“E’ importante esprimere se stessi… siamo dotati di sentimenti e questi sono reali quando sono attinti dalla propria esperienza” – Berthe Morisot.
La storia dell’Arte non è clemente con le donne. Le pittrici vengono eclissate dalla celebrità dei colleghi uomini. E’ il caso di Berthe Morisot, ricordata semplicemente per essere stata la musa di Manet, e non l’ unica pittrice impressionista francese.
La storia di Berthe Morisot non è tormentata e fosca, come spesso accade ai più famosi artisti. Per lei niente stanzetta angusta a Montmartre. Berthe è una ragazza borghese d’alto rango, che respira arte e cultura nei pressi di Passy.
Nel 1850, Passy era uno dei centri artisti più effervescenti di tutta Europa. L’atmosfera tanto unica, satura di cultura ed erudizione, accese nella giovane francese un grande interesse per la pittura. La famiglia Morisot, inoltre, lungi dall’essere un bigotto stereotipo di classe, ospitava spesso in casa amici, studiosi, artisti e intellettuali, consentendo così alle figlie di crescere in un ambiente colto e stimolante.
Incoraggiata ad approfondire gli studi artistici dal padre, molto presto Berthe si scontra con la misoginia della società: l’Ecole des beaux-arts non è aperta a studenti di sesso femminile. Così la ragazza è costretta a studiare con un insegnate privato, di stampo accademico, Joseph Guichard.
Il maestro Guichard, conscio del talento artistico della ragazza, spinge Berthe a copiare i grandi pittori del passato. Così, visitando spesso il Louvre, tra un dipinto di Raffaello Sanzio e un quadro di Rubens, la giovane pittrice sfoggia orgogliosa il suo talento.
Tuttavia, col passare del tempo, Berthe nutre una certa insofferenza per il manierismo accademico. Vuole provare altro, trovare la sua vocazione. Grazie al maestro, Berthe entra a far parte del prestigioso atelier di Jean-Baptiste Camille Corot, il quale spinge la sua nuova allieva a dipingere en plein air, a diretto contatto con la natura.
E’ in quel momento che Berthe riusce a mettere in pratica il suo talento. Suo padre, per testimoniare il suo apprezzamento, fece costruire per lei un atelier nel giardino di casa, per consentirle di esercitarsi al meglio. Eppure, la prima esposizione dei suoi lavori al Salon di Parigi, nel 1864, fu aspramente denigrata dai critici d’arte, che rivedevano nei dipinti della Morisot una mera copia dello stile di Corot.
Delusa e triste (anche a causa del matrimonio della sorella Edma, con cui viveva praticamente in simbiosi), Berthe cerca conforto negli amici e colleghi pittori, Degas, Puvis de Chavannes e Fantin-Latour. Proprio quest’ultimo ebbe l’onere di presentarla all’uomo che l’ha resa celebre: Edouard Manet.
Con Manet, la pittrice instaura un forte legame, nutrito d’arte e di stima. Manet resta folgorato dalla bellezza e dalla particolarità di una “ragazza riservata che parlava a voce bassa, sottile come un giunco, occhi neri e profondi, che amava vestirsi di nero e all’ultima moda e leggere romanzi in voga“, tanto da ritrarla in ben undici dipinti.
Molti sono stati i pettegolezzi (mai accertati) su una loro presunta relazione, un affetto che andava ben oltre l’arte. Tuttavia, Morisot in realtà sposerà il fratello di Manet, Eugène, da cui avrà un matrimonio felice e una bellissima figlia, Julie. Certo è che l’amicizia con Edouard conduce Berthe alla corrente artistica che meglio la rappresenta: l’impressionismo.
Dal 1873 Berthe fa parte a pieno titolo del nascente movimento artistico, fondato da Monet, Degas, Sisley, Renoir, Pissaro, e altri artisti meno conosciuti. Sono loro che incitano la pittrice a continuare sulla strada dell’arte, nonostante le aspre critiche e lo sdegno della società parigina.
Nel 1974 Berthe partecipa coi suoi colleghi a una mostra nello studio fotografico Nadar e, in veste di unica donna, vi espone ben nove opere tra acquarelli, oli e pastelli. Pur suscitando un certo scalpore, dato che una donna-artista non era ben vista, i suoi quadri ottennero un grande successo, sopratutto per la delicata vena poetica e sognante, tratto peculiare della Morisot. Da quel momento in poi, la pittrice partecipa assiduamente a tutte le mostre impressioniste.
Lo stile
Nonostante la storia dell’Arte abbia completamente eclissato il suo ruolo di pittrice, Berthe Morisot è stata una delle interpreti più raffinate, vivaci e fantasiose del movimento impressionista. Il suo lavoro acquista ancora più valore se si pensa che la Morisot (insieme a Mary Cassatt), sia una delle pochissime pittrici impressioniste.
La società ha sempre negato il ruolo della donna, subalterno a quello maschile, arrivando addirittura a negare alle studentesse l’ingresso in Accademia. Berthe mostra tenacia, raffinatezza e orgoglio, continuando imperterrita per la sua strada, tra l’incoraggiamento di amici e colleghi e l’appoggio incondizionato della sua famiglia.
Per quanto riguarda lo stile, gli esordi sono sicuramente influenzati dal maestro Corot, sopratutto per i dipinti all’aria aperta. L’influenza reciproca con Manet, poi, ha condotto la Morisot verso una pittura più ariosa e fragrante, intrisa di luce e lievità. Morisot studiava attentamente gli accostamenti di colore. Il suo tratto è sciolto, sfumato, per dare l’effetto di un’immediata spontaneità.
Per quanto riguarda le tematiche, Berthe preferiva dipingere gli ambienti femminili, sopratutto quelli domestici, privati. Ovviamente, nonostante amasse ritrarre paesaggi en plein air, dato che la società non era permissiva con le donne, dipingere in spazi aperti e frequentati, per lei diventava particolarmente difficoltoso.
Eppure, i suoi risultati migliori stanno proprio nella raffinatezza della dimensione privata che ella rappresenta. Il microcosmo da cui attinse era la sua amata famiglia. I suoi dipinti, nonostante siano di una radiosa luminescenza, non sono mai composti con superficialità: Berthe Morisot cercava il dettaglio, penetrava profondamente nella psicologia dei suoi personaggi.
Colta, felice, talentuosa e di successo: Berthe Morisot era il profilo femminile che la società non avrebbe mai potuto accettare. Forse è per questo che si preferisce ricordarla solo come una “musa”, per negarle la possibilità di essere quello che in effetti era: un’artista impressionista.
Antonia Galise