Di Roberto Allegri
Chef Gino Campagna, il cuoco italiano più famoso d’America. “La mia missione, insegnare ai bambini come mangiare sano”
<<Sono l’ambasciatore del buon cibo negli Stati Uniti>>, grida Gino Campagna, in arte Chef Gino, famosissimo cuoco italiano di Los Angeles. <<La mia missione è insegnare ai bambini delle scuole americane a cucinare con ingredienti freschi e sani, spiegando quanto possa essere gustoso un cibo fatto con le proprie mani. E i miei piccoli allievi sono entusiasti.>>
Cinquantadue anni, originario di Parma, negli USA Chef Gino è una celebrità. Partecipa agli show in tv, agli spot pubblicitari, alle feste private, agli eventi mondani, tiene una rubrica sul noto blog “The Huffington Post”, viene chiamato come consulente dalla Ferrero e dalla Barilla. Sposato con un’attrice e sceneggiatrice di Hollywood, è amico di George Clooney, Bill Pullman, Spike Lee, George Hamilton. Ma la sua passione sono i bambini. Per questo ha partecipato anche al progetto “Chef Moves to School” promosso da Michelle Obama per sensibilizzare i giovani americani sull’importanza dell’alimentazione salutare. E nei mesi scorsi ha avuto grandissimo successo il suo show televisivo “Born this way”, dove insegna a cucinare a talentuosi ragazzi Down. Lo show ha ricevuto una nomination agli EMMY Awards e sta per partire la seconda stagione.
<<In America, per quanto riguarda il cibo, si tende a considerare i bambini come cittadini di serie B>>, spiega Gino. <<Si fa mangiare loro sempre le stesse cose: le crocchette di pollo, gli hamburger, i panini con il burro di arachidi e la marmellata. Da più di vent’anni però, mi batto per tentare di cambiare le cose. Vado nelle scuole dei quartieri poveri di Los Angeles, dove l’obesità è largamente diffusa, e insegno ai bambini a fare e a cucinare cose semplicissime come ad esempio la pasta al sugo. Per noi italiani, un piatto di pasta al pomodoro è quanto di più immediato e quotidiano ci sia. Ma non in America. Così, quando i bambini si accorgono che a partire da una tazza di farina, un uovo, un po’ di olio d’oliva e del pomodoro in poco tempo possono mangiare un piatto sano, non preconfezionato e per di più, preparato da loro, diventano matti dalla gioia. Poi tornano a casa e dicono ai loro genitori “Sono un chef anch’io. Ora vi cucino qualcosa!”. Questo è per me è la più grande soddisfazione.>>
Assistere ad una lezione di Chef Gino in una scuola elementare è un vero spettacolo. Si viene immediatamente contagiati dall’entusiasmo straripante dei bambini che gridano il suo nome: “Gino! Gino!”. Lui li diverte con giochi di prestigio, smorfie e imitazioni, saltando da un angolo all’altro della classe come un folletto col grembiule da cuoco. Mostra i diversi tipi di pasta, spiegando ai piccoli allievi cosa significano le parole “linguine”, “orecchiette”, “conchiglie”, “rotelle”, “bucatini”. Poi fa vedere come impastare farina e uova. Per i bambini è un gioco meraviglioso.
<<I ragazzini imparano meglio se si associa l’insegnamento con il divertimento>>, dice ancora Chef Gino. <<Quando parlo con loro, cerco di non usare mai il termine “cibo salutare” perché ho sempre paura che identifichino il cibo come una medicina, come un qualcosa che se non lo prendi ti ammali. Insisto invece sulla positività. Non demonizzo il cibo cattivo ma celebro a gran voce il cibo buono.
<<Ho sempre avuto a che fare coi bambini. In Italia ho fatto per anni il maestro e mi sono specializzato come animatore pedagogico. Andavo di scuola in scuola ad aiutare gli insegnanti con programmi basati sul gioco e la teatralità. Poi nel 1991 sono approdato negli USA. All’inizio ho fatto il pubblicitario insieme a mio fratello che è un grafico. E andavamo forte. Una pubblicità che abbiamo prodotto si trova adesso al Museo di Arte Moderna a New York. Da subito però mi sono accorto che in America non esisteva affatto una cultura per il cibo. Io ero cresciuto a Parma, città famosa in tutto il mondo per il cibo. E proprio di recente l’UNESCO ha conferito a Parma il titolo di “città creativa della gastronomia”. In più, da mia madre Pinuccia, cuoca alla scuola materna, avevo ereditato l’amore per la cucina cioè per il “manipolare” le materie prima e realizzare “buon mangiare”. Così, non ho fatto altro che unire tutto questo al mio lavoro di maestro e mi sono inventato una “missione” tutta speciale: innescare una rivoluzione alimentare partendo proprio dai bambini.
<<Ho cominciato a girare per le scuole spiegando agli alunni come preparare piatti semplici come una pasta o un’insalata. Ed è stato un successo. Il mio nome ha cominciato a girare sempre più. Rachael Ray, la regina dei programmi televisivi gastronomici in America, mi ha voluto in trasmissione. E il noto chef inglese della tv Jamie Oliver mi ha chiesto di fare parte della sua squadra di cuochi nel progetto “Food Revolution”, mirato a cambiare le abitudini alimentari degli americani. Da quel momento non mi sono più fermato. Insieme a Tina Fanelli Moraccini e Lilian Palmieri, dell’Istituto di Cultura Italiana di Los Angeles, ho fondato la “Piccolo Chef Culinary School”, una vera e propria scuola di cucina per bambini che è stata più volte considerata la migliore della California. La scuola è diventata anche un’associazione no-profit che vuole promuovere il cibo come attività familiare, di aggregazione, centro della vita quotidiana. Insomma la filosofia tipica di noi italiani.>>