Alle elezioni Usa 2020 la crisi climatica è un tema con cui intercettare l’elettorato. Donald Trump sceglie di mentire. Joe Biden prende le distanze dalla “sinistra radicale”
Donald Trump ha mentito mentre Joe Biden non è riuscito a evitare una gaffe. Chris Wallace, 72 anni, anchor man di Fox News introduce il tema del cambiamento climatico durante il dibattito presidenziale tra Donald Trump e Joe Biden. Uno dei più anomali nella storia degli Stati Uniti d’America che, come hanno scritto il New York Times e il Washington Post, è finito nel caos.
“Uno dei dibattiti più inconcludenti”.
Sia Donald Trump sia Joe Biden si sono sfidati verbalmente lasciando pochissimo spazio alla sostanza tra interruzioni, attacchi verbali, ironia e anche qualche imprecisione, bugia e gaffe.
La crisi climatica nel dibattito politico americano
Il tema del cambiamento climatico entra nel dibattito presidenziale americano, con una forza nuova rispetto alle elezioni di 12 anni fa. Come per la questione razziale, la crisi climatica viene utilizzata per tentare di intercettare parte dell’elettorato.
Gli Stati Uniti hanno vissuto il movimento giovanile dei Fridays for Future; l’amministrazione Obama ha costruito una regolamentazione ambientale più stringente; il Paese ha imparato a conoscere la forza delle istanze della sinistra radicale: da Bennie Sanders a Alexandria Ocasio-Cortez. Che hanno spianato la strada al dibattito sulla crisi climatica.
La crisi climatica, le menzogne di Donald Trump alle elezioni Usa
A proposito di bugie. Donald Trump ha affermato, rispondendo alla domanda del moderatore:
“Stiamo facendo molto bene. Abbiamo il livello di emissioni più basso. Gli incendi (in California, ndr)? Colpa del malgoverno delle foreste. Colpa dunque dei democratici che amministrano lo Stato”.
Trump, che non si è solo limitato a lodare se stesso sul fronte ambientale rispetto al quale ha sempre esercitato un forte ostruzionismo, ha anche negato di essere un negazionista. E di avere deriso gli allarmi degli scienziati sulla crisi ambientale.
Indimenticabile quando, mentre gli Stati Uniti erano stati messi in ginocchio da una ondata di gelo, ha affermato:
“Mi devono spiegare dove sia il surriscaldamento globale, con questo freddo”.
Secondo Trump la transizione energetica, voluta per la prima volta da Barack Obama, ha un costo che gli Stati Uniti non si possono permettere. Gli Stati Uniti investono sulle fonti di energia rinnovabili, ma sono restii ad abbandonare del tutto il petrolio e il carbone. Il Paese infatti non si è ancora dotato di una normativa che, come in Europa, riconosce il principio del “chi inquina paga”. Inoltre, negli Stati Uniti non esiste il meccanismo degli Ets (Emission trading System). Questo perché il Paese non ha mai aderito al Protocollo di Kyoto.
Elezioni Usa , Trump vs Biden: cosa cambia per la crisi climatica
Dodici anni fa gli Stati Uniti erano un Paese che doveva fare i conti con la crisi dei mutui subprime. Nel 2008 con la sua candidatura alla Casa Bianca, Obama aveva dichiarato di volere dare avvio al meccanismo degli Ets, ispirandosi all’Europa, e aderendo al Green New Deal. Rimasto finora una dichiarazione di intenti piuttosto che un concreto piano politico per i liberal democratici.
Proprio il Green New Deal è entrato nel dibattito presidenziale. Trump ha chiesto a Biden se lo avesse fatto suo, definendolo un progetto economicamente insostenibile per gli Stati Uniti. Qui, l’errore di Biden. Un errore grossolano, che lo ha spinto a negare l’adesione a quello che resta di fatto solo un pezzo di carta ma è un piano ambizioso. Realizzabile.
La strategia gli ha permesso di prendere le distanze dalla sinistra radicale, riconoscendo però, proprio come fece Obama nel 2008, che il cambiamento climatico è un pericolo per il Paese. Puntare al green dice Biden durante il dibattito,
“Renderebbe l’economia (americana, ndr) più sicura e creerebbe milioni di posti di lavoro”.
Il Green New Deal americano
Prende spunto dal New Deal di Delano Roosvelt, un piano economico poderoso che consentì agli Stati Uniti di risollevarsi dalla crisi innescata dal martedì nero del 1929. L’America nel 2008 aveva davanti a sé un’altra crisi economica da superare, quella dei mutui sub prime.
Nel Green New Deal presentato per la prima volta dalla democratica Alexandria Ocasio Cortez al Congresso l’obiettivo è di avviare l’economia statunitense verso la transizione ecologica ed energetica:
“Combattere l’ingiustizia socio-economica lottando al tempo stesso contro i cambiamenti climatici”.
In un tweet Donald Trump si fece gioco del Green New Deal tacciandolo di estremismo e riducendolo a una fantasia:
“E’ importante che portiate avanti la vostra idea. Sarebbe fantastico eliminare tutti gli aerei, le auto, le mucche, il petrolio, il gas e l’esercito, anche se nessun altra Nazione lo farebbe. Magnifico!”.
Il Green New Deal mira a realizzare un’economia a zero emissioni nel giro di dieci anni. Scommettendo tutto sulle fonti di energia rinnovabili. Non solo, esso sarebbe servito anche ad appianare le disuguaglianze sociali e a garantire diritti e lavoro.
Chi dei due contendenti ha ragione sulla crisi climatica?
Jeremy Rifkin, presidente della Foundation on Economics di Washington, parte dal Green New Deal per introdurre alcuni dei punti salienti della rivoluzione verde americana.
Secondo Rifkin, infatti, i combustibili fossili diventeranno degli stranded assets. Quando il cambiamento climatico diventerà un elemento indispensabile per la stabilità finanziaria e un problema che l’economia mondiale per sopravvivere non potrà più accantonare, gli Stati Uniti, uno dei principali Paesi produttori di petrolio, rischiano di trovarsi con asset (il petrolio) in eccesso rispetto alla domanda.
Ciò quando Paesi concorrenti come l’Europa avranno avviato investimenti green in infrastrutture, tecnologia delle cose e fonti di energia rinnovabili per raggiungere zero emissioni.
“La bolla del carbonio – scrive Rifkin – è la più grande bolla economica della storia. Negli ultimi ventiquattro mesi (2018, ndr) studi e rapporti provenienti dalla comunità finanziaria globale, dal settore assicurativo, dalle organizzazioni del commercio globale, dai governi nazionali, e da molte delle principali società di consulenza nel settore energetico, dei trasporti e immobiliare fanno pensare che il crollo della civiltà industriale basata sui combustibili fossili sia imminente e possa verificarsi tra il 2023 e il 2030”.
“Gli Stati Uniti…si troveranno presto sotto attacco, stretti fra il crollo dell’energia solare ed eolica, la caduta della domanda di petrolio e l’accumularsi di stranded assets nell’industria petrolifera”.
Abbiamo visto quanti miliardi di dollari le multinazionali americane spendano ogni anno in ricerca e sviluppo per catturare l’anidride carbonica. Restando salde sul mercato del petrolio e del gas naturale, immuni da meccanismi di penalizzazione o tassazione per l’inquinamento prodotto.
Crisi climatica ed elezioni Usa 2020
Trump, che ha smantellato parte della regolamentazione ambientale di Obama, di fatto mente al popolo americano circa la insostenibilità economica della transizione energetica. Quella affermazione del presidente americano però si rivolge a una parte di elettorato americano: negazionista e scettico rispetto al cambiamento climatico, composta da grandi industriali e lobbisti.
D’altra parte, lo stesso vale anche per Biden, interessato oggi più che mai a intercettare il voto dei giovani scesi in piazza per manifestare con Greta Thunberg in difesa del clima, degli afroamericani, degli ispanici e degli americani della classe medio bassa più colpita dall’inquinamento atmosferico e acustico e dalle malattie che esse comportano, che soffrono di più la disoccupazione e che in caso di disastri naturali restano i più esposti e fragili.
Per questo il cambiamento climatico, come ha scritto anche lo stesso New York Times , è diventato mai come oggi un tema su cui la politica americana deve iniziare a fare attenzione, proprio come la questione razziale. Capace di aggravare disuguaglianze e scontri. Trascurarlo o ignorarlo o, farne semplicemente un’arma elettorale, rischia di appesantire ancora di più il già preoccupante clima sociale e politico americano. Oltre che quello mondiale.
Chiara Colangelo