Nell’uomo i geni per lo sviluppo cerebrale restano attivi a lungo dopo la nascita ed è per questo che grazie al processo evolutivo, l’uomo ha un cervello più grande nonostante il bacino femminile non sia molto più largo, il che non permetterebbe di partorire una testa troppo cresciuta. La forma allungata della scatola cranica non è cambiata molto nel corso dell’evoluzione umana, ma è la scatola cranica globulare che distingue nettamente la nostra specie da quella delle specie simili… ed è nel primo anno di vita che la scatola cranica umana assume una forma più globulare. “Negli esseri umani, le connessioni tra le diverse regioni cerebrali che si stabiliscono nei primi anni di vita sono importanti per le funzioni sociali di ordine superiore, oltre che per le funzioni emotive e comunicative”. Nei primi due anni di vita il cervello dell’uomo continua a crescere con la stessa velocità di quella del feto, quadruplicando così il suo volume neonatale.
Il motivo della fragilità umana è che è fondamentale per il completamento dell’essere umano (non solo per lo sviluppo della sua intelligenza, ma anche perché possa crescere sano di mente e di corpo) il fattore ambientale che troverà alla sua nascita e per i primi anni della sua vita: in una parola le cure che riceverà. In questo mondo l’ambiente che si troverà alla nascita l’essere umano è con buona probabilità ostile e comunque non consono perché troppo duro da permettergli ciò di cui per molto tempo avrebbe bisogno di ricevere. Nell’essere umano le cure, l’accudimento fatto di attenzioni, il rispetto, la delicatezza, la considerazione, l’ascolto e la pazienza dalla nascita fino ai primi anni di vita sono talmente difficili da realizzarsi (tanto da essere l’eccezione e non la regola) e nello stesso tempo così determinanti per la sua “riuscita” che di fatto l’umanità è assolutamente costituita da una stragrande maggioranza di persone non sane e di conseguenza non solo non felici e non equilibrate, ma per questo causa di deterioramento dell’intero sistema e di disfacimento dell’intera comunità, diventando necessariamente espressione di comportamenti masochisti, autodistruttivi o di comportamenti manipolativi che denotano mancanza di compassione, sadici, violenti e distruttivi degli altri esseri umani e dell’ambiente necessario alla propria sopravvivenza.
Considero ineludibile il fatto che l’umanità nel suo complesso abbia un tasso di felicità assolutamente negativo: è mostruosamente più elevato il numero delle persone che soffrono e non certo solo per motivi materiali (sarebbe comunque già ampiamente sufficiente questo motivo) rispetto a quelli che godono a tutti gli effetti di uno stato ambientale, fisico e mentale sano e che quindi possiamo considerare felici. Non è il caso di dilungarsi sul fatto che è assolutamente un problema di umanità il fatto che vengano fatte mancare le risorse, addirittura per sopravvivere, ad una parte importante dell’umanità, quando consentire a tutti l’accesso alle risorse sarebbe razionalmente fattibile. Ed è a causa dell’agire insano della maggioranza degli uomini, dell’umanità nel suo complesso, che mancano le risorse materiali necessarie per ciascuno, quando nella realtà ci sarebbero e potrebbero essere messe a disposizione di tutti. Pochi riescono a sottrarre il necessario alla maggioranza, utilizzando qualunque mezzo, anche a costo della propria vita pur di accaparrarsi ciò che tra esseri sani verrebbe naturalmente spartito e condiviso in modo conviviale. Ciò dovrebbe avvenire naturalmente almeno all’interno delle famiglie, dove invece si compiono i peggiori delitti e infamie. E possiamo forse permetterci di affermare che nel passato sia stato diverso? O che forse l’evoluzione tecnologica e scientifica abbia migliorato il tasso di felicità umano? La scienza ha sì aumentato il tasso di sopravvivenza nel senso che è aumentata la lunghezza della vita media, ma è anche vero che crescendo il numero della popolazione umana sulla terra è aumentato il numero degli esseri umani cui sono fatte mancare le risorse materiali minime, che sono la condizione non sufficiente, ma necessaria, perché possano essere considerati se non proprio felici almeno non delle vere e proprie vittime di un’esistenza nefasta e assolutamente indegna di essere provata. Il singolo essere umano può allo stato attuale essere felice? Ritengo di sì, in termini ideali. Ma non nel senso che esiste una felicità più o meno effimera che può in vari momenti o ambiti della vita toccare chiunque. Per felicità intendo uno stato quasi permanente di equilibrio e di armonia interiore ed esteriore dovuto non a fattori casuali o a eventi esterni più o meno codificabili, ma ad una serenità emotiva che può unicamente derivare da un corretto imprinting iniziale.
Veniamo al punto: se è vero che il quadro della situazione attuale è assolutamente negativo, che al momento non s’intravvedono nelle capacità umane i mezzi per renderla migliore, allora dobbiamo proprio ammettere che l’umanità è oggettivamente disgraziata e condannata a soccombere al proprio destino. Sempreché non intervenga un fattore esterno, un cambiamento ambientale favorevole che le permetta di completare la propria evoluzione, diventando strutturalmente più forte, per cui l’uomo nasce con il cervello già sviluppato e richiede, come gli altri esseri viventi, cure più semplici, realizzabili in modo “automatico”, per poter raggiungere l’autonomia e la maturità per un perfetto sviluppo cognitivo e psicologico, oppure che l’ambiente diventi più “gentile” nell’accoglierlo con la sua complessità
Più probabile e quindi auspicabile è un ritorno al nostro spirito originario, ancestrale, attraverso una presa di coscienza collettiva (una rivoluzione culturale) che imponga un cambiamento di rotta, col riconoscimento dei propri limiti e per superarli, facendoli diventare punti di forza. Come si può sperare in un’inversione di rotta? Continuiamo ostinatamente a farci del male. L’umanità continua a servirsi delle religioni, a elaborare delle teorie complicatissime, economiche e politiche e più di tutte psicoanalitiche che pur se utilissime all’inizio per imboccare la strada della conoscenza sono poi servite soltanto a sviare lo sguardo dell’umanità verso dei falsi miti, per non guardare lì dove fa più male: nei nostri limiti intrinseci. Attraverso la filosofia, l’uomo ha cercato di razionalizzare una realtà poco razionale, perché espressione più d’individuali scelte irrazionali insane, che di un logico senso comune. L’uomo è un disadattato, siamo dei poveri indifesi e non riusciamo neanche ad aiutarci tra di noi. Sarà banale, ma se gli uomini fossero solidali la vita sarebbe una bellissima avventura. Mi piace pensare a una capacità di contenimento collettiva.
“Non dividere per imperare, ma unire per liberare”.