La comunità hijra è costituita da una pluralità di identità difficilmente riconducibile ad una sola categoria. Può comprendere persone ermafrodite, intersessuali o transessuali ed è presente in alcuni paesi dell’Asia meridionale già da secoli. In passato queste persone erano generalmente rispettate dal resto della società, mentre oggi si ritrovano ad affrontare discriminazioni, maltrattamenti e povertà.
Vivono in comunità organizzate gerarchicamente e a cui si può accedere tramite un rito iniziatico che prevede la castrazione. La nuova discepola lascia la sua famiglia di origine (spesso è proprio quest’ultima a ripudiarla) e si unisce alla comunità sottomettendosi ad un guru. Tra di loro si instaura un rapporto di mutua dipendenza, seppur sbilanciato: la novizia è tenuta a consegnare tutti i suoi guadagni al suo guru, in cambio di protezione e a volte di un alloggio.
Origine del nome
La parola hijra deriva dalla radice araba hjr, che significa emigrare. Il termine è arrivato nella lingua hindi acquisendo originariamente il significato di “lasciare la propria tribù”.
Non esiste una traduzione univoca perché con il termine hijra si può indicare uno spettro molto ampio di identità e orientamenti: eunuchi, ermafroditi, transgender, transessuali, intersessuali, asessuali.
Talvolta la parola hijra può essere considerata dispregiativa e si preferisce chiamarli khwaaja Sira. Esistono inoltre varianti regionali non perfettamente corrispondenti a ciò che si intende con la parola hijra: i Kothi in India (si tratta generalmente di uomini dall’aspetto femminile che hanno rapporti con altri uomini), i Meti in Nepal, gli Zenana in Pakistan.
La comunità hijra nella cultura indiana antica
La comunità hijra vanta una presenza secolare all’interno della tradizione indiana. Essa sarebbe già presente nel racconto del Ramayana (II secolo d. C.), benché non tutti gli studiosi concordino nell’accettare questa versione. Si tratta di un poema epico che celebra le gesta di Rama, grande guerriero considerato l’incarnazione del dio Visnu.
Esiliato da Ayodhya, Rama si diresse verso una foresta seguito da tutti i suoi discepoli. Ad un tratto, il guerriero si rivolse agli uomini e alle donne chiedendo loro di lasciarlo. Tutti se ne andarono, tranne un gruppo di persone che non erano né uomini né donne e che rimasero nella foresta per quattordici anni ad attendere il loro signore. Passato questo tempo, Rama tornò e li ricompensò della loro lealtà con doni preziosi.
Gli/le hijra, creature considerate vicine agli dei, acquisirono così un ruolo importante nella religiosità induista.
Sono inoltre citati nel Kama Sutra, dove si parla di rapporti sessuali tra uomini con sembianze femminili ed altri uomini. Il destino della comunità hijra sembra legato fin dal principio alla sfera della spiritualità e della sessualità.
La colonizzazione e lo stigma
Con l’arrivo dei britannici cambiò, tra le altre cose, anche la percezione sociale della comunità hijra. I colonizzatori imposero i loro valori morali e codici di condotta. Sul piano legale, il governo britannico introdusse nel 1864 una legge che criminalizzava gli atti e i comportamenti sessuali senza scopo procreativo e “contro l’ordine naturale”. Alcuni studiosi avanzano l’ipotesi che l’introduzione di questa legge sia collegata alla ribellione del 1857 e al tentativo britannico di rafforzare la propria autorità.
In particolare, gli individui considerati devianti e potenzialmente ribelli dovevano essere neutralizzati. In questo modo interi gruppi sociali come la comunità hijra venivano delegittimati, stigmatizzati e condannati alla marginalizzazione.
La comunità hijra oggi
Il doppio binario di discriminazione colonialista (legale e culturale) continua a produrre i suoi effetti ancora oggi. La comunità hijra ha una reputazione ambivalente all’interno della società. La credenza che siano creature vicine agli dei continua ad essere radicata in certi ambienti. Per questo vengono invitati a danzare ai matrimoni o alla nascita dei bambini e si cerca di ottenere la loro benedizione.
D’altro canto però, l’esclusione e la discriminazione continuano ad essere le condizioni prevalenti della maggior parte degli hijra.
In alcuni territori, agli/alle hijra è impedito l’accesso agli ospedali pubblici. Questo dato, già preoccupante di per sé, diventa ancora più grave se si considera l’alta percentuale di persone affette da HIV nella comunità hijra. Le loro condizioni lavorative e abitative sono spesso precarie. Le professioni a cui gli/le hijra possono ambire, infatti, sono generalmente limitate all’uso del loro corpo nella danza o nella prostituzione. Quasi tutti inoltre sono costretti a chiedere l’elemosina in strada.
La situazione legale
Non sono rari gli episodi di violenza e le aggressioni (che talvolta sfociano nell’omicidio) nei loro confronti. La situazione è ulteriormente peggiorata quando, nel 2013, il governo indiano ha nuovamente criminalizzato l’omosessualità.
Il clima di odio e intolleranza verso le persone al di fuori dalla norma eterosessuale e patriarcale si è rivolto potentemente anche contro la comunità hijra.
Nel 2018, la sentenza emessa cinque anni prima è stata dichiarata incostituzionale, e l’omosessualità è ora ammessa nel paese (anche se non vi è possibilità di accedere al matrimonio o all’unione civile). Nel 2014 c’è stato un altro importante risultato.
La Corte Suprema indiana ha riconosciuto il terzo genere e ha stabilito il diritto di queste persone ad accedere a lavoro ed istruzione. Insieme all’India, anche Nepal, Pakistan e Bangladesh riconoscono legalmente l’esistenza del terzo sesso, che può essere registrato sul passaporto e su altri documenti ufficiali.
Tradizioni, eurocentrismo, diritti
In Occidente siamo spesso portati a pensare che le nostre conquiste sul piano dei diritti civili siano quasi sempre pioneristiche e potenzialmente illuminanti per altre tradizioni e culture. La storia della comunità hijra, così come quella dei mukhannathun e di altri gruppi, smentisce questo pregiudizio eurocentrico. Al contrario, lo scambio culturale del IXX secolo ha contribuito negativamente allo status sociale degli/delle hijra (anche a causa della cornice coloniale nel quale si è prodotto).
Queste specificità vanno tenute in considerazione anche oggi per tutelare i diritti umani di tutte le minoranze, senza omologare le loro istanze all’interno di un quadro concettuale irrispettoso delle differenze culturali.
Ciao! Molto interessante, vorrei saperne di più da un punto di vista legale-giuridico, sapresti consigliarmi della bibliografia? Grazie mille