Dimmi papà, perché continui a portarmi in quell’ospedale? Non lo vedi che ho paura?
Certo ogni bambino, forse anche qualche adulto prova una certa angoscia nell’andare in un ospedale. Ma la mia non è angoscia papà, la mia è paura vera e propria. Non te ne sei mai accorto? Pensi che i miei siano stati dei semplici capricci da bambina? Ti sbagliavi, la mia era una semplice richiesta. Quando entravo in quella stanza tu non c’eri, mi lasciavi sola con quel mostro travestito da dottore, che iniziava a fare domande strane, a toccare dove non c’era bisogno, e io cosa potevo fare? Ogni volta speravo nel tuo arrivo. Ogni volta pregavo affinché qualcuno si accorgesse di quello che stava accadendo dentro quella stanza. Ho provato a raccontarlo ma voi non mi avete presa sul serio, come avevi risposto tu? “Ma smettila, è un medico, fa il suo lavoro” . E io, papà, mi sono anche convinta che lui stesse facendo il proprio lavoro, ho cercato, ogni volta, di pensare che fosse semplicemente il suo lavoro, che le mani le metteva lì perché forse era lì che si trovava il problema. Quando mi chiedeva di rimanere nel lettino io ho cercato di pensare che me lo stesse chiedendo per degli accertamenti. Però, papà, per quanto abbia voluto crederti, e convincermi, quell’uomo mi guardava con quegli occhi spaventosi, io non li capivo, e non mi opponevo, rimanevo ferma, forse attendevo il tuo arrivo, e non vedendoti arrivare mi rassegnavo. Ho pensato, molte volte, di essere io quella sbagliata, quella che vedeva un medico come un mostro, quella che metteva in dubbio la professionalità di una persona. Mi avevi rassicurato anche tu. Ma ogni volta era peggio, non potevo essere io quella sbagliata, ero una bambina, non erano i miei pensieri quelli sbagliati. Poi, per fortuna, l’incubo finì non appena ci trasferimmo. Il mostro svanì, realmente. Nei miei pensieri non esisteva più, nella mia realtà neanche, ero tornata la bambina felice di sempre. Una cosa, però, non svanì: la rabbia nei tuoi confronti. Non mi avevi creduta, non avevi mai aperto quella porta per salvarmi, mai. Ma non ti dissi più nulla, parlarti di questo avrebbe fatto riapparire il mostro nei miei pensieri. E io non volevo.
Adesso papà, sono passati 9 anni, e ti scrivo perché questa mattina ho letto sul giornale di un arresto. Non un arresto qualsiasi. Hanno arrestato il mostro, per abusi su minori. Ecco adesso so come si chiamano, non sono pensieri brutti, sono fatti reali, hanno un nome e delle conseguenze, conseguenze che per fortuna io non ho dovuto affrontare. Sono, però, felice perché esistono genitori che credono nei propri figli e che hanno il coraggio di denunciare queste violenze, perché sono violenze. Ti scrivo, papà, per dirti che io sarò sempre pronta ad aprire quella porta, per i miei figli, e per tutti i bambini che subiscono queste violenze. Io combatterò sempre, per abbattere questi mostri maledetti, combatterò perché non si può spegnere la luce che racchiude il sorriso di un bambino.
Oggi sono felice, papà perché la mia luce è tornata a splendere!