Martedì 3 novembre, mentre gli occhi del mondo intero erano puntati sulle elezioni negli Stati Uniti, in Cisgiordania andava in scena l’ennesima barbarie ad opera di Israele.
La denuncia arriva dall’ONU e da altre organizzazioni a tutela dei diritti umani, come B’Tselem. A Khirbet Humsah, un insediamento beduino nella valle del Giordano, Israele ha demolito 76 strutture. Tende, recinti per gli animali, bagni, cisterne per l’acqua, capannoni per lo stoccaggio del foraggio per il bestiame, due pannelli solari. 74 persone sono rimaste senza casa. Di queste, 41 sono bambini.
I bulldozer israeliani demoliscono le case dei palestinesi
Secondo i testimoni, erano le 11:00 quando i bulldozer e gli scavatori, accompagnati da una scorta militare, sono arrivati a Khirbet Humsah. Sono arrivati senza preavviso, senza lasciare ai residenti il tempo di raccogliere i loro averi. E hanno distrutto tutto. Quando l’infame carovana si è allontanata, sollevando nuvole di polvere rossa, là, dove c’era un villaggio, non sono rimasti che lamiere accartocciate, teloni strappati, lettini rovesciati. Il riso e le granaglie mischiati alla terra. Poche persone, schiacciate sotto il peso della disperazione, si aggirano tra le macerie nella speranza di poter salvare dal disastro qualche scampolo di quotidianità. “Sono sicuro che hanno approfittato delle elezioni negli Stati Uniti”, ha detto Yasser Abu al-Kbash, un residente, a NPR.
Ora undici famiglie si trovano senza un tetto sopra la testa. Davanti a loro un destino incerto, mentre si fa sentire la morsa dell’inverno sferzante della valle. La situazione è resa ancora più critica dalla pandemia di COVID-19 che, inclemente, miete vittime anche in questa parte di mondo.
Secondo le dichiarazioni di Yvonne Helle, coordinatrice umanitaria di OCHA per i territori palestinesi occupati, Khirbet Humsah, anche chiamata Humsah Al Bqai’a, “è una delle 38 comunità beduine e di pastori situate in aree che Israele definisce zone di fuoco. Si tratta di comunità tra le più vulnerabili in Cisgiordania. Hanno accesso limitato all’istruzione, ai servizi sanitari e alle infrastrutture idriche, sanitarie ed elettriche”.
Inoltre, per i palestinesi della Cisgiordania è difficile ottenere i permessi di costruzione. Anzi, è praticamente impossible a causa “del regime di pianificazione restrittivo e discriminatorio” retto dalla legge militare che Israele ha imposto nei territori occupati.
Terra Santa: apartheid e pulizia etnica
Mentre i bulldozer israeliani demoliscono i villaggi delle comunità, il governo minimizza e cerca giustificazioni. In questo caso hanno affermato che quelle abbattute erano costruzioni illegali, sorte in poligoni di tiro e zone militari.
Secondo l’OCHA invece, si tratta del più grande sfollamento forzato nei territori palestinesi occupati negli ultimi 4 anni, e della demolizione col maggiore impatto negli ultimi 10 anni.
In un comunicato, l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari denuncia la pratica della demolizione illegale. Gli israeliani demoliscono le proprietà dei palestinesi come mezzo coercitivo per costringerli ad abbandonare le loro case e andarsene. Questa prassi, si legge nel comunicato, costituisce una “grave violazione” della Quarta Convenzione di Ginevra, che protegge la popolazione civile in aree occupate.
È dai tempi dell’occupazione che gli israeliani demoliscono le case dei palestinesi. Secondo ICAHD, Israeli Committee Against House Demolition, dall’occupazione israeliana del 1967 al 2019, lo stato ebraico ha raso al suolo 49.532 strutture, provocando lo sfollamento di centinaia di migliaia di palestinesi. L’amministrazione israeliana giustifica queste operazioni nell’ambito della lotta al terrorismo e all’abusivismo edilizio. Per l’ONU invece si tratta di una forma di punizione collettiva contro palestinesi innocenti, e un mezzo per gli israeliani di rubare terra palestinese per espandersi in territori strategici.
La demolizione illegale e lo sfollamento forzato del popolo palestinese sono solo alcune delle pratiche disumane utilizzate dal governo xenofobo e razzista che siede nei palazzi di Tel Aviv. In Terra Santa Israele ricorre a un misto di “segregazione razziale, occupazione militare e colonizzazione” per portare avanti una vera e propria pulizia etnica.
Camilla Aldini