlo innocuo: il maschilismo asintomatico.
Ne sono portatori gli uomini, ma ahimè anche troppe donne. Parliamo di personaggi solitamente colti, che apparentemente difendono la legittima parità tra i sessi, ma senza crederci davvero interiormente. Taluni inconsciamente – forgiati nella crisalide di un’educazione retrograda, che gli studi e la vita non sono riusciti a scalfire fino in fondo – , altri razionalmente consapevoli della contraddizione che li attanaglia. Se i primi si lasciano sopraffare da piccoli comportamenti e/o frasi sessiste, senza riconoscerne i risvolti gravi e contradditori, i secondi optano per una maschera particolarmente pesante, ma pur sempre meno faticosa da indossare rispetto all’autoanalisi e all’evoluzione personale.
Bisogna sottolineare che i maschilisti asintomatici si rendono conto della stupidità del concetto di maschilismo, come anche del giudizio negativo che li avvolgerebbe, nel caso in cui ammettessero i loro pensieri più profondi. Il problema è che proprio non possono fare a meno di partire dal presupposto maschilista in ogni approccio: come un drogato che sa di farsi del male, ma che non può comunque rinunciare alla sua dose. Il presupposto fondamentale è che, appunto, pensano che sostenere la parità sia conveniente, non la cosa più giusta e migliore anche per loro.
Badate bene che non si esagera nel considerarli un problema serio: sono quel perno nascosto della catena che ci lega al sistema patriarcale. Doppiogiochisti, sono loro ad impedire la reale svolta, ormai più che necessaria: per creare una tale contraddizione infatti, bisogna essere detentori di sufficiente cultura per riconoscere l’erroneità nel palesare un simile pensiero e sono soliti ricoprire cariche fondamentali. Sono i maschilisti (o le maschiliste) asintomatici, i primi ai quali dovremmo dedicare i nostri sforzi nella lotta di genere, non solo perché altrimenti continuerebbero a vanificare ed a rendere debole – se non nullo – il messaggio, ma soprattutto perché paradossalmente, sono tra i maschilisti che hanno fatto un passo in più verso la comprensione.
Come li si riconosce? Ebbene, è assai complesso, poiché fanno di tutto per non farsi scoprire. Sono la versione sofisticata del “Io non sono razzista, MA…”.
Un primo indizio può essere dato da alcune affermazioni, delicate alle orecchie più abituate al sistema, che lasciano trapelare un “fastidio” verso la considerazione paritaria.
Alcuni esempi:
– “Non sai cucinare?!” (con tono sorpreso e ironico)
– “Le donne devono sapere di profumo, non di sigarette ed alcool/… Devono, devono, devono”.
– “Le donne nascono per essere madri”.
– “Guarda che se fai così, passi per una facile. Te lo dico per il tuo bene”.
– “Ovvio che se quella mette certe foto, se le cerca anche…”.
– “Era sversa, aveva il ciclo probabilmente”.
– “La parità è necessaria, però secondo me il mantenimento dei ruoli è essenziale: siamo diversi”( uguaglianza nei diritti e nelle libertà, non presuppone aspetto e pensieri uguali).
– “Sei pazza” (quando la donna si arrabbia. Per lui, lei non prova ira, diventa solo isterica).
Fanno battute sessuali, riconducendo poi la loro affermazione all’umorismo.
L’unica vera ironia è che sono vittime di loro stessi, nell’autoconvinzione di propendere alla semplicità ed alla felicità.
Come possono cultura e maschilismo convivere? Come anticipato prima, a causa di un radicamento passato, incapace di scalfire le prese di posizione future.
Vi ricordate il caso del fisico Alessandro Strumia, che ha pubblicamente affermato la sua discriminazione ai danni delle donne nella fisica? Ebbene, non si può certo dire che Strumia non abbia cultura. Quest’ultima, infatti, non ha nulla a che fare con l’intelligenza, soprattutto quella emotiva.
Il maschilismo, come ogni forma d’odio in generale, scaturisce dalla paura e dall’insicurezza e non solo dall’ignoranza. È la bassa autostima a far pensare a queste persone che una simile visione sia conveniente: il confronto obbliga a mettersi in discussione, confida nell’accettazione da parte dell’altro. Paura di non essere all’altezza, che necessita quindi di un ruolo definito e dai contorni molto netti per evitare che prenda il sopravvento. La libertà di essere, porta incertezza.
Non fatevi ingannare dal dubbio che un’affermazione, con elementi discriminatori ed offensivi, possa in qualche modo essere un banale invito al sorriso: è una contraddizione che resiste il tempo di un cambio di notizia ed è proprio l’obiettivo che l’asintomatico desidera portare a termine; infettando, nel frattempo, altre persone poco informate che si lasciano convincere dall’innocenza dell’asserzione.
Fintanto che non si comprenderà la necessità del rispetto a discapito del divertimento istantaneo, anche la lotta per la parità sarà vana, poiché lasciata alla difesa di soldati in panchina che tifano silenziosamente per il nemico.
Parlano di giustizia, per poi optare sempre per la strada opposta… Quella più facile, perché conosciuta, ma decisamente meno felice.