«Farò mai niente di grande?». È forse questo il grido di ognuno di noi, che si propaga per le quattro mura di casa? In questo momento di massima difficoltà dovuto alla pandemia il nostro desiderio di grandezza è incatenato e la nostra smania di felicità tarpata. Una grande domanda sul futuro aleggia, così come attanagliava i pensieri di un giovane ragazzo di vent’anni. Era il 1819, a Recanati: il suo nome era Giacomo Leopardi.
Forse molti non sanno ma il giovane scrittore, descritto da molte antologie come studioso e solitario (facendo eco alla poesia Il passero solitario) era in realtà desideroso di vita e, a volte, dall’indole prorompente.
Giacomo Leopardi: rinchiuso in casa dal padre
Giacomo Leopardi alimenta giorno dopo giorno un profondo desiderio di felicità, inteso anche nelle sue accezioni più materiali; al tempo stesso, tuttavia, tali aspirazioni si scontrano con la realtà, che lo bloccano e gli impediscono di realizzarsi.
L’esempio più eclatante è rappresentato da una serie di lettere che raccontano un insolito avvenimento. Rileggendolo in questo periodo si possono trarre utili conclusioni. L’anno è il 1819 e Giacomo è vicino a compiere 21 anni: la maggiore età a quel tempo. È facile immaginarsi cosa sia passato per la testa del giovane, desideroso finalmente di poter vivere la sua vita, ma finora rimasto rinchiuso in casa per volere del padre. Una sorta di confinamento, o lockdown che a dir si voglia.
Il desiderio di una vita nuova e l’ansia di uscire di casa lo portano a scrivere ciò.
Farò mai niente di grande? Né anche adesso, che mi vo sbattendo per questa gabbia come un orso (…) con questo cuore ch’io mi ritrovo, fatevi certo: ch’in brevissimo tempo scoppierò
Ben presto però non è più bastato “lo studio matto e disperatissimo”. Il ragazzo di Recanati ha deciso di escogitare la fuga dal “paterno ostello”, divenuto prigione perché ormai inadatto alle sue esigenze, al suo desiderio di grandezza. Una volta escogitato un piano e contattata una persona per i passaporti falsi, Giacomo Leopardi ha tentato la fuga da casa.
Sono stanco della prudenza, che non ci poteva condurre se non a perdere la nostra gioventù, ch’è un bene che più non si racquista. Mi rivolgo all’ardire, e vedrò da lui se potrò cavare maggior vantaggio.
Leopardi nel 2020
Il ragazzo purtroppo non è riuscito nell’impresa: il padre Monaldo venne a conoscenza della fuga architettata dal figlio e il piano sfumò. Ma non è questo il punto. Terminata questa vicenda la domanda sorge spontanea: perché parlare di Leopardi nel 2020, in piena pandemia? Il giovane non ha certamente vissuto il dramma di un lockdown, questo è certo.
Ciò che però può essere di insegnamento è l’ardire del desiderio, anche nelle condizioni più disagiate. Un desiderio di grandezza, anche quando la realtà sembra negartelo. Come può, tuttavia, il desiderio consistere anche quando si scontra con la realtà, come nel caso di Leopardi? Io credo che la risposta sia grazie alla Speranza.