Sembrerebbe una storia già sentita, una nenia che viene da un tempo lontano, una lezione non ancora imparata, forse dimenticata. Eppure l’apartheid a Bergamo è stato proposto davvero: orari distinti sui mezzi pubblici tra migranti e cittadini italiani
A sostenere l’inverosimile iniziativa sono gli Onorevoli Daniele Belotti, Alberto Ribolla e Enzo Galizzi, esponenti della Lega di Sedrina in provincia di Bergamo. Questi hanno consegnato al prefetto della provincia oltre 700 firme. Ad avvalorare i loro intenti, tali esponenti, allegano al comunicato le testimonianze di cittadini che lamentano un grave disagio, conseguito dalla “massiccia” presenza di immigrati nel paese. Lo scopo principale resta far chiudere la Casa San Giuseppe, centro d’accoglienza profughi. Ma nel frattempo si espongono anche proposte shock, richieste di azioni che somigliano molto alle leggi razziali. L’apartheid a Bergamo sembra un’agghiacciante opzione, molto molto tangibile… Almeno per la Lega.
La lega non ha dubbi, mai. Per essi il male è il migrante. Pertanto quest’ultimo va separato dal cittadino.
Dunque i “richiedenti asilo”, per la Lega, possono usufruire dei mezzi pubblici solo in orari a loro imposti. Quale spiegazione “logica” c’è per tale iniziativa? Queste le obsolete motivazioni esposte nel comunicato della Lega:
Data l’imminente apertura dell’anno scolastico abbiamo portato sul tavolo prefettizio un’altra difficoltà legata al trasporto pubblico. […] Il fine è quello di far utilizzare dai “richiedenti asilo” il trasporto pubblico in orari diversi da quelli dei mezzi che trasportano gli alunni negli orari scolastici. Così che oltre gli studenti che giustamente debbono raggiungere le scuole, anche il singolo cittadino possa prendere il pullman e non aspettare quello dopo (cosa già avvenuta anche in questo ultimo periodo).
Il concetto di apartheid a Bergamo viene avvalorato dalle parole di Enzo Galizzi (dirigente della Lega locale)
Galizzi incalza il discorso in maniera del tutto libera da ogni benché minima ponderatezza:
La proposta è quella di cercare di evitare pericolosi assembramenti, specie in questo periodo. […] Spesso e volentieri vediamo tornare a casa i nostri ragazzi perché non sono riusciti a salire sull’autobus, causa troppi “richiedenti asilo”, che spingendo e sgomitando (vista anche la loro stazza) riempiono tutti i posti disponibili.
Dunque per la Lega i ragazzi italiani hanno il diritto di occupare per primi i posti disponibili sul mezzo pubblico. Di conseguenza il migrante potrà utilizzare il servizio solo dopo il “bianco privilegiato” e solo in determinati orari della giornata.
Tuttavia, anche se atroce, questo assurdo apartheid a Bergamo è solo una goccia nell’immenso mare di odio e discriminazione che incombe nel nostro paese. Ma affinché non ci colpisca uno tsunami sarebbe bene arginare certe malsane idee.
La segregazione civile a danno delle minoranze, sulla base di pregiudizi etnici e sociali, porta sempre a conseguenze tragiche e la storia ce lo insegna
Apartheid vuol dire – letteralmente – separazione, divisione. E’ un annichilimento di tutti i valori coesivi alla base della civiltà. La storia può riportarci alla mente le lotte fatte in nome dell’uguaglianza. In Sud Africa la segregazione razziale durò per ben 43 anni (1948-1991) e l’influenza del nazismo, al principio fu determinante (un po’ come il ritorno in voga dei moti neo-fascisti di oggi).
Inizialmente il concetto era fuorviato da un ambiguo principio di “politica di buon vicinato”. Tuttavia ben presto tale finta accondiscendenza sfociò sempre più in azioni restrittive, fino ad arrivare a un completo isolamento dei neri. A breve la distinzione divenne netta e ogni diritto gli fu sottratto. D’un tratto i neri avevano spazi appositi e non potevano godere dei privilegi dei bianchi.
L’apartheid a Bergamo potrebbe essere l’incipit che innesca una simile reazione a catena? E dove può portarci tale grave strascico razziale? Ci vorrebbe un nuovo Mandela per farci capire l’importanza della solidarietà e dell’uguaglianza
Nelson Mandela – leader del movimento nero – venne imprigionato, represso, ma mai sconfitto. Tanto che dopo il suo scarceramento, nel 1990, ottenne la nomina di presidente e capo del governo. Così Mandela guiderà tenacemente il suo popolo verso una ricostruzione di ideali e dignità.
La nostra compassione umana ci lega l’uno all’altro. Non per pietà o condiscendenza, ma come esseri umani che hanno imparato a trasformare la sofferenza comune in speranza per il futuro.
N. Mandela
Sì, ci vorrebbe Mandela, o per lo meno il ricordo dei suoi valori e della sua tenacia nel contrastare le discriminazioni razziali. Oppure sarebbe solo necessario analizzare bene la causa che ci porta a odiare lo straniero e chiunque non rientri nel nostro piccolo mondo di “bianchi civili”. Che bianchi saremo pure… Ma “civili” un tantino meno.
Il razzismo è come un virus che infetta le menti, che insinua una patologica smania di omologazione. Insieme anche al terrificante ideale di ipotetiche “menti superiori”, atte a prevaricare sulle minoranze
Ed è proprio lì, in quell’eccitazione di onnipotenza, che l’uomo in sé cessa di essere umano. Quando l’ominide si evolse la tendenza iniziale fu quella di tutelare la propria specie. Solo dopo la proprietà privata si rese conto che di uno straccio di terra poteva fare un impero. Da quel momento in poi si coniò la parola guerra… Guerra tra popoli di confini immaginari, guerra delle repressioni e della schiavitù. Da qui partì il primo concetto di separazione: apartheid.
Nacquero così le “razze”, ognuna di esse collocata nei propri limiti territoriali. Sorsero grandi civiltà, popoli eletti e – per contro – i sottomessi. Terzo e quarto mondo. E poi la paura dello straniero. E l’olocausto. E le stragi in Ruanda. E gli attriti in Palestina. E la Siria. E i lager libici. E l’uomo che uccide l’uomo… Fino a oggi, che restiamo qui, basiti, di fronte all’ipotesi di apartheid a Bergamo.
Quando non sai guardare faccia a faccia una persona, anche se di colore, origine o tradizione differente, allora rinneghi te stesso e la tua storia
E anche se tu, caro razzista xenofobo, potessi eliminare dalla faccia della terra ogni gente che differisca in qualche modo da te, resterebbe comunque il seme di ciò che ti lega a essi… In quanto siamo tutti esseri umani generati dall’eccezionale casualità chiamata “umanità”.
Sabrina Casani