E chi se lo aspettava che quella sera andava a finire così. Certo hai esagerato, con quel povero tassista, per non parlare del pizzaiolo. Ma eri tu, quello più spaventato di tutti. Dimmi un po’ Riccà, non ti sarai mica ammazzato da solo, come tutti quei poveri ragazzi che si vedono in televisione?
Era la sera del 3 marzo 2014 e Riccardo Magherini, 39 anni, si trova in un hotel insieme a due suoi amici. Un bicchiere di troppo, forse, poca lucidità. Allucinazioni, raccontano i testimoni. Dopo aver bevuto tre cognac si allontana dall’hotel e chiama un taxi, ma all’imbocco della curva indicata dallo stesso inizia a perdere la testa, afferra il tassista con il braccio al collo, il quale si spaventa e scappa. Esce anche lui dal taxi e inizia a correre, più spaventato del tassista e, in preda ad un attacco di panico chiede aiuto, sale su un’automobile con cinque ragazzi a bordo e dice che qualcuno vuole sparargli. Arriva davanti a una pizzeria e, con una spallata, spacca il vetro ed entra prendendo il telefono al pizzaiolo. Voleva chiamare la polizia. Poi esce fuori, si inginocchia e chiede di non sparare. Sale su un’auto e arriva davanti ad una gelateria. E’ lì che arrivano i carabinieri. Riccardo è agitato e chiede aiuto, viene chiamata l’ambulanza, nel frattempo restituisce, con molta tranquillità il telefono al pizzaiolo.Tira un pugno in testa ad un carabiniere e colpisce con le manette un altro. Viene bloccato e ammanettato a pancia a terra. Continua a scalciare e chiedere aiuto, ormai immobilizzato. Uno dei carabinieri inizia ad assestare calci sul fianco destro, un altro, raccontano i testimoni, tiene il ginocchio sul collo. Qualcuno cerca di difenderlo, ma il maresciallo lo liquida “non rompere i coglioni”. Intanto le grida di Riccardo non sono più rivolte a persone immaginarie, ma implorano pietà. Urla chiedendo, pregando, di chiamare l’ambulanza e di smetterla con i calci. Chiede di essere salvato. L’ambulanza arriva, e Riccardo è immobile, con gli occhi chiusi. Una volontaria rialza le palpebre e vede le pupille dilatate, controlla la respirazione. In quel momento un carabiniere si avvicina ad un altro volontario chiedendo di chiamare un medico per sedarlo. Sedarlo? Giace inerme nell’asfalto, con gli occhi chiusi, un militare che gli regge ancora le mani ammanettate, e viene richiesto un medico per sedarlo. Il maresciallo rifiuta la richiesta della volontaria di togliere le manette . All’arrivo del medico si accorgono che Magherini è in arresto cardiocircolatorio. Da dodici minuti, prima ancora dell’arrivo dell’ambulanza, Riccardo giaceva a terra, senza alcun soccorso. Viene girato a pancia in su, con ancora le mani ammanettate. Le manette vengono tolte sotto richiesta del medico stesso che tenta invano una rianimazione. Riccardo è morto. Non è pazzo. E’ morto per asfissia, è morto perché prono a terra con il peso degli agenti sopra di lui per almeno un quarto d’ora. No non è morto per quello che aveva assunto quella sera. E’ stato ammazzato!
Oggi la condanna, seppur breve, per tre carabinieri responsabili: sette mesi per i carabinieri Castellano e Della Porta, otto mesi per corni
Un briciolo di giustizia per Riccardo, per suo figlio, i genitori e tutti i familiari dei morti senza colpa.