Dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001, più di 26 mila soldati australiani furono mandati in Afghanistan per combattere a fianco delle forze alleate e statunitensi contro i Talebani, Al-Qaeda e altri gruppi islamisti. Le truppe da combattimento australiane hanno ufficialmente lasciato il Paese nel 2013. Da allora è emersa una serie di resoconti brutali sulla condotta delle unità delle forze speciali d’élite. Tra cui i crimini di guerra in Afghanistan: quei soldati hanno ucciso, giustiziato illegalmente 39 civili afgani.
L’accusa
Civili afgani innocenti sono stati sgozzati, i corpi utilizzati come “trofei”. Due ragazzi di 14 anni sgozzati come agnelli sacrificali. Un giovane uomo usato come tiro a segno dopo che aveva alzato le mani in segno di resa. Un prigioniero ucciso perché “non c’era posto per portarlo via sull’elicottero”.
Questi sono alcuni dei “crimini di guerra” di cui sono accusate le forze speciali d’élite delle forze armate australiane (Adf, Australian Defence Force) durante i loro anni di attività in Afghanistan, dal rapporto Brereton reso noto dal governo di Canberra. L’indagine è stata condotta dal giudice militare Paul Brereton – che ha ascoltato più di 400 testimoni – ed è durata cinque anni.
Esecuzioni sommarie, prigionieri uccisi per riti di iniziazione, bambini trucidati nelle proprie case, civili fatti fuori per liberare spazio sull’elicottero.
Cito una testimonianza:
“Mi hanno torturato, non potevo dormire quando sono stato arrestato. Ogni volta che mi addormentavo un soldato mi prendeva a calci in testa in modo che non potessi farlo.”
Si tratta di crimini di guerra in Afghanistan: le truppe delle forze speciali d’élite hanno ucciso, giustiziato illegalmente almeno 39 civili afgani – spesso prigionieri – tra il 2007 e il 2014 in 23 “incidenti separati”. Senza nessuna plausibile giustificazione.
Venticinque membri delle Special Air Services australiane sono chiamati in causa come esecutori o mandanti delle violenze. Alcuni di essi sono ancora in servizio.
Crimini di guerra in Afghanistan: pubbliche scuse del capo delle Forze di difesa australiane
Il capo delle Forze di difesa australiane, il generale Angus Campbell, di fronte all’esito dell’indagine, ha ammesso l’esistenza tra le forze speciali di una cultura distruttiva dell’impunità che ha portato a una serie di presunti omicidi e insabbiamenti andati avanti per anni.
“Al popolo afghano, a nome dell’Australian Defence Force, chiedo scusa sinceramente e senza riserve per qualsiasi illecito da parte dei soldati australiani. Alcune pattuglie hanno illecitamente interpretato la legge: regole sono state infrante, storie inventate, bugie raccontate e prigionieri uccisi. Alcuni sottufficiali esperti, carismatici e influenti e i loro protetti avevano sposato una cultura distorta del concetto di élite militare, basata su ego e elitarismo.”
Crimini di guerra in Afghanistan: assolte le figure militari di alto livello
Il rapporto assolve in gran parte le figure militari di alto livello dalla responsabilità degli omicidi. Non ci sono prove che funzionari di alto rango fossero a conoscenza delle uccisioni illegali. La responsabilità appartiene ai comandanti di pattuglia di livello inferiore.
A guidare le azioni erano quasi sempre i sergenti messi a capo di ogni pattuglia, sottufficiali considerati alla stregua di “semidei” dai loro soldati. Testimonia un soldato:
“Erano assetati di sangue. Dei veri pazzi”.
Questi, obbligavano i soldati più giovani a uccidere civili afghani per “sporcarsi le mani di sangue per la prima volta”, in una pratica conosciuta in gergo come “blooding” . I soldati, poi, tenevano un macabro “conteggio dei morti per una competizione interna”.
Sono state anche stabilite evidenze che alcune delle forze speciale portavano con sé armi, radio e granate non di ordinanza, da piazzare vicino ai corpi di civili uccisi, e aggiungevano i nomi (delle vittime innocenti) alle liste degli obiettivi, per suggerire che fossero un “obiettivo legittimo” in eventuali indagini “sull’incidente”.
Già si indagava sugli accadimenti…
Questa ricostruzione conferma le conclusioni di chi, per prima, ha iniziato ad indagare sugli accadimenti: la ricercatrice per i diritti umani Samantha Crompvoets.
La dottoressa Crompvest ha affrontato un’enorme resistenza quando il suo rapporto iniziale è trapelato.
“Mi hanno criticata per essere una donna, una civile, una femminista, che in qualche modo stava cercando di femminilizzare la difesa delle vittime”.
Inoltre, i vertici militari avrebbero cercato di ostacolare l’inchiesta, per questo la Commissione indipendente per i diritti umani dell’Afghanistan (Aihrc) insistette per andare a fondo.
Crimini di guerra in Afghanistan: che cosa accadrà adesso?
Il rapporto Brereton raccomanda di attuare una serie di azioni correttive per l’esercito e il governo alla luce dei suoi risultati. Lo stesso ispettore generale dell’esercito che ha prodotto la straziante inchiesta ha redatto ben 143 raccomandazioni. Tra queste, deferire 19 persone alla polizia federale australiana, pagare un risarcimento alle famiglie delle vittime, e una serie di riforme per l’esercito.
Il generale Campbell, invece, si è spinto oltre. Le persone coinvolte hanno portato una onta al loro reggimento, alle forze armate e all’Australia. Per questo, le ha denunciate all’ufficio del procuratore speciale per i crimini di guerra. Si è mosso inoltre per revocare le medaglie d’onore assegnate alle forze per le operazioni speciali che hanno prestato servizio in Afghanistan tra il 2007 e il 2013.
Giulia Chiapperini