Che senso ha acquistare e accumulare pile di libri, senza poi leggerli con attenzione, ricavandone degli insegnamenti? Che senso ha fare sfoggio in pubblico delle proprie letture, se non si testimonia la propria cultura con le scelte di vita di ogni giorno?
Risalendo già al II secolo d.C. Luciano di Samosata (filosofo, scrittore e retore) si scaglia contro quello che definisce un “bibliomane ignorante”. Luciano lo descrive come un uomo che acquista grandi quantità di libri pregiati e antichi, ma che nella sua condotta di vita si rivela un arrivista privo di principi. Così lo critica Luciano all’inizio del suo scritto “Contro un bibliomane ignorante”:
Credi di poter essere considerato anche tu un uomo di cultura, perché sei sempre pronto ad acquistare i libri più belli: invece hai imboccato proprio la strada sbagliata e così dimostri la tua ignoranza.
In cosa consiste precisamente l’ignoranza del bibliomane, secondo Luciano?
Il bibliomane descritto da Luciano passeggia per strada con libri preziosi sotto braccio, li mette in mostra davanti agli uomini potenti, pensando così di renderseli amici. La sua fortuna gli permette di acquistare libri rari, costosi e di poeti eccelsi, come Omero. Eppure quando li legge, si limita a farlo in maniera superficiale. Non entra mai davvero in contatto con i libri, e non ha mai ricevuto un’educazione in questo senso. Spera di poter ottenere una fama da colto semplicemente acquistandoli. Ma, come afferma Luciano:
Come pensi che acquisiresti più cultura, anche se dormissi tutto sdraiato sopra i libri, o te li incollassi sulle spalle, o te li avvolgessi intorno, come un vestito? (…) Tieni pure un libro in mano: leggi sempre, ma non capisci niente di quello che leggi. (…) Se fosse vero che chi compra libri diventa colto, il loro possesso sarebbe davvero prezioso: solo voi ricchi potreste comprare la scienza in piazza e superare noi poveri.
Il bibliomane non ha un atteggiamento attivo, non si impegna nell’apprendere ciò che è scritto nei libri. Come se il solo fatto di possederli lo rendesse colto. Ma non basta avere soldi e comprare libri per essere colti. La cultura non ha un fine esibizionistico e non è questione di livello sociale. Bisogna leggere con attenzione e far sì che gli insegnamenti contenuti nei libri abbiano influenza sulle scelte che compiamo tutti i giorni.
Il bibliomane, oltre ad essere ignorante nel suo atteggiamento coi libri, lo dimostra anche con la sua condotta di vita.
Luciano descrive il bibliomane come un ubriacone, un uomo di “sozzure e brutture”, odiato da tutti per la sua vita turpe. Tanto che arriva ad esclamare: “Se i libri servissero a rendere gli uomini uguali a te, bisognerebbe fuggirne il più lontano possibile”.
Per il bibliomane ignorante acquistare libri vuol dire acquisire uno status sociale.
Ai suoi occhi i libri rappresentano oggetti da parata, simboli della propria agiatezza economica, mezzi per raggiungere il potere. Non comprende che il vero valore dei libri consiste nella preziosità del loro contenuto, cioè nel patrimonio conoscitivo e culturale che custodiscono. E nel loro effetto sulla realtà, nell’offrirci gli strumenti per orientare le nostre scelte in maniera più ragionata e consapevole. Luciano stesso spiega a cosa servono i libri, in particolare quelli antichi:
Due sono le cose che si acquistano dalle opere antiche: il poter ben ragionare, e bene operare, imitando gli ottimi esempi e fuggendo i cattivi.
Imparare dagli esempi virtuosi, ignorare e fuggire gli esempi negativi: è questo uno degli scopi che possiamo riconoscere alla lettura. Leggere permette di accedere alle conoscenze raccolte da chi è venuto prima di noi. Diventiamo così partecipi di un cammino di crescita ed evoluzione in cui ogni essere umano può essere coinvolto.
L’atteggiamento del bibliomane ignorante, alla lunga, si rivela inutile. Le apparenze crollano di fronte alla verità dei fatti.
Così Luciano smaschera il bibliomane:
Se l’imperatore, che è persona sapiente e ha molta stima per la cultura, viene a sapere che compri e collezioni libri, pensi di poter ottenere ben presto da lui qualsiasi favore. Ma tu, o scostumato, credi che questo grande uomo sia così addormentato da essere a conoscenza di questi tuoi meriti senza essere al corrente del resto, cioè di che vita fai tutti i giorni, quali sono i tuoi conviti e le tue notti, con quali bei tipo e di quale età vai a letto?
Il bibliomane ignorante pensa che mostrandosi come un uomo colto possa entrare nelle grazie dell’imperatore. Ma l’imperatore, che è un uomo davvero sapiente, non compierà mai l’errore di valutare qualcuno solo in base all’apparenza, senza considerare anche le sue azioni nella vita quotidiana. Non si può essere colti e allo stesso tempo compiere azioni turpi e irragionevoli. La persona colta dimostra di esserlo ogni giorno con le sue scelte, nel modo in cui si rapporta alla vita.
Si delinea così una linea di scarto incolmabile tra ignoranti e sapienti. I primi si accontentano di apparire, i secondi scelgono di essere.
Chi è interessato ad apparire non si preoccupa della coerenza tra le sue parole, la sua immagine e le sue azioni. Chi si impegna ad essere, invece, assume su di sé la responsabilità di far coincidere in equilibrata armonia tutti gli aspetti della sua vita.
Così si rivolge Luciano al bibliomane ignorante:
Mi sembra che tu ignori del tutto che le buone speranze non bisogna attingerle dai librai, ma cercarle in sé stessi, nella vita quotidiana.
Il cammino verso l’acquisizione della conoscenza, della cultura, è prima di tutto una ricerca personale. Le informazioni che ricaviamo dalle nostre letture restano nozioni sterili se non vengono analizzate e rielaborate profondamente dentro noi stessi. Solo così svilupperemo un pensiero critico, sul quale fondare la nostra cultura. Si tratta di un processo di arricchimento non materiale, ma intimo e personale.
Non bisogna dunque farsi ingannare dalle apparenze e dai titoli, che possono rivelarsi vuoti di sostanza. La cultura non ha infatti a che vedere solo con ciò che conosciamo, ma anche e soprattutto con ciò che siamo. E l’ignoranza, col tempo, non può essere nascosta. Neppure dietro l’ombra di una bella e preziosa pila di libri.
Giulia Tommasi