Per alcune persone è complicato fare una scelta anche davanti al menù del ristorante, ma in realtà anche quando si tratta di grandi cambiamenti essere indecisi non serve.
La scienza ha dimostrato che la scelta giusta o sbagliata non esiste. Il cervello umano semplicemente non è in grado di sapere con certezza quali saranno le conseguenze delle varie opzioni future. Impiegare più tempo del dovuto per decidere è quindi inutile e provoca solo maggiore stress e confusione.
Come funziona il processo decisionale
Herbert A. Simon vincitore del Premio Nobel nel 1978 ha spiegato molto bene perché non esiste una scelta giusta o sbagliata.
La mente si basa su esperienze passate per prevedere il futuro, ma le informazioni a disposizione non sono mai sufficienti per conoscere perfettamente quale sarà il risultato.
“Scegliere” significa quindi decidere quale tra i vari scenari immaginati può meglio soddisfare i cosiddetti “criteri personali“. In pratica quale futuro meglio si adatta a noi in base a ciò che riteniamo importante. Se si vuole comprare un’auto nuova e un “criterio” fondamentale è che abbia 5 porte, si sarà fatta una prima selezione e la scelta sarà più semplice. Stesso sistema vale per tutte le scelte quotidiane anche se non ne siamo consapevoli.
Per capire se i “criteri” potranno essere soddisfatti nel futuro il cervello recupera i dati dalla memoria e li proietta in un evento ipotetico.
La mente spesso “mente”e questo spiega perché non serve essere indecisi
I ricordi si trovano nell’ippocampo, una struttura a forma di cavalluccio marino situata appena dietro le orecchie. In base alla qualità delle esperienze registrate e alle emozioni suscitate, gli eventi futuri immaginati dietro a una scelta possono apparire spaventosi o meravigliosi.
Se le memorie sono per lo più negative e basate sulla paura, gli scenari futuri potrebbero essere immaginati con terrore. Indecisione e procrastinazione diventano quindi meccanismi di difesa. Le persone che invece hanno in memoria più esperienze positive saranno più veloci nel prendere decisioni e accettarne i rischi.
“Biologicamente” indecisione significa solo che il cervello non ha abbastanza informazioni per dare un risultato certo. Prende tempo ed energie per trovare altri dati da analizzare. A livello emotivo questa “necessità” viene percepita come paura di fare la scelta sbagliata e si tramuta in procrastinazione.
Il cervello è convinto che più informazioni raccoglierà più facilmente potrà fornire risultati precisi. Ma è impossibile. Più tempo e dati significano solo più confusione. Si crea quindi un circolo vizioso in cui il processo decisionale è bloccato.
L’imbroglio della mente sta proprio in questo. Essere indecisi non serve e non porta mai a fare una scelta migliore o peggiore.
Comprendere questo meccanismo permette però di trasformare l’indecisione in un’opportunità.
Il concetto filosofico di “Asino di Buridano” spiega molto bene a cosa può portare l’incapacità di decidere.
Davanti a due meravigliosi mucchi di fieno, l’asino morirà di fame perché non è in grado di scegliere.
Per evitare di fare la stessa fine dell’asino esistono delle strategie.
1. Comprendere che il concetto di giusto o sbagliato è relativo
Sostituire la parola “giusto o sbagliato”con “adatto a me” trasforma il concetto di fallimento in quello di opportunità. Inoltre riduce l’aspettativa che la propria felicità dipenda da quella determinata decisione.
2. Analizzare la paura
Alla base dell’indecisione si trova spesso la paura di fallire, di deludere sé stessi e gli altri, di non avere il controllo. La scelta dettata dalla paura, potrebbe però precludere un’esperienza potenzialmente positiva. E’necessario quindi capire se ciò che si teme sia reale o meno. Una paura fondata su dati obiettivi è quella che ci impedisce di buttarci nella fossa dei leoni e di essere sicuramente mangiati o di attraversare a piedi un autostrada.
3. Non procrastinare
Rimandare continuamente una decisione diventa un modo per “sfuggire alla realtà”. Nessuno sa abbastanza per evitare di commettere errori, ma ciò che conta è come si interpreta l’esperienza. Se la convinzione è di “fallimento” o errore, l’ippocampo registrerà in memoria qualcosa di spiacevole e negativo e ogni volta, davanti a una scelta, riproporrà la stessa paura di fallire. Se invece l’esperienza viene vissuta come una “lezione” l’ippocampo la registrerà come positiva e costruttiva, riducendo la sensazione di paura alla scelta successiva.
Essere indecisi non serve e gli scienziati sono convinti che più informazioni e tempo abbiamo per prendere una decisione meno probabilità abbiamo di prenderne una buona.
Si tratta semplicemente di prendere la strada più adatta a ciò che riteniamo utile e positivo per noi.
4. Uscire dalla zona di comfort
Questo è probabilmente lo sforzo maggiore ma più utile per imparare a prendere buone decisioni. Sperimentare esperienze diverse da quelle a cui si è abituati, permette di guardare le cose da nuove prospettive. La mente si allena a essere più elastica quando esce dalla normale routine.
5. Ascoltare altri pareri
La decisione è sempre personale ma a volte ascoltare altre opinioni potrebbe essere utile. Familiari e amici posso offrire uno specchio, mostrando quale sia il nostro “schema mentale consolidato” davanti a certe situazioni. Gli estranei invece, avendo poche informazioni sul nostro passato, potrebbero dare spunti nuovi e interessanti.
L’incertezza del futuro fa sempre un po’ paura ma l’ignoto potrebbe riservare qualcosa di molto positivo. Potrebbe essere utile imparare a fidarsi un po’ più di se stessi e delle proprie capacità di adattamento.
“La vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita”- diceva Forrest Gump seduto sulla panchina.
Questo è vero, ma nell’imprevedibilità di scegliere quello più amaro o più dolce, la certezza è che si sta mangiando comunque del buonissimo cioccolato.
Silvia Mulas