La violenza è come le correnti oceaniche : guardando il mare, quel che notiamo sono le onde che increspano, mutevoli e giocose, la superficie – e possiamo credere che i moti ondosi riassumano tutto ciò che il grande mare è.
Ma non è vero : quello che è più importante sono le correnti sottomarine, gigantesche e interminabili, così grandi da non essere catturabili con un solo sguardo. Sono le correnti, che spiegano le onde superficiali.
Allo stesso modo, per capire il perché della violenza nelle strade americane e non solo, non dobbiamo fermarci alle apparenze.
Il passato può venirci forse in aiuto.
Il monopolio della violenza
Nel Giappone del 1600, dopo un periodo di guerre civili e di violenza generalizzata, si ristabilì saldamente il regime dello Shogun. Lo Stato centralizzato riacquisì la sua forza, e nel far ciò attuò diversi provvedimenti, tra i quali uno fondamentale: requisì ai privati le armi da fuoco, i moschetti, le pistole e e i cannoni.
Le armi da fuoco praticamente scomparirono dalla società giapponese: un simile grado di avocazione della forza da parte di un governo non ha paragoni nella storia.
Era, quella giapponese dell’epoca, una società tanto pacificata, quanto militarizzata. Solo lo Stato era in grado di esercitare una efficace violenza, in un paese trasformato quasi in una grande caserma (seguirono decenni di progresso sostanziale, va chiarito).
Una società senza violenza?
La nostra società per tanti aspetti, anche ragionevoli, può considerarsi pacifica: il livello di violenza non è paragonabile a quello del passato.
Ed è una società libera, certamente molto più di quelle del passato.
D’altronde, si ripeterebbe un luogo molto comune se si discutesse la profondità e la consistenza di questa libertà che esercitiamo, o che diamo per scontata, giorno per giorno.
Questo, soprattutto dal momento in cui ragioniamo su quanto la spinta verso le libertà civili sia stata esercitata – ma inevitabilmente ? – nello stesso periodo in cui i diritti così detti sociali, essenzialmente i diritti dei lavoratori dipendenti, sono stati sviliti e ridotti, quando non aboliti.
Questo sappiamo che corrisponde al quarant’anni di gloria di quella che possiamo a buon diritto chiamare una ideologia : il neoliberalismo.
Il neoliberalismo in pillole di Foucault
Alla radice di questa corrente di pensiero, da tempo egemone nella società e nelle istituzioni, è il principio che la libertà economica sia la base di ogni libertà civile, in definitiva delle stessa libertà in quanto tale. E perciò, ci sia una vera democrazia solo se alla libera impresa risulti sacrificato quasi ogni altro valore.
Non intendo oggi discutere di questo punto, ma di un altro elemento: un elemento che si può trarre prendendo spunto dalle letture critiche, proposte da alcuni giovani studiosi sull’ultimo numero di “Materiali Foucaultiani”, dei noti corsi tenuti al Collège de France da Foucault, corsi dedicati fra l’altro proprio al tema del neoliberalismo.
Quei corsi si tennero verso la fine dei Settanta : e come in parte Foucault capiva, ma noi oggi possiamo dire di aver sperimentato pienamente, affrontavano proprio lo spirito dominante alla base del periodo che poi è seguito – sino al momento in cui sto scrivendo.
Proprio una considerazione di Foucault smaschera le pretese del neoliberalismo e al tempo steso spiega la violenza insorgente di questo periodo.
Alle radici della violenza: the Age of the Self
Non è una novità se evidenziamo che al centro della galassia culturale e anzi psicologica del neoliberalismo rifulge una stella : l’individuo narcisista, svincolato da ogni legame con gli altri (vi ricordate colei che affermò “la società non esiste, esiste solo l’individuo ? ”) quindi l’individuo che è in perenne lotta per la propria auto-affermazione.
Cosa che va dalla competizione per le risorse economiche, alla forsennata rincorsa alla celebrità, alla fama, al potersi in qualche modo e negli occhi di qualcuno “rispecchiare” – per aver conferma..di esserci davvero, della propria identità.
In definitiva questo individuo-narcisista, che è l’uomo medio dei nostri tempi, è un eterno bambino.
Ma non un bambino come quello che compare alla fine di “2001: Odissea nello spazio” e che corona la millenaria evoluzione dell’umanità. E anzi piuttosto un vero uomo-scimmia, la regressione all’abbrutimento, e quindi alla violenza, che connotava l’alba della nostra specie, sempre in lotta per sopravvivere giorno per giorno, in una quotidianità senza prospettive.
L’autoaffermazione pura e semplice, non correlata a un contesto sociale e culturale, e spero non mi si accusi di moralismo, il Selfismo tipico del secolo odierno veicola un portato di violenza grandissimo: ancorché parcellizzato, diffuso, atomizzato.
Come atomizzata è la società odierna (magari fosse liquida…libera come solo i liquidi sono fra gli stati della natura).
Crisi dello Stato e violenza nella società
Ora, ciò che Foucault chiariva è questo : l’ideologia che governa, nei fatti, i nostri anni, coincide proprio con la crisi dello Stato.
E’ quindi un argomento scorretto, quello dei neoliberali che accusano e accusavano lo Stato sociale, sorto nel dopoguerra, di essere una anticamera della dittatura e di esercitare violenza, nel momento in cui limita le prerogative della libera impresa economica.
I neoliberali infatti accusavano i governi occidentali di centrosinistra di essere incamminati sulla stessa strada dei comunisti e dei nazisti – tutti accomunati dallo stesso crisma : totalitarismo e dominio dello statalismo.
Ma come spiegava Foucault, ed è questa la considerazione che trovo illuminante: i regimi dittatoriali sorsero proprio dalla crisi dello Stato, dall’indebolimento dello Stato e delle sue garanzie politiche collettive, della sua capacità di unire interessi anche differenti – tutto ciò a seguito del collasso del modello economico, istituzionale e culturale del liberalismo classico. Il quale comunque faceva riferimento strenuo allo Stato – come garante, se non altro, degli interessi della classe borghese.
Lo Stato sociale e democratico quindi aveva semplicemente ripristinato le funzioni politiche generali delle istituzioni : lo Stato, appunto.
E nel momento in cui sosteneva il progresso dei lavoratori, non scoraggiava certo il libero commercio e la crescita economica – almeno se ci si limita a leggere le statistiche degli anni d’oro fra i 50 e i 70.
Che cosa si può concluderne?
Individualismo e violenza
Che l’individualismo, al centro dell’egemonia neoliberale, ha portato alla crisi sia delle democrazia che dello stesso Stato.
Una crisi tanto grave che, seguendo le immagini del funerale degli agenti uccisi dal cecchino a Dallas, guardando il volto e seguendo le parole pronunciate da Obama, una cosa soprattutto notiamo: disorientamento.
Il mondo, la politica, hanno perso la bussola. Ed è difficile trovare soluzioni a problemi come la violenza per le strade americane, come ad altri problemi, perché è persino difficile identificare un bersaglio polemico – quando non sia un capro espiatorio, come il nero, il poliziotto bastardo, o il migrante messicano come vorrebbero i vari Trump che dominano le scene.
Ma questi “meme”, e questi demagoghi, sono parte del problema.
E il problema non lo risolveremo mai, sinché ci limiteremo a guardare le onde che increspano, con ingannevole per quanto dolorosa drammaticità, la superficie delle cose.
Come ormai è stato chiarito, fra gli altri da Adam Gopnik: se c’è tanta violenza in America, è chiaro che il razzismo atavico ha un peso enorme – ma quel che obiettivamente conta è il numero spropositato di armi da fuoco che circola liberamente nella violentissima e competitiva, alienata per quanto individualista società a stelle e strisce.
Samurai e cowboy
Lo specchio riflesso della società giapponse dopo il 1600 – proprio quella contro cui combatterono gli eroici marines. Una società fondata sul culto della violenza, sebbene ormai essa venisse solo ritualizzata (i samurai finirono disoccupati o trasformati in funzionari) almeno sino al nuovo militarismo postindustriale che la recuperò appieno.
Ma insomma, se quelle armi circolano in tanta abbondanza, è chiaro che la ragione principale è l’interesse commerciale dei produttori delle medesime, le famosi lobby delle armi.
Però alla radice, quel che spiega perché la violenza sia tanto aumentata in questi decenni, e non prima, e del perché ci sia stata questa vera e propria corsa alle armi – alla radice è soprattutto la crisi dello Stato portata dal neoliberalismo.
Questa ideologia che promuove una società in cui l’individuo rifugge per principio da qualsivoglia freno, e pretende una sola cosa: affermare la propria forza e presenza – questa ideologia ha creato una società come quella americana, dominata dalla violenza.
Una società divisa in fazioni contrapposte, in cui le istituzioni e i grandi partiti sono in crisi e faticano a relazionarsi con l’elettorato.
Una società, in cui lo Stato di diritto non ha più, di fatto, il controllo della violenza ed è in affanno. Una società simmetricamente insicura e non libera – tanto quanto quella giapponese di 400 anni fa, in cui lo Stato schiacciava gli individui.
Le vie della violenza, nella storia, sono quasi infinite.
ALESSIO ESPOSITO