Homo Sapiens Sapiens: il gradino evolutivo più emozionante di tutti, quello in cui l’uomo ha sviluppato la propria arguzia e abilità nel mondo grazie a una sempre più vasta conoscenza di strumenti per la sopravvivenza, evolvendosi maggiormente. Oppure no?
Homo Sapiens Sapiens, una razza cybernetica. Da un articolo di “Discover Magazine”, un’intervista fatta a Timothy Taylor, antropologo e archeologo dell’Università di Bradford, è venuta alla luce una teoria interessantissima su cui ancora si discute, ovvero: l’utilizzo degli strumenti ha permesso di evolverci non perché la tecnologia ha aguzzato la nostra abilità e sviluppato la nostra intelligenza, piuttosto perché ha permesso che accumulassimo diversi deficit biologici. Per esempio: abbiamo perso le nostre unghie affilate perché abbiamo inventato i tagliaunghie -e no, la nails art non vale come distinguo evolutivo-; abbiamo perso la nostra possente muscolatura perché nei secoli abbiamo inventato attrezzi come i montacarichi che ci hanno liberato dallo sforzo di sollevare pesi.
Questo “plot twist” è affascinante e sconvolgente, e per quanto non invalidi la teoria darwiniana in parte la annulla, poiché gli esseri umani sono, attualmente, l’unica razza animale che non si adatta all’ambiente circostante ma, al contrario, adatta l’ambiente a sé -causando peraltro i disastri ambientali di cui abbiamo sentito e continuiamo a sentire le cronache nere, facendo spallucce-.
Quel che sappiamo degli uomini primitivi è che avevano un cervello più grosso, che erano grandi e grossi come armadi a due ante, che erano pensatori simbolici e che creavano arte. Ciò non significa forse che erano anche più intelligenti? L’evidenza dimostra che lungo gli ultimi 30.000 anni c’è stato una gigantesca decrescita della grandezza del cervello e che il passo sembra continuare: con il grande utilizzo di un computer o uno smartphone che pensa, ricorda, annota, calcola, cerca per me, io posso benissimo non fare tutte queste cose, quindi ciao cervellino, vai pure in off. In modo triste ma, a questo punto, inevitabile, l’uomo sta avanzando verso una biologica decrescita intellettiva. I deficit biologici continuano fino a oggi, in questa nuova categoria di “homo cyborg cyborg“: la nostra vista, oggi, è nettamente peggiorata rispetto a 10.000 anni fa; ormai sono pochissime le persone che vivono fuori dalle città: noi ci siamo estesi grazie alla tecnologia.
Quale sia la soluzione per salvarci dall’inevitabile evoluzione involutiva non si conosce, ma non sarà di certo il romantico e cinematografico “ritorno alla natura“, poiché, a guardar bene, non è mai esistita questa “natura”: siamo prodotti dei nostri stessi strumenti, in una tecnologia che si è sviluppata grazie a un “vincolo” secondo il quale, una volta creato uno strumento, è stato necessario costruirne un altro per correggere il primo, così dalle grotte fino ai grattacieli. L’unico modo per sopravvivere è continuare a progredire, sebbene ci siano rischi climatici e ambientali a cui stiamo andando incontro, perché, a guardar bene, non abbiamo avuto altro che questo.
Vivere in quanto esseri umani significa, dunque, vivere in quanto robot. Impressionante, non trovate?
Gea Di Bella